Una giornata particolare, ma non per il comizio del Duce, come in quello splendido film di Ettore Scola. Né per il clima, abbastanza uggioso, con quell’aria di pioggia triste, che conosci solo a Milano. Nel mio solito bar dove mi fermo durante le mie passeggiate quotidiane, non c’era nessuno. Mi sono bevuto il caffè in un clima di pace e di silenzio, quasi irreale. E lungo tutto il mio giro, nel centro di Milano, un vuoto assoluto, che neanche nel giorno di Ferragosto trovi. Qualche tram di passaggio, vuoto; a proposito, i mezzi pubblici non sono luoghi di assembramento? Da profano mi sembra che la contiguità sui mezzi pubblici sia la prima fonte di diffusione: no, si chiudono le scuole, ma non la metropolitana. Chiudi teatri, cinema, ma i mezzi pubblici vanno: con quale logica ? La metropolitana va, ma è deserta. Perché se dici ai milanesi e ai lombardi che bisogna evitare il contatto, non ci vanno in metropolitana né su altri mezzi pubblici. Si parla di un calo dell’utenza del 70%.
Un amico mi ha detto che, viste le scuole chiuse ed il periodo di carnevale, le famiglie hanno preso e sono andate in montagna e o al mare, nelle seconde case. E certamente, non sono andati all’estero né gli stranieri sono venuti a Milano: siamo isolati dal resto del mondo, Europa compresa. Quelli con la Cina li ha interrotti il nostro governo: quelli diretti, perché quelli indiretti (attraverso Francoforte, Monaco, Zurigo, Amsterdam, Parigi, ecc.) quelli funzionavano: con quale logica? Sui social gira un filmato del cappellano dell’Aeroporto di Linate, che si appresta a dire messa nel deserto: cita un volo Air Lingus per Dublino, un A320, capace di 180 passeggeri, che ha imbarcato 19 passeggeri.
Torno a casa e leggo qualche giornale. Ti capita Vittorio Demicheli, epidemiologo capo dell’Unità di crisi della Regione Lombardia che spiega che, secondo lui non basta chiudere le zone rosse, “spingiamo per la limitazione della socialità e la proroga della chiusura delle scuole”.
E ti sorge una domanda: che cosa è stato fatto nelle zone rosse, oltre a dire alla gente di non uscire dal proprio comune? Mah!? Però, lunedì, nella zona rossa aprono cinque uffici postali per pagare le pensioni.
Si fa la partita a San Siro a porte chiuse: ma tra cameramen, studio televisivo, giornalisti, personale dello stadio, delle squadre, dell’Uefa, dirigenti delle quadre, calciatori, ecc., ci sono almeno trecento persone: questo non è un rischio di diffusione del contagio ? Si sospendono le partite di serie A, ma non quelle di serie B, che si fanno a porte chiuse. Si rinvia la partita Juve Inter di domenica a Torino a porte chiuse e si propone di farla lunedì a porte aperte, solo per i tifosi piemontesi: ma vi sembra normale ? Circola anche la voce che mercoledì ci possa essere una partita,Juve-Milan a porte aperte solo ai piemontesi, ma non ai lombardi, ai veneti.
Sembra che i romeni, che raccoglievano gli asparagi nel Veneto, si rifiutino di venire: e volete dargli torto se noi stessi isoliamo i veneti? Mi domando: chi raccoglierà il prodotto ? Del resto, la mendicante romena stanziale, davanti al supermercato, indossa la mascherina, mica che i lombardi la infettino.
Si chiudono i musei, ma non i ristoranti all’interno dei musei. “Nonostante la temporanea chiusura del Palazzo, il ristorante Terrazza Triennale – Osteria con Vista rimane aperto” recita un comunicato via mail. Dove c’è un bar ristorante, fino a ieri, alle 18 chiudeva il bar, ma nello stesso ambiente rimaneva aperto il ristorante.
Ci sono un po’ di incongruenze, o no? Si può dire che c’è una gestione un pò approssimativa o si viola la esigenza del “tutti uniti” di fronte al pericolo? Per di più, se penso che abbiamo i populisti al governo e all’opposizione, qualche dubbio su che cosa succeda in questo Paese mi viene.
Mi scrive il mio amico Fabrizio Ferri, da New York “Non sono un virologo, non sono un medico, non sono un amministratore, un giornalista né un politico. Provo da cittadino a riassumere quello che il buon senso mi ha aiutato a filtrare e ritenere veritiero, della situazione attuale: il corona virus non è un killer. Nel circa il 20% dei contagiati che si ammalano, l’influenza può degenerare rapidamente in una grave polmonite. Questa può uccidere portando al soffocamento. Ma la terapia intensiva con intubamento e respiratore, permette al malato di sopravvivere il tempo necessario al proprio corpo, aiutato dalle terapie, di guarire. Purtroppo una percentuale di malati con gravi patologie respiratorie o di altro tipo pregresse, quindi con un quadro clinico già compromesso, possono subire un aggravarsi delle loro condizioni dovuto alla polmonite, fino a morirne. Quindi più rapida è l’estensione del contagio, più casi gravi proporzionalmente ci saranno che necessitano della terapia intensiva con respiratore. È evidente che il problema, nel caso di un contagio che si diffondesse rapidamente, è che il numero di pazienti che in percentuale avrebbero bisogno del respiratore, sarebbe superiore a quello dei respiratori stessi…quindi è giusto cercare di rallentare il contagio. Mi chiedo: ma le 217 persone che muoiono di normale influenza ogni giorno, di cosa muoiono o perché muoiono? Sbaglio o muoiono esattamente per le stesse complicazioni che sopraggiungono in quadri clinici già compromessi?”
Domande più che legittime.
Fuori dalla Cina, secondo il report (n° 40) della Organizzazione mondiale della Sanità, che ricevo tutti i giorni, ad ieri, 29 febbraio, nel mondo (fuori dalla Cina) c’erano 6.009 casi di contagio: ovvero una persona contagiata ogni 666.550 abitanti dei Paesi interessati dal contagio (0,000150%). M piacerebbe sapere i dati statistici degli 888 contagiati italiani: età, professioni, viaggi recenti all’estero, patologie pregresse. Non dovrebbe essere difficile saperlo, visto il numero non esorbitante, tanto più che 543 sono in isolamento a casa, altri 401 sono ricoverate per “sintomi” e gli altri sono in terapia intensiva. E chi sono i 50 guariti e dimessi ?
Fuori dalla Cina sono morte 86 persone: cioè un morto ogni 46 milioni e mezzo di abitanti, o per meglio dire lo 0,000002% della popolazione. La percentuale dei morti sui casi di contagio è l’1,43%, circa uno ogni settanta contagiati: in Iran ci sono 34 decessi, 21 in Italia, 17 nella Corea del Sud, 5 in Giappone, 2 in Francia, 1 nelle Filippine, e 6 a bordo della “Diamond Princess”, la nave ferma a Yokohama in Giappone.
Ora, le autorità sanitarie italiane e straniere dovrebbero dirci se sono morti per il coronavirus o per quali patologie pregresse, aggravate poi dal virus; e anche per loro sarebbe opportuno sapere età, professione, viaggi recenti all’estero. Non sono domande inutili, visto che da questo, scienziati e politici, dovrebbero trarre alcune decisioni per il contenimento del contagio, per il monitoraggio e per la prevenzione.
E infine, spero che la Regione Lombardia e le altre Regioni abbiano impegnato tutti, tutti gli ospedali, pubblici, convenzionati e privati. E non è una questione peregrina con una risposta scontata.
Luigi Corbani
(domenica 1 marzo 2020)
Domande cruciali. Credo che una risposta, almeno all’ultima, sarebbe fondamentale per capire il livello di verità che circola.
Chissà se arriverà!