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Il Paese, prima di tutto

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In questi giorni le varie maratone televisive stanno svolgendo un ruolo dannoso di confusione: alla informazione si sostituiscono  dichiarazioni e interpretazioni di giornalisti, che confondono anche i più accorti. Alla fine della giornata,  il Presidente Mattarella ha riportato un po’ d’ordine: alcune forze politiche (mi pare evidente, PD e 5S) hanno chiesto del tempo per verificare la possibilità di intese. Di fronte al fatto che il Presidente della Repubblica ha detto che farà martedì un secondo giro di consultazioni, il principe dei maratoneti ha dedotto che, siccome sentirà tutti i gruppi politici, allora torna in gioco anche la Lega e un altro acuto osservatore ha aggiunto  che se non ci sarà  una intesa per martedì,  il Presidente scioglierà le Camere. Secondo il mio modesto parere, ci sarà invece un incarico per formare il governo. Ma facciamo ordine.

  1. Il “governo del cambiamento”, quello che doveva durare trentanni, è naufragato in tredici mesi: segno della inconsistenza programmatica e politica dei contraenti del famoso “contratto”. Il fallimento non è solo della Lega ma anche delle 5S: le misure adottate dal governo Conte sono state il contrario di quello che l’Italia aveva bisogno. E la incapacità di fare politica, di trovare dei compromessi tra diverse posizioni programmatiche, politiche ed ideali è stato il tratto distintivo del governo appena defunto. Due forze che si sono insultate per tutta la campagna elettorale 2018 non hanno trovato altra soluzione che consentire a ciascuno di portare avanti le proprie bandiere elettorali. Non avevamo un governo, ma uno strano animale: un cerbero a tre teste, due si sono agitate per dodici mesi, poi la terza testa si è svegliata e ha azzannato le altre due teste.
  2. Il suonatore è stato suonato. Lo sbruffone, descritto come un mago, un genio della politica, si è dimostrato per quello che è sempre stato: un dilettante politico allo sbaraglio, un comiziante che si è montato la testa, in preda a un delirio di onnipotenza, affetto da un accentuato disturbo istrionico di personalità. Mi sono sempre chiesto perché in 25 anni di presenza al Comune ci Milano, la Lega non gli ha mai fatto fare l’assessore: perché non è un politico, non è un amministratore, è uno che si esalta nei comizi, capace di dire oggi il contrario di quello che ha detto ieri e di quello che dirà domani, capace solo di demagogia oratoria, condita con insulti vari. Ha fatto tutto da solo: ha aperto la crisi, pensando di dettare lui le condizioni ed è stato beffato da una mossa molto semplice. Sì, perché quando gli “analisti” o gli “esperti” delle maratone dicono che il governo è andato in crisi non per merito della opposizione, dicono una grande sciocchezza: la crisi si è aperta perché l’opposizione (renziani e non renziani) ha fatto da sponda a Conte e alle 5S per smontare il ricatto salviniano: o fate quello che dico io, Salvini il Capitano, o si va alle elezioni. Un partito del 17% dei voti validi (pari al 13% di tutti gli italiani) si è illuso di poter prendere alle politiche gli stessi consensi delle europee: se conoscesse la storia del voto in Italia, non avrebbe fatto tale azzardo, perché il voto delle europee non si è mai ripetuto alle politiche. E per di più, non ha calcolato che il voto del Sud è quanto mai “volubile”. Oggi il Capitano tenta disperatamente, anche con l’aiuto di qualche quinta colonna 5S, di rientrare in gioco, magari per un Conte bis, con rimpasto. Siamo alle capriole o, se preferite, al voltafaccia.
  3. I “commentatori” si dedicano alle divisioni del PD: ci sono e sono alla luce del sole. Gli “analisti politici”, gli “editorialisti” possono parlare delle diversità nel PD perché, insieme a +Europa, sono gli unici partiti che hanno degli organismi dirigenti “pubblici”. Per i soloni della politica, è difficile parlare delle divisioni interne alla Lega o alle 5S, (che ci sono e sono profonde) perché questi partiti non hanno strutture democratiche, organismi dirigenti democratici, alla luce del sole: le decisioni vengono prese nelle ville, o sulle spiagge. In quale organismo democratico Salvini ha deciso le mosse suicide di questi giorni ? E che ne pensano gli altri dirigenti della Lega? “Ha fatto tutto da solo” dice il sottosegretario della Presidenza del Consiglio, non uno qualsiasi della Lega. Ora, non dico che non debbono parlare delle divisioni interne al PD, ma forse giornali e tv potrebbero dedicare una maggiore attenzione al deficit di democrazia interna ai partiti presenti in Parlamento: non è una questione secondaria, anzi è una questione costituzionale che dovrebbe essere affrontata con una legge sulle regole di funzionamento dei partiti che concorrono alla formazione della politica nazionale.
  4. Una cosa è certa: non sarà il governo Conte a gestire eventuali elezioni. Il Salvini che vuole la crisi del governo, ma non dà le dimissioni da Ministro dell’Interno, perché pensa di gestire lui le elezioni da lui stesso invocate, viene sconfitto anche su questo terreno. Pensava di utilizzare le strutture (la sua macchina social pagata dai contribuenti) e i mezzi di trasporto del Ministero (come ha fatto in 13 mesi di comizi in giro per l’Italia) per la sua campagna elettorale. Mi sbaglierò, ma prima o poi, la Corte dei Conti aprirà una indagine sui costi del Ministero dell’Interno dal 1 giugno 2018.
  5. A parte la naturale stampella di Fratelli d’Italia, la Lega lepenista nazionalista è dovuta tornare a Canossa da Berlusconi, e anche questo avrà un prezzo per Salvini. Perché al di là della sete di vendetta per come il “truce comiziante” ha trattato quest’anno Forza Italia, e per evitare scissioni a destra e a sinistra. Berlusconi dovrà in qualche misura smarcarsi dalle follie salviniane. I segnali sono per il momento di totale subalternità, ma, nel divenire della crisi, Forza Italia una qualche forma di distinguo dovrà prenderla, pena la totale fagocitazione leghista.
  6. Ripeto che non importano le formule: quello che contano sono i programmi e le scelte di governo da fare per il bene del Paese, per la ripresa economico e sociale, per lo sviluppo civile e culturale, per il riscatto dei ceti meno abbienti. E dico, che è nell’interesse di tutti, affrontare temi su cui la Lega ha mietuto voti con la demagogia e le fandonie (ultima in ordine di tempo: 50 milioni in meno di tasse: come? con ulteriore debito pubblico?): la immigrazione, la sicurezza e il fisco. Temi che si possono affrontare in modo efficace solo con una visione europea nell’ambito di una vera politica europea, come del resto anche l’assetto delle istituzioni italiane in rapporto ad un maggiore potere del Parlamento europeo. E in tale contesto non mi pare sia un problema la riduzione dei parlamentari italiani. La stupidità delle posizioni antieuropeiste della Lega è indicato anche dalla tragedia del giovane francese: se si fossero adottate le direttive europee per la geolocalizzazione delle chiamate di emergenza, non sarebbero passati giorni e giorni di angoscia per il suo ritrovamento. Noi siamo l’Europa, non siamo altra entità fuori dall’Europa. La contrapposizione Italia-Europa è solo il disperato tentativo di trovare un capro espiatorio alla incapacità di governare: la mancata autonomia differenziata è colpa della Lega salviniana, non dell’Europa, per esempio.
  1. E’ l’ora degli statisti, non dei politicanti: ci vuole un governo per riportare l’Italia a contare in Europa e nel mondo. Spero dunque che il PD non ritorni indietro sull’apertura della direzione a una trattativa con le 5s: avanti con coraggio e determinazione, non per fare un dispetto alla Lega, ma per il Paese. Si prenda atto che le 5S hanno detto che non scappano di fronte alle responsabilità, in polemica con la Lega. Ripeto che non importano le formule, di legislatura, di lunga durata, ecc., neanche la composizione, di coalizione organica, di appoggio esterno, ecc,

Chiunque dia le carte,  sa che  debbono essere mischiate: le carte finali non sono mai quelle del banco. E non è il caso di sollevare pregiudiziali prima ancora di sedersi a un tavolo di discussione.  Mi permetto dire che, nel caso di coalizione organica, la compagine ministeriale non dovrebbe prevedere nessuno che abbia fatto parte dei precedenti governi, salvo i due rappresentanti maggiori: Conte e Gentiloni. Questo sarebbe un bel segnale di superamento di interessi di parte o di partito, e di rinnovamento per davvero del personale politico di governo.

“”La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi.” Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(giovedì 22 agosto 2019)

2 thoughts on “Il Paese, prima di tutto”

  1. Daniela Marchetti ha detto:
    Agosto 23, 2019 alle 6:57 am

    Caro Luigi , come sempre la tua analisi è impeccabile e tocca tutti i punti di questo
    disgraziato governo che ha colpito per la sua generosa carica di improvvisazione. A parte i contenuti beceri coraggiosamente espressi dai vari ministri, tanto da diventare quasi surreali, abbiamo puntato su un cretino afasico che sostituiva le parole che non gli venivano con sorrisi non accattivanti. Comunque, per ora, se ne sono andati ma sono insidiosi e soprattutto non vogliono abbandonare la nave che hanno affondato. Ora aspettiamo con serena fiducia un futuro che possa ridare alla gente un segnale di guarigione. Ciao Daniela

    Rispondi
  2. Gianni Formigoni ha detto:
    Agosto 23, 2019 alle 10:35 am

    Corbani il tuo ragionamento è perfetto ma si rivolge a due componenti politiche, una in particolare, che non da nessuna garanzia di serietà e capacità, che teorizza il terrrapiattiso, che è contro i vaccini che è contro lo sviluppo e gli investimenti che dice no alle trivelle che è contro la Tav ecc. È vero che chi comanda nei 5s sono Casaleggio e Grillo e che non rinunceranno ai loro vantaggi economici, ma il PD come credi sia capace di porre un programma e farlo sostenere dai 5s per dare al paese una una politica di svolta rispetto ai loro punti programmatici nefasti?

    Rispondi

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