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Marcinelle, l’Europa e gli immigrati

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A Marcinelle, Charleroi, Vallonia, Belgio, l’8 agosto 1956 morirono 262 persone, di cui 136 italiani, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 3 ungheresi, 3 algerini 2 francesi, 2 russi, 1 britannico, 1 olandese e 95 belgi. Viene una infinita tristezza a pensare a tutte quelle persone che per non morire di  fame, nei loro paesi, sono andate a morire per un lavoro che produceva risorse per lo sviluppo dell’Europa.

Nei mesi scorsi ha chiuso, in Germania, nel cuore della Ruhr, l’ultima miniera di antracite, come previsto undici anni fa dalla Cancelliera  Angela Merkel alla guida della Germania dal 2005, nell’ambito del progetto di convertire il Paese alle energie rinnovabili. Rimangono aperte ancora le miniere di lignite, un carbon fossile delle foreste, di cui la Germania è il secondo estrattore al mondo dopo la Cina. La Germania continuerà a produrre energia elettrica per un quarto con il carbone importato  e con  la lignite, e, non prima del 2038 , a detta del Ministro dell’ambiente, la Germania diventerà indipendente dal carbone. Ma due considerazioni e una proposta sorgono da questo fatto.

Si chiude un capitolo della storia della Germania ma anche dell’Europa: il carbone è stato ed è una parte del benessere della Germania e dell’Europa. Dal carbone sono nate le guerre mondiali e dal carbone è nata l’Unione Europea. Nel 1953 infatti si formò la prima organizzazione europea su impulso del ministro degli Esteri francese Robert Schuman: la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, CECA, che venne sciolta nel 2002, ma che costituì il primo passo verso l’integrazione europea. Venne creato un mercato comune di libero scambio e di libero accesso alla produzione, del carbone e dell’acciaio, per contribuire all’espansione economica, all’incremento dell’occupazione e del tenore di vita nell’area comunitaria. Serviva anche a superare le divisioni  tra Stati nemici della seconda guerra mondiale, in particolare Francia e Germania che per l’importanza di quelle materia prime si contendevano le zone di confine della Saar e della Ruhr. Si creò dunque la Ceca, con la partecipazione di sei paesi, Francia, Germania, Italia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi, un organismo sovranazionale dotato di poteri propri, di gestione con ampia indipendenza deliberativa rispetto ai Paesi membri  e di poteri decisionali diretti verso le imprese del settore. Ciò accadeva perché  i sei  Paesi  cedevano la loro sovranità nazionale su queste materie. Certo, con il governo giallo nero questo non sarebbe successo, ma allora c’era De Gasperi.  Dalla Ceca prese le mosse la Comunità  Economica Europea.

Nella miniera chiusa in Germania lavoravano ancora tremila minatori: un terzo erano immigrati di 30 nazionalità diverse, impegnati in un duro e pericoloso lavoro: in quelle miniere è nato il termine “Kumpel” sinonimo di affidabilità e di solidarietà, sinonimo di un amico su cui puoi contare nei momenti difficili.  La ricostruzione del dopoguerra si deve a questi operai e ai tanti immigrati “economici” (quelli che fanno paura ai giallo neri) che per sfuggire alla fame, andavano a lavorare un chilometro sottoterra. “I vostri cari non sapevano se la sera sareste tornati a casa sani e salvi”, ha detto il Presidente della Repubblica tedesca.

Ecco perché trovo disgustoso il disprezzo e l’astio verso gli immigrati “per esigenze economiche”. Invece di promuovere una immigrazione regolata e controllata, anche per le nostre esigenze produttive e sociali, si preferisce tassare gli immigrati che lavorano regolarmente da noi: l’1,5% sulle rimesse, quelle rimesse che quelle vittime di Marcinelle mandavano a casa in Italia e negli altri Paesi. Ora credo che il Parlamento, sia quello italiano che quello europeo, debba adottare un “codice dell’immigrazione”, in cui si definisca modalità e tempi della migrazione economica, assistita e regolamentata, prendendo spunto dal “Global compact for Migration” che la maggioranza dei Paesi europei (tranne quei progressisti di Polonia, Ungheria, Cechia, Slovacchia e  Austria e Italia ) hanno sottoscritto a New York e a Marrakech.

“”La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(giovedì 8 agosto 2019)

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