Dopo 9 anni di cantiere abbiamo avuto l’ inaugurazione dell’intero percorso della nuova M4, la quinta metropolitana di Milano: orgoglio e consenso condiviso dalla città nel poter disporre, da Est a Ovest, di un veloce collegamento con Linate e una maggiore accessibilità a grandi funzioni urbane come l’Università Statale e il Policlinico, un servizio di trasporto pubblico per grandi quartieri come il Lorenteggio e il Giambellino.
Milano felice della nuova metropolitana, i comuni vicini forse meno, per un servizio di trasporto pubblico rimasto entro i confini amministrativi della città, miope verso una domanda in una area metropolitana in crescita; una Metropolitana che si attesta nella periferia sud-ovest di Milano nella stazione FS San Cristoforo al Giambellino, anche se non distante da grandi edifici terziari come la Vodafone e i nuovi popolosi quartieri di Corsico. Con una ipotesi di domanda stimata dal Business Plan in 80 milioni di passeggeri, vedremo come questi costi (2,3 Miliardi di euro) incideranno nella prossima gestione del trasporto pubblico, con le ricadute e le razionalizzazioni riguardanti i mezzi pubblici di superficie.
Dettaglio da non dimenticare: nel progetto di massima M4 non era previsto alcun parcheggio di interscambio per accedere alla metropolitana con mezzi privati. Successivamente in Comune rinsaviscono e programmano un parcheggio di interscambio servito da una nuova viabilità, al di là del Naviglio Grande e della ferrovia, alla Barona, al confine con Corsico e si inventano una passerella ciclopedonale lunga 600 metri. Certo il nuovo ponte percorribile a piedi e in bici, alto quasi come i tre piani delle case circostanti, per nulla trasparente, a posteriori, con un’encomiabile funzione anche urbanistica, garantisce la ricucitura territoriale tra il Giambellino e la Barona, da sempre separati.
Ma la vera novità di M4 è che con il termine dei cantieri, si disvela un nuovo scenario urbano, un progetto di città che sale dalla sottostante metropolitana, dando vita a una rigenerazione urbana di vie e piazze che muta profondamente le caratteristiche del contesto precedente. Nella tratta Ovest le opere di cantiere sono state realizzate a cielo aperto, ferendo estesi isolati residenziali novecenteschi, compatti e densi, dai quartieri centrali Foppa, Tortona Solari a quelli più esterni Lorenteggio e Giambellino, senza contare il parco Solari-Don Giussani dove sono state calate due talpe di scavo; qui, nell’ormai lontano 2015, le proposte tecniche, a cura del Comitato di abitanti Foppa Dezza Solari, hanno contribuito in modo decisivo a ridurne l’impatto. Un grande esempio di partecipazione civica.
Guardando le opere di superficie M4 si notano subito i manufatti di uscita delle scale dalla metropolitana, quelli utilizzati in tutte le fermate della Linea Blu, si pensi a San Babila, definiti “minimali e funzionali“ dai vari Assessori ai trasporti che si sono avvicendati. E’ lampante la lontananza dal design della linea rossa a firma di Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda quando si ammirano i lugubri container, inutilmente alti, che svettano a protezione delle scale mobili ed emergono in superficie, come altri manufatti tipo torrini e ascensori collocati con un criterio certo funzionale, ma in molti casi inutilmente impattanti nell’ambiente urbano che li accoglie e spesso ingombranti nei marciapiedi.
Ma le uscite delle metropolitane non sono sempre state nella storia urbana una presentazione della città? Anche nella stazione Coni Zugna la copertura delle scale mobili emerge maestosa all’interno del novecentesco parco Solari. Proprio questa fermata del parco avrebbe meritato maggiore attenzione adottando elementi di trasparenza nel contesto del Parco. Viene da sorridere pensando al contrasto con la vicinissima piscina Solari, progettata negli anni Sessanta dall’architetto Arrigo Arrighetti (dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Milano, e poi direttore dell’Ufficio Urbanistico.N.d.R.) e inserita mirabilmente nel paesaggio verde.
Tutti gli interventi lungo il tracciato della metropolitana sono orientati ad una scelta di mobilità “sostenibile”: vengono allargati i marciapiedi e ridotto il calibro stradale per sfoltire il traffico e spostare sul trasporto pubblico una domanda di mobilità non di quartiere, si razionalizzano incroci stradali, si mettono in opera grandi castellane con cubetti di pietra per rallentare il traffico in tutti gli incroci stradali e un lineare elemento verde con arbusti scapigliati per separare le piste ciclabili dalla viabilità, si realizza quindi un nuovo sistema di verde.
Certo aiuterebbe mettere in campo un adeguato piano di comunicazione per monitorare e condividere con gli abitanti eventuali esigenze correttive e aggiuntive. Colpisce l’esagerata estensione della pavimentazione e un uso di pietra o simili per marciapiedi e uscite della metropolitana che comunica una sensazione di completa cementificazione dei luoghi pubblici.
Si poteva evitare d’interrompere, con abbondanza di spazi di pietra, la continuità del verde davanti agli esercizi commerciali. Anche per la parte del parco Solari distrutta dal cantiere ci si aspettava una bella restituzione del verde invece di un’estesa area pavimentata, immaginiamo destinata ad accogliere centinaia di passeggeri attratti dalle delizie di un parco, storico ma di quartiere. Questa impostazione evidentemente non guarda in avanti verso trattamenti del suolo permeabili.
Notazione dei giorni recenti: temporale e il marciapiede si allaga! Si inizia a parlare di un eccesso di pavimentazione, ma proprio nell’intervento più importante per la città si pietrifica! Complessivamente quanto realizzato, in particolare in via Foppa, sembra barcollare nel comunicare una visione progettuale chiara, tenendo insieme estetica, funzionalità e usabilità in una via con una forte identità novecentesca. Può apparire una delle tante progettazioni nuove e omologate di spazi ciclabili e pedonali, ma in questo caso si opera in un tessuto urbano, denso e consolidato, con la memoria di un viale e della sua ombra da reinterpretare con disegno lineare d’infrastruttura verde attenta a ricucire con le alberature piantate nel Dopoguerra e con l’impostazione novecentesca di viale.
I punti che abbiamo approfondito toccano anche il tema della partecipazione civica nei quartieri e pensiamo con rammarico che sia stata promossa solo e limitatamente alla necessaria e difficile gestione degli impatti dei cantieri sulla viabilità, sui trasporti pubblici e le attività economiche. Poco o nulla invece, in termini di reale partecipazione degli abitanti, per quanto veniva progettato per le rigenerazioni urbane delle vie e delle strade coinvolte.
Forse con troppo anticipo già nel 2014 erano stati promossi, riguardo la tratta Ovest di M4, tavoli di lavoro partecipativi con associazioni e abitanti nel Municipio 6, curati nell’ambito di un progetto Cariplo e in un laboratorio MM-settore comunicazione, avviato con lo scopo di raccogliere suggerimenti guida attenti alle esigenze e alle aspettative nei quartieri.
Tante anche le iniziative divulgative per agevolare una partecipazione consapevole degli abitanti, dalla vestizione artistica delle “cesate” dei cantieri ai programmi di passeggiate urbane, ma nei successivi processi decisionali delle istituzioni dal 2019sono stati semplicemente presentati dei rendering per rappresentare scelte progettuali già decise. Una partecipazione dal territorio pian piano obliata se non negata.
Ora stiamo a vedere quello che succederà dopo la “roboante” inaugurazione di M4, in un possibile dialogo aperto nei quartieri; gli abitanti sono “sentinelle”,pronti a proporre correttivi e soluzioni; nel tempo si consolideranno stili e comportamenti che dovranno convivere con integrazione e tolleranza civica: non solo bici e monopattini, car sharing e movida, ma anche uso pubblico dei marciapiedi per rinnovare un senso di appartenenza alla città.
Infine s’innesta nel dibattito il tema delle ineguaglianze e della necessità di nuove politiche pubbliche per garantire il carattere democratico della città.
Un investimento pubblico infrastrutturale come M4 inevitabilmente porta profitti in crescita in campo immobiliare, acuendo le differenze tra cittadini con una casa di proprietà e gli abitanti in affitto. Il recentissimo esempio del quartiere Grigioni, in piazza Frattini, è sintomatico: la società privata che aveva costruito nel Dopoguerra un intero quartiere di abitazioni in affitto ha già dato lo sfratto a un migliaio di affittuari, che probabilmente non saranno in grado di far fronte agli aumenti richiesti, con la conseguente spoliazione di un tessuto sociale che risiede lì da decenni.
Altro caso è la Fermata M4 Segneri, nel cuore del quartiere Giambellino. Il Comune, con grandi difficoltà, tenta la rigenerazione urbana di una parte delle residenze popolari, insieme a quella degli spazi pubblici e anche una nuova grande biblioteca: con M4 il Giambellino non sarà più periferia.
Qui Aler, tramite la società Aria (l’ente regionale che gestisce le case popolari), ha già demolito e avviato la costruzione di una parte dei caseggiati, guarda caso, proprio nel contesto di quartiere interessato delle due fermate M4, Segneri e Tirana. Il Comune sarà in grado di trovare soluzioni per contrastare il fenomeno di disgregazione sociale, la cosiddetta gentrificazione, in quartieri come Lorenteggio e Giambellino? Qui, per altro, attorno al terminal M4 in piazza Tirana, il mercato privato costruisce nuove residenze di qualità.
Questa situazione nuova, un mix tra vecchi abitanti poveri, e nuovi abitanti benestanti, potrebbe essere un fattore anche positivo di integrazione se i servizi sociali, le scuole, gli spazi pubblici diventeranno davvero un luogo d’incontro e le nuove abitazioni non saranno delle enclave, elementi di rottura fisica, ambientale e sociale del contesto; di questo anche si dovrebbe occupare un Piano casa pubblico, che per ora non si vede.
Anelisa Ricci
(da “ArcipelagoMilano” – 20 ottobre 2024)