Nel mese di gennaio il Parlamento (Camera e Senato) ha approvato solo due leggi: per meglio dire, una legge e la conversione in legge del decreto per l’Alitalia.
Qualche maligno potrebbe dire che 945 deputati e senatori sono troppi per due leggi in un mese. Seguendo questo ragionamento, sarebbero troppi anche i 600 sopravvissuti al taglio dei parlamentari.
In realtà, la bassa produttività fa bene sperare: se fanno meno leggi, combinano meno guai. Anche perché il numero delle leggi non è sinonimo di buona salute per la società e per lo Stato. Se ci sono tante leggi, significa che il Paese non funziona, non ha regole, non ha principi: significa che i cittadini hanno scarso senso civico, e quindi devi regolamentare tutto.
Forse è ancora vero quello che diceva Tacito negli “Annales”: “corruptissima re publica plurimae leges”: quando viene meno la legalità, aumentano le leggi: ma forse è un male italico quello della produzione di leggi, tanto che un famoso avvocato, Francesco Carnelutti, ebbe a dire che “in Italia sono in vigore duecentomila leggi diverse, per fortuna temperate da una generale inosservanza”.
In realtà, sembra siano in vigore solo 71.501 leggi (secondo il portale delle leggi vigenti) e di queste 2.386 riguardano le materie fiscali. Se poi aggiungiamo circolari, decreti ministeriali, atti di altre amministrazioni pubbliche, effettivamente c’è da impazzire. E pensate che abbiamo avuto anche il Ministro per la semplificazione normativa e nel periodo 2005-2008 si sono sborbiciate oltre 30.000 leggi emanate tra il 1861 (unità d’Italia) e il 1969 e qualcuna fatta dopo il 1970.
C’è un altro elemento preoccupante in realtà: il Parlamento fa meno leggi, perché deve seguire i decreti legge del governo. Questi ultimi sono tutti con le caratteristiche di “necessità e urgenza”, previste dalla Carta costituzionale ? Mah !? Solo a febbraio ci sono da convertire i decreti legge sul sistema creditizio nel Mezzogiorno (Banca popolare di Bari ?), sul Ministero della Pubblica Istruzione, sulle intercettazioni e il “milleproproghe”. In questo, notizia dell’ultima ora, vogliono inserire il pastrocchio sulla prescrizione: cosa c’entri non è lecito saperlo, ma tant’è.
Sta di fatto che da inizio legislatura, se non sbaglio, ci sono stati 30 decreti legge e solo 22 leggi discusse e approvate dal Parlamento, che di funzione avrebbe questa: fare leggi. Oddio, se ne facesse poche e ben fatte sarebbe l’ideale. Invece ne fa poche, non per scelta come abbiamo visto, e fatte male, che sono del tutto incomprensibili per il cittadino che dovrebbe osservarle.
Prendete, senza fare gli scongiuri, la legge di questo gennaio che reca il titolo “Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica” e pensate che cancella un articolo del regio decreto del 1933 delle leggi sull’istruzione superiore. Nel suo testo a un certo punto ci si imbatte nella tipica formulazione delle leggi: “ai sensi del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211, dell’art.12 commi 10 e 11, del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012 n. 189 e dell’art. 2 della legge 11 gennaio 2018. n. 3”. Si faceva troppa fatica a tradurre in un testo comprensibile?
Ora prendete il decreto che dà ad Alitalia altri 400 milioni in “prestito”: mi viene da ridire, per non piangere. Per “assicurare la continuità del servizio” da quando vennero nominati i commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari nel maggio 2017, sono stati dati 1,5 miliardi. In un altro momento parleremo di questi commissari. Sta di fatto che la “compagnia di bandiera” è costata, in 45 anni, al contribuente italiano 9,5 miliardi di euro.
Nel decreto legge in questione, ovviamente firmato da Mattarella, Conte, Gualtieri, Patuanelli e Bonafede in data 2 dicembre 2019, si citano, come d’uso, commi, articoli di leggi che rinviano ad altre leggi, che rinviano a decreti-legge convertiti con modificazioni in altre leggi. L’unica cosa chiara sono “400 milioni” dati ad Alitalia.
Una preghiera ai parlamentari: non fate altre leggi, ne abbiamo tante, troppe. Riducetele e riscrivetele in italiano, comprensibile da tutti. I rinvii di legge metteteli in fondo come note. Sarebbe una rivoluzione.
Ed evitate di fare ogni due per tre nuove norme fiscali o nuove circolari.
Ma forse è chiedere troppo in un Paese in cui ogni anno si cambiano gli esami di maturità e le disposizioni delle dichiarazioni dei redditi.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(domenica 9 febbraio 2020)
Luigi amico mio hai scritto un articolo perfetto
Ti abbraccio CT