Con le debite e ovvie differenze di contenuti e circostanze, l’8 marzo 2020 ricorda l’8 settembre 1943 per l’incapacità del Governo in carica di gestire in modo maturo e responsabile una decisione di drammatica rilevanza per i destini dei cittadini italiani.
Il disastro comunicativo del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui provvedimenti di contrasto alla diffusione del coronavirus è stato assoluto: la diffusione incontrollata dalle stanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri di una bozza di decreto ha generato ieri sera una situazione di confusione, panico e allarme sociale di una gravità eccezionale.
La falla non sembra essere stata solo a Palazzo Chigi. La CNN infatti segnala che una bozza del decreto le era stata inviata in tempo reale dall’ufficio stampa della Presidenza della Regione Lombardia.
L’ irresponsabilità è diffusa a ogni latitudine, a quanto pare.
Oggi, come allora, il popolo italiano e le forze combattenti della nazione (ieri i militari, oggi i medici, infermieri, forze dell’ordine e chiunque abbia responsabilità in materia di salute pubblica) sono stati abbandonati a loro stessi.
Si è ripetuto il “tutti a casa” che tanti ricordano ancora per memoria propria o riferita dai propri genitori.
I contenuti della bozza di decreto venivano già anticipati nei telegiornali in prima serata scatenando l’assalto ai treni per la grande fuga da Milano e dalla Lombardia e improvvisati spostamenti in auto di interi nuclei familiari in cerca di salvezza. Un esodo da zone e tempi di guerra.
È stato un tragico e imperdonabile errore di comunicazione dell’impresentabile staff di Palazzo Chigi (e non solo), ma che ha le proprie radici nel carattere debole, imbelle e irresponsabile di una classe politica improvvisata.
Non si decidono provvedimenti del genere senza prevederne tutte le conseguenze sulla vita di 20 milioni di cittadini e senza provvedere una informazione precisa, immediata e completa in proposito.
Un Governo che si rispetti una decisione del genere, unica nella storia della nostra Repubblica, lo accompagna con una comunicazione adeguata all’eccezionalità del momento e del provvedimento anche richiamando i direttori delle varie testate giornalistiche a un senso di responsabilità condiviso. Non certo facendo scivolare fuori dalla stanza del Presidente un testo e fottendosene delle conseguenze, tranne poi accusare i giornalisti di averlo diffuso.
Oggi, come allora, il nostro Paese non merita questa classe “indirigente”.
Speriamo che oggi, come allora, da questa vergogna nazionale nasca una Resistenza, una classe dirigente vera competente e responsabile e una nuova Italia.
Pepito Sbazzeguti
(domenica 8 marzo 2020)