Il tema ambientale è divisivo e, come in altri casi (pandemia Covid, conflitti, questioni geopolitiche), la volontà di affermazione di verità apodittiche e assolute prevale sulla necessità di discussione laica e razionale.
Questo comporta come conseguenza la sclerosi delle posizioni dei soggetti impegnati nel dibattito pubblico con il prevalere di quelle più estreme, emotive, fortemente suggestive su quelle più moderate, razionali e scientificamente dubitative.
Il sistema dei media, quelli tradizionali dominati dalla necessità di sopravvivenza in un contesto fortemente affollato e di progressiva disaffezione, ma soprattutto quelli nuovi, principalmente quelli autogestiti delle piattaforme social, è vittima di questo processo di radicalizzazione, di semplificazione e di banalizzazione.
Questo fenomeno diventa ancor più rilevante in quanto le nostre società occidentali sono agitate da processi di antagonismo sociale che contestano in modo deciso il modello di vita e di sviluppo dominante. Soprattutto la popolazione giovanile manifesta (a ragione) un profondo disagio, che si trasforma in rabbia e in forme di aggressione già sperimentate negli anni passati (’60 e ’70 soprattutto), dovuto sostanzialmente sia a condizioni di precarietà materiale, sia dallo smarrimento di prospettive e di proiezione di sé nel futuro.
Il tema ambientale (cambiamento climatico, transizione ecologica, pauperismo e ideologie di decrescita) è un carburante formidabile per alimentare il moto di questi movimenti sociali.
Oggi non è più l’ideologia “politica” il movente principale, ma sono single issue, alcune molto specifiche, ma altre, come quella ambientale, di valore più generale a generare la motivazione alla contestazione, la protesta e la rivolta.
Si parla qui di rivolta e non di rivoluzione poiché quest’ultima prevede un progetto di alternativa al modello dominante che s’intende abbattere, mentre la rivolta è la pura manifestazione verbale e fisica di un rifiuto, di una negazione e di una volontà di demolizione.
In questo senso, i segnali ancora deboli di movimenti antagonisti che con il linguaggio e con le azioni combattono i soggetti imprenditoriali operanti nel business energetico sono da considerare con grande attenzione.
Trattandosi di segnali deboli non vengono considerati degni di allarme, ma solo di sporadica attenzione mediatica.
Intendo riferirmi a “Ultima Generazione” in particolare, ma anche ad altri soggetti che con modalità e sfumature diverse (in un continuum tra moderazione ed estremismo), agiscono in questo contesto e traggono alimento da questo brodo di coltura ideologico confortati anche dal sostegno di vecchi cattivi maestri sempre in attività.
Ma il fatto che questi soggetti mutuino linguaggi dei movimenti anni ’70 e loro modalità operative, incitando alla rivolta e a compiere gesti di aggressione fisica (per ora contro installazioni, sedi e manufatti), dovrebbe destare consapevolezza del rischio potenziale e una riflessione sulle cause e sulle risposte più adeguate (politiche, organizzative, ideologiche).
“Ultima Generazione”, infatti, non solo edita nei propri media social e cartacei (documenti, opuscoli) elaborazioni di scenario basate su informazioni fantasiose o estremizzate, ma chiama alla mobilitazione sia con eventi (per es. raduno presso l’Università Statale di Milano lo scorso ottobre) ma soprattutto con azioni dimostrative aggressive e violente (occupazione di sedi stradali, assalti e danneggiamenti a negozi di imprese energetiche).
L’aggressività di questo e di altri soggetti cerca bersagli simbolicamente ingombranti, logisticamente vicini e prossemicamente facili. Fatalmente prima o poi li troverà.
La classe politica è distratta, quella giornalistica (tranne eccezioni) quando non simpatizza, giustifica o trascura.
Cosa deve succedere affinché si generi la giusta e preoccupata attenzione a questo fenomeno?
O affinché con la consapevolezza diffusa o anche solo mirata vi siano risposte adeguate?
Oltretutto, con le loro azioni, questi soggetti alienano le simpatie della maggioranza dell’opinione pubblica da una positiva sensibilità e da una efficace e sostenibile politica ambientale. Ma forse, non sono interessati al consenso generale, considerandosi avanguardia illuminata del popolo (tragico dejà vu).
Pepito Sbazzeguti
(mercoledì 25 ottobre 2023)