La Procura della Repubblica di Taranto ieri in chiusura della requisitoria nel processo “Ambiente svenduto” contro azionisti e manager di ILVA ha chiesto condanne pesantissime: 28 anni e 25 per Fabio e Nicola Riva (membri della famiglia allora proprietaria ed eredi di Emilio Riva), 28 anni per il direttore dello stabilimento dell’epoca, pene che vanno dai 28 ai 20 anni per altri manager, pene pluriennali per altri soggetti e 17 anni di reclusione per Bruno Ferrante.
Ci soffermiamo su questo.
Bruno Ferrante, prefetto di lunga e onorata carriera (prefetto di Milano, vicecapo della Polizia di Stato, capo di gabinetto di Giorgio Napolitano quando era Ministro dell’Interno, primo Presidente dell’ Autorità Nazionale Anticorruzione voluto proprio da Napolitano già Presidente della Repubblica, solo per citare alcune tappe), ha dedicato una vita personale e professionale alla difesa e all’affermazione della legalità.
Ferrante accettò la proposta di diventare Presidente pro tempore di ILVA formulatagli da Emilio Riva, di cui era amico da lunga data, sul suo letto di morte in ospedale. Emilio Riva voleva una persona di fiducia a cui affidare la transizione della proprietà e della gestione del suo Gruppo al momento della sua morte imminente verso gli eredi, figli e nipoti.
Ferrante accettò l’incarico per amicizia, simpatia verso il patriarca e per senso del dovere, quel senso del dovere che aveva ispirato tutta la sua carriera da servitore leale dello Stato.
A soli 15 giorni dall’accettazione della nomina, la Procura di Taranto chiese ed ottenne dal Tribunale un provvedimento restrittivo per il quale a Bruno Ferrante – ripeto, appena diventato Presidente di Ilva – veniva interdetto l’accesso allo stabilimento di Taranto.
Questo non solo gli impediva di prendere direttamente conoscenza dei problemi gestionali, organizzativi e ambientali esistenti, incontrando dirigenti e tecnici dello stabilimento, ma anche di mettere in atto misure di correzione che si erano rese necessarie negli anni precedenti.
Per 15 giorni di esistenza in carica, durante i quali non aveva umanamente nemmeno potuto nemmeno comprendere l’enorme complessità del fenomeno ILVA e dei problemi specifici di Taranto, figuriamoci assumere decisioni, Ferrante si trova con una richiesta di condanna di 17 anni di reclusione!
Ora, non si vuole qui ripercorrere il dibattito sulle vicende specifiche dello stabilimento ILVA di Taranto, anche se ci sarebbe da scrivere molto sulle azioni della Magistratura che sembrano risentire molto più delle pressioni di parti minoritarie ma molto attive e chiassose dell’opinione pubblica locale che non da considerazioni oggettive e ponderate di natura giuridica, economica e ambientale. Si rimanda per questo alla sterminata letteratura giornalistica e saggistica esistente in materia.
Si vuole qui solo esprimere sgomento per questo singolo episodio che colpisce il prefetto Ferrante anch’esso ispirato, parrebbe, per la sproporzione evidente tra potenziale responsabilità ed effettiva possibilità di suo esercizio, non da un sincero, meditato e fondato sentimento di giustizia, ma dalla volontà di accarezzare l’ansia giustizialista di un’opinione pubblica ghigliottinara (alimentata ed eccitata anche da qualche capopopolo).
Povera quella nazione che per avere giustizia s’ispira al fanatismo delle tricoteuses!
Pepito Sbazzeguti
(giovedì 18 febbraio 2021)
Solidarietà a Ferrante e speriamo che questo governo metta fra le priorità anche riportare lo stato di diritto in questo paese
Conosco il Prefetto Ferrante dai tempi della Sua esemplare gestione della prefettura di Milano e una profonda stima ed amicizia sincera mi lega a lui .
Tutta la sua vita professionale è stata improntata ad una correttezza esemplare e al rispetto della legalità.
La mia indignazione per come stanno trattando Bruno Ferrante non può che accompagnarsi a un giudizio sulla Magistratura Italiana. Nata nella antica culla del Diritto, allevata con l’orgoglio delle sue radici dai cittadini italiani, è oggi solo motivo di profonda vergogna, di preoccupazione, di paura. Non si tratta solo di Riformare la Giustizia nei suoi tempi e meccanismi, come si usa blaterare, si tratta di Rifondare la Cultura della Giustizia in coloro che la devono interpretare. Incomincerei a togliere a questi signori il privilegio dell’essere l’unica categoria immune dal pagare i propri errori. Dovrebbero pagare un conto molto più salato di qualsiasi altra categoria perché i danni che fanno non sono solo materiali e morali per le loro vittime, ma etici per l’educazione non solo dei giovani e per la cultura e l’immagine del nostro Paese. E non mi importa che ci siano ANCHE quelli bravi!!. Lo devono essere TUTTI. Un medico se sbaglia, lo fa involontariamente. Un magistrato no, e non ci sono scuse
Buonasera, non sapevo che lei fosse in chat. Mi dispiace molto ….. non la conosco e mi dispiace non aver potuto valutare quanto da lei fatto nel passato.conosco Luigi Corbani e non prende posizione senza certezze, ma non sui fatti, ma sulla qualità delle persone indipendentemente da tutta. Le sono particolarmente vicino.sono convinto purtroppo per aver avuto a che fare personalmente con la giustizia per esperienze personali lavorative, che ho sempre poi trovato giudici che hanno avuto l’indipendenza mentale di rimandare al mittente le accuse senza alcun problema essendo spesso tutto talmente demenziale da far sorridere. Questo è quello che penso della situazione ILVA per quanto ho potuto leggere e la sua in particolare modo. Richieste dei PM che sono indecenti e assurde.
Sostengo da tempo che il vero problema dell’Italia sia la questione Giustizia. Soprattutto il protagonismo di PM o giudici della lentezza dei processi dei tempi infiniti dei giudizi etc. ma soprattutto….. la colpevolezza sbandierata prima del giudizio e che non abbandona mai…… anche assolti.
La vita che cambia nel periodo dal rinvio a giudizio alla prima sentenza e poi alla cassazione
Un marchio di colpevolezza che solo pochi amici avranno il reale desiderio di cancellare anche e soprattutto in caso di innocenza in uno dei gradi successivi al primo.
Le auguro ogni bene e sia sempre forte. Si tenga stretto alla famiglia e ai pochi amici che avrà saputo pesare e riconoscere in questi anni.
Un abbraccio
Mauro Lancellotti