Certo, da un Presidente del Consiglio ci si aspetta che dica che tutti devono pagare le tasse, non se è bello o brutto pagare le tasse. Casomai dovrebbe dire che è brutto che non tutti paghino le tasse.
“In una conferenza stampa tenuta per illustrare la riforma del fisco, Giorgia Meloni ha rassicurato: non dirà mai che le tasse sono bellissime.
Ricorderete quando le tasse furono definite bellissime da Tommaso Padoa Schioppa – era il 2007, lui ministro del governo Prodi – e da allora ci si gioca sopra con un gusto per la futilità che a noi elettori piace parecchio: chi le crede bellissime è Dracula, chi le crede bruttissime è Robin Hood.
Il povero Padoa Schioppa ne sentì di tutti i colori, specialmente perché le tasse in Italia sono alte e lo sono anche perché molti non le pagano, ritenendole bruttissime e tanto basta per scansarle.
La spiegazione successiva di Meloni apre scenari inesplorati: sono bellissime le libere donazioni e non i prelievi imposti per legge (cioè ognuno sborsa non per obbligo ma per amore).
Il motivo per cui Padoa Schioppa fu impiccato a me rimane misterioso, ma saliamo all’arcano se penso che l’impiccagione prosegue per mano della destra sovranista. Senza tasse, non esiste lo stato. O la patria, se si preferisce. La libertà e l’uguaglianza sono i postulati della democrazia, le tasse sono il postulato della società.
L’Italia non è una nazione per i confini, gli azzurri del calcio e la bandiera tricolore, lo è per le tasse con cui la nazione si mantiene, a cominciare dallo stipendio della premier.
Poi certo, sarebbe magnifico se ognuno contribuisse liberamente con quel che può e pensando alla coscienza e non alla pancia.
Invece abbiamo un debito pubblico folle perché le tasse sono bruttissime e pure insufficienti al nostro tenore di vita, in cui la pancia dev’essere piena e la coscienza vuota.”
Ho ripreso qui un articolo di Mattia Feltri su “la Stampa” di oggi, giovedì 14 marzo 2024, che condivido totalmente. Ma la nuova affermazione del Presidente Meloni comunque è un passo in avanti da quando nel maggio 2023 a Catania definì, in un comizio elettorale, le imposte ai piccoli commercianti un “pizzo di Stato”, espressione di una concezione antistatale propria di una cultura che ha fatto del “me ne frego” il suo motto. Aggiunse che il fisco se la prende con il piccolo commerciante “solo perché deve fare la caccia al reddito, più che all’evasione fiscale” e questo non era un bruttissimo messaggio che il Presidente del Consiglio lanciava alla Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza. Associare le imposte al pizzo mafioso era di una irresponsabilità istituzionale gravissima. E sul palco non c’era solo Salvini ma anche Tajani e Lupi.
Il tutto ripreso dalla televisione di stato, pubblica, che trasmetteva in diretta un comizio. E per me è bruttissimo che debba pagare il canone tv (una imposta) per un servizio di informazione che è di parte.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 14 marzo 2024)