Non è una novità, il capitalismo mordi e fuggi. Da sempre il capitalismo, salvo rare eccezioni, fa quello che vuole, guidato solo dal profitto, e chi paga, paga. Il capitalismo minore non è esente da questo vezzo, anche se è il grande che fa scuola e più danni.
Nessuno credo possa mettere in discussione l’importanza, soprattutto nel nostro paese, del sistema delle piccole medie imprese, davvero struttura portante del nostro sistema economico/sociale. Ma due pecche le ha.
La prima è che queste imprese, costituiscono l’area a più alto tasso di evasione fiscale. Il che non è un fenomeno come altri, ma un vero e proprio furto alla collettività. Quindi più grave del furto individuale, con l’occultamento dei profitti. Non sono rari i casi nei quali il lavoratore dipendente denuncia redditi più alti del suo datore di lavoro, pur pagando, in generale, salari bassi.
La seconda è che il sistema delle imprese italiane, come si sa, ha il record per il disequilibrio fra indebitamento dell’azienda e arricchimento della famiglia che la possiede. Il che vuol dire che il grosso dei profitti, che vengono realizzati, spesso non viene reinvestito, ma accumulato in cascina.
Ma, come si diceva, sono i grandi a fare scuola.
Il florilegio dei casi è disperante. Da Unicredit, che distribuisce cospicui dividendi, mentre annuncia un taglio di 7 mila dipendenti. O la Whirpool che, come tante altre, disinveste per andare a sfruttare altri lavoratori meno costosi. O l’Auchan. Per non dire della stessa Fiat, foraggiata dal contribuente italiano per un secolo e in mille modi, quando era in crisi, mentre quando faceva profitti….. Sapete che ancora qualche anno, fa non aveva pagato l’acquisto dell’Alfa allo stato, e non so se l’abbia mai fatto? E quando finalmente risana i bilanci e diventa ancora più grande, va in Olanda dove paga di meno. Come i tanti altri casi nei quali, oltretutto, spesso queste grandi aziende, non solo la Fiat, beneficiano pure di incentivi pubblici.
Per non dire del caso, così attuale ed eclatante, di Atlantia, che accumula enormi profitti, tagliando sugli obblighi e le esigenze della manutenzione e della sicurezza delle autostrade. Con i disastri che, ogni giorno, si registrano sulla pelle dei cittadini, beffati due volte da Autostrade per L’Italia: per quello che gli pagano in servizi pubblici e manutenzioni, oltre le tasse; e per i rischi che, a causa delle sue inadempienze, mosse da avidità di profitto, corrono sulla loro incolumità.
Intollerabile è l’autodifesa della famiglia Benetton. Si considera vittima del suo management, e trova ingiusto il discredito che deve “subire”, dovendo dismettere quel perbenismo che ha sempre ostentato. E che ostentava anche quando era responsabile, in Patagonia, di contribuire all’annientamento delle etnie aborigene, a cui venivano sottratti terreni indispensabili per i loro allevamenti.
Tanta meraviglia, e tanta sensibilità non l’avevano avuta quando incassava, ogni anno, i profitti sontuosi della gestione dei suoi manager.
E quando vedeva i bilanci? Non si rendeva conto che i profitti crescevano a dismisura, mentre le spese per la manutenzione diminuivano vistosamente. Quei manager che, scelti dai Benetton, venivano premiati proprio per questa politica da capitalismo avido e predatore. Da concessionari inadempienti, di un servizio pubblico, agli obblighi contrattuali della concessione.
Anche loro capitalisti mordi e fuggi. Fin che dura…Oggi che il sistema gli crolla, e ci crolla, addosso, pagheranno, si spera, per questa avidità da moderni leviatani.
Si può dire che è sempre stato così. E non è vero. Non sono mancati, infatti, imprenditori illuminati. Troppo pochi, purtroppo.
Certo che qui si incrociano, spesso, le politiche pubbliche, ma anche le filosofie imprenditoriali.
E in un mondo che registra, insieme ad un forte incremento dei processi di accumulazione, un tasso di disuguaglianze scandalosamente crescenti.
In fondo si può essere capitalisti attenti al profitto, ma anche alla funzione sociale dell’impresa, nella concezione che l’impresa è anche un organismo sociale, non solo una proprietà privata assoluta dell’imprenditore. Come la Costituzione, del resto, richiama espressamente, ricordando, tra l’altro, la funzione sociale della proprietà privata.
Vale ricordare il famoso caso della rottura, agli inizi degli anni venti, fra Ford e Dodge che interruppero il loro sodalizio imprenditoriale proprio su questo punto. Dodge pretendeva di intascare tutti i profitti dell’impresa comune, contro Ford che era invece per un reinvestimento dei profitti nell’azienda. E si parla di Ford, non proprio di San Francesco.
Ma tutto questo, per dire che la lotta fra l’avidità verso sé stessi e l’attenzione anche agli altri, è lotta antica e permanente di una società. Il che però vuol dire, anche, che ciascuno è chiamato alla scelta morale, per stabilire da che parte stare. Nei casi concreti di ogni giorno, ma anche nella visione del mondo che, soprattutto in riferimento alla politica, ciascuno è chiamato a fare.
Voglio credere che il mondo e i popoli, come dimostrano le masse di giovani oggi, siano portatori più di valori, e quindi di speranza, che di disvalori e, quindi, di disperazioni e paure.
Benito Boschetto
(lunedì 13 gennaio 2020)