Siamo mitragliati da messaggi retorici che descrivono il nostro Paese come un luogo meraviglioso abitato da un popolo generoso, eroico e solidale. Ce lo dicono i politici di ogni ordine e grado, ce lo dicono gli opinionisti, ce lo dice la pubblicità.
La retorica non è solo la coperta mimetica che nasconde un vuoto culturale, ideale o morale. Quando non si sa cosa fare o cosa dire, si lanciano appelli retorici, ci si aggrappa al richiamo sentimentale, si ricorre alla commozione.
La retorica è soprattutto un potente lassativo nel senso che elimina le scorie che nel nostro corpo sociale inquinano la nostra civile convivenza. Ha ragione Corbani a ricordare Bertolt Brecht che diceva “beato un popolo che non ha bisogno di eroi”.
La retorica dell’eroismo di pochi (medici, infermieri, personale ausiliario, militari, carabinieri, volontari e affini) tende a nascondere l’ignavia, l’incoscienza e il menefreghismo dei molti che ai primi cenni di pericolo epidemico o se ne stavano beati in vacanza affollando in modo folle le varie località di villeggiatura montana (come rinunciare all’ultima sciata della stagione?) o sono scappati per ferrovia o altri vettori verso il Sud in modo vergognoso. E tende a nascondere, colpa ancor più devastante, l’incompetenza, la superficialità e l’arroganza di chi avrebbe (il condizionale è d’obbligo non per questioni di forma ma di sostanza) la responsabilità politica e istituzionale di guidare il Paese nella fase più drammatica della sua storia repubblicana.
La retorica come lassativo delle coscienze e della memoria ha già funzionato in passato, ad esempio, per cancellare il ricordo dei crimini coloniali (il mito degli “italiani brava gente”) e di quelli del fascismo (il mito della “continuità” che presentava l’orrore fascista come una parentesi nella storia del Paese e intanto consentiva un travaso di persone, norme e strutture dal regime fascista alla Repubblica). Funziona anche oggi, nascondendo il fenomeno endemico e mostruoso dell’evasione fiscale, del lavoro nero, dell’illegalità diffusa e prepotente.
Ogni qual volta si tratta di rimuovere e seppellire la consapevolezza e il ricordo delle colpe della nostra classe dirigente, ecco che scatta l’appello retorico alle virtù degli italiani.
E pure ne esistono di italiani virtuosi ed “eroici” se vogliamo usare questi termini: sono figlio di un socialista, militare IMI, medaglia d’onore (che scelse una dura prigionia in Germania resistendo alla lusinga del rientro in patria ma sotto la RSI) e sono padre di una figlia medico ospedaliero (della quale conosco la terribile esperienza che sta vivendo). Ne esistono di italiani virtuosi e tanti. Chi lo nega?
Ma costoro sfuggono la retorica, sono i primi a esserne infastiditi e turbati, poiché sanno bene cosa essa nasconda. Per questo, per loro, per i sacrifici che fanno, per la nostra dignità di cittadini e per la nostra salute mentale, basta con la retorica-lassativo e parliamo delle cose da fare e anche delle responsabilità di chi non ha fatto o ha fatto male per colpa o per dolo (l’ignoranza non è mai una scusa se si hanno responsabilità dirigenziali).
Di lassativi si può anche morire.
Pepito Sbazzeguti
(martedì 7 aprile 2020)