“Tutte le passioni ci fanno commettere degli errori e l’amore ci fa commettere i più ridicoli” scrisse Francois de La Rochefoucauld, ma non voglio parlare dell’affare Sangiuliano, che ha riproposto l’ennesima puntata del tema del potere e dell’amore, del sesso e delle promesse, del tradimento e del pentimento.
Ritengo più interessante quello che scrisse Giacomo Leopardi “Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono.”. Mi riferisco alla gestione politica della vicenda, che più ridicola di così è difficile da trovare. Dopo una estate di Giorgia e Andrea, di Arianna e Francesco, irrompe la vicenda Sangiuliano/Boccia, e tutto sommato ha ragione De Luca, “siamo a Dio, Patria, famiglia e Beautiful”
Il ridicolo investe il governo e il primo ministro, “Giorgia” che, con fiero cipiglio e con grinta molto spesso eccessiva, si presenta come decisionista, vuole il premierato, per essere una donna sola al comando, e gestisce una vicenda boccaccesca – vecchia come il mondo – in modo da peggiorare le cose: alcuni giorni fa non ha accettato le dimissioni, per non subire la imposizione “dei giornali di sinistra e di Dagospia”. Ha rinviato Sangiuliano a una intervista televisiva sul TG1 (ben sedici minuti!) E come Agnese Pini ha giustamente scritto su “La Nazione” “Il ministro della cultura, costretto ieri sera – in verità con ragguardevole ritardo – a fare chiarezza in una intervista di lacrime e mea culpa sul TG1 Una umiliazione pubblica che non può non colpire sul piano umano, ma che lascia inevitabilmente perplessi circa l’intera gestione politica”.
Il mondo brucia, e il primo ministro italiano passa un’ora a parlare delle scelte amorose di Sangiuliano e rinvia una decisione che era inevitabile, dato che montava la panna, e anche i giornali di destra invitavano alle dimissioni e alla sostituzione. La presa d’atto immediata delle dimissioni di Sangiuliano sarebbe stata una scelta giusta e saggia. Non c’entrano né i soldi pubblici spesi o non spesi per la signora né i segreti di cui potrebbe o non potrebbe essere venuta a conoscenza, né le gaffe ripetute del ministro in carica, Non è il suo mestiere fare il titolare di un ministero, fondato da Giovanni Spadolini.
È quanto mai vero che le istituzioni vengono uccise dal ridicolo, ma deve esserci qualcuno che continua a spostare la soglia del ridicolo, per dirla con Flaiano. Il ridicolo è in questo continuo rinvio, anche di una cosa scontata ed ovvia come le dimissioni di Sangiuliano: il rinvio delle dimissioni e l’appropriazione della tv pubblica hanno aumentato lo sputtanamento in tutto il mondo, oltre che di Sangiuliano, anche del governo e del Paese. Il rinvio ha aumentato anche la simiglianza con precedenti vicende, dalla nipote di Mubarak alle Olgettine, che hanno accumulato nel mondo facezie e discredito, non solo sulla persona interessata, ma sulle istituzioni e sul Paese.
Siccome incombono altre dimissioni, obbligate o spintanee, (Fitto e Santanché, come minimo), ecco che scatta l’ennesimo rinvio. “In una coalizione che s’è data la regola interna che non discutono mai solo di una nomina, ma si aspetta di poterne mettere sul tavolo diverse, in modo di stabilire un regime di compensazioni che dovrebbe servire a lasciare tutti contenti. Dovrebbe, perché in realtà man mano che si assommano le caselle vuote e le cariche da assegnare, l’alleanza va verso la paralisi. Ed anche se nessuno ha in mente di far saltare il tavolo, si rischia di accrescere lo scontento invece di mitigarlo” ha scritto Marcello Sorgi su “la Stampa”.
Perché oltre al fatto specifico di Sangiuliano, è questo metodo del rinvio che diventa dannoso per il Paese e per le istituzioni, ed è antitetico al buon governo.
Prendete la vicenda della Rai, il cui consiglio di amministrazione è scaduto il 30 giugno 2024. La maggioranza ha continuato a rinviare perché non trovava l’intesa sulle cariche; adesso le nomine sono all’ordine del giorno del Senato il 12 settembre: sarà la volta buona?
E pensate che, dopo cinque sedute comuni del Parlamento (8 novembre 2023, 29 novembre 2023, 23 aprile 2024, 15 maggio 2024, 25 giugno 2024) non è stato ancora eletto il giudice della Corte Costituzionale . L’11 novembre 2023 è scaduto infatti il mandato di nove anni della giudice Silvana Sciarra. Eppure, la legge prevede espressamente che i giudici costituzionali con mandato scaduto siano sostituiti entro un mese per non pregiudicare il buon andamento dei lavori della Corte. Il 17 settembre il Parlamento è convocato in seduta comune, ma certamente slitterà ancora la nomina, fino a dicembre quando scadranno anche il Presidente Barbera e i due vicepresidenti Modugno e Prosperetti, tutti come Sciarra di nomina parlamentare: A dicembre così ci sarà il piatto succulento di quattro nomine, per cui il destra-centro potrà soddisfare tutte le sue componenti.
Se un cittadino non rispetta i termini delle leggi, o del pagamento delle imposte, viene duramente punito. Qui, nel caso di violazione di obblighi costituzionali, non succede niente.
E allora ha ragione Beaumarchais nel “Barbiere di Siviglia” « Je me presse de rire de tout de peur d’être obligé d’en pleur » “Mi affretto a ridere di tutto per la paura di essere costretto a piangerne”.
“La colpa, Caro Bruto, non sta nelle stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(sabato 7 settembre 2024)