Andrà tutto bene! Il governo ci diceva l’anno scorso. Ma è andata così? Una qualche riflessioni non vale la pena di farla? Si è detto di tutto contro Boris Johnson e con la scelta della Gran Bretagna. Ma è andata peggio in UK rispetto all’Italia?
Per i positivi siamo a 6.442 casi ogni 100.000 abitanti nel Regno Unito; in Italia siamo a poco meno: 6.360 casi per centomila abitanti. Le cose cambiano per numero di decessi: 187 ogni centomila abitanti in UK, e 193 in Italia.
Un decesso ogni 33 casi positivi in Italia e uno ogni 34 in UK.
Ma, al 13 aprile, la Gran Bretagna aveva vaccinato, con una o due dosi, il 59% della popolazione e in Italia il 22%.
Totalmente vaccinate, ovvero anche con la seconda dose, in Gran Bretagna sono poco meno del doppio dell’Italia: l’11,3% della popolazione contro il 6,7% dell’Italia.
Oggi, 476 decessi in Italia e 13 in Gran Bretagna, per covid-19.
Ora, sembra che, nel corso dell’anno trascorso, tutte le nostre restrizioni, più forti complessivamente di quelle della Gran Bretagna, non abbiano modificato così sensibilmente il quadro pandemico. E dal punto di vista economico non mi sembra che le cose vadano meglio in Italia. Una riflessione non sembra opportuna? Magari in commissione sanità della Camera e del Senato?
Alcune altre riflessioni. Sento parlare di ristori. A parte il fatto che professionisti e lavoratori autonomi (come quelli dello spettacolo, per esempio) non mi sembra siano stati trattati meglio dei lavoratori dipendenti, e in particolare di quelli pubblici. E questo crea anche una disparità sensibile nella tragedia della pandemia. Ma, chiedo, non si possono fare i ristori in automatico sulla base della media delle dichiarazioni dei redditi degli anni precedenti? Pare che esista un mega cervellone alla Agenzia delle Entrate: e visto che si parla tanto di digitalizzazione della pubblica amministrazione, non dovrebbe essere così complicato fare la media delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e stabilire una quantità mensile di rimborso. Perché ho l’impressione che tra condoni e ristori si sia diffusa la platea dei furbi.
Sono del tutto favorevole a misure di sostegno per le persone più povere, e, chiamatelo come volete, reddito di inclusione, reddito di cittadinanza, reddito di emergenza (peraltro in Italia è sempre emergenza). Bene, ma a quelli che percepiscono questi redditi, e che non sono invalidi, non è possibile far fare dei lavori socialmente utili nei Comuni di residenza? Anche, perché no?, la manutenzione e la pulizia delle strade e dei giardini, o è troppo degradante? O anche imbustare le lettere ai cittadini per le vaccinazioni.
Torno alla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Finalmente, anche in Lombardia, il sistema di prenotazione per le vaccinazioni si è fatto più semplice e quindi anche le persone di una certa età – o sono capaci o si fanno aiutare dai figli o nipoti – riescono a prenotarsi con due dati: la tessera sanitaria e il codice fiscale. Il sistema riconosce i numeri dei due documenti e accetta la prenotazione. Era così complicato o impossibile usare gli stessi dati e convocare le persone direttamente? In fondo, con tutti e due i dati, la pubblica amministrazione ha a disposizione da tempo la data di nascita, la residenza e tutto quanto serve a convocare le persone secondo fasce di età e di domicilio.
Il sistema mi ha chiesto il codice postale e mi dato due alternative, lontane da casa. Poi vengo a scoprire che sotto casa, dico proprio sotto casa, stanno facendo le vaccinazioni per conto della ATS. Lo scopro perché alla sera, alle 20, mi sento citofonare da una infermiera del centro sanitario privato convenzionato che mi chiede se ho più di ottant’anni. E pare che abbiano suonato a tanti citofoni della via, ma che alla fine, essendoci solo settantenni, abbiano avanzato e quindi gettato via delle fiale, perché le disposizioni erano tassative: solo ultra ottantenni.
Per carità, sono felice di andare a vaccinarmi, anche lontano da casa, e non mi faccio problemi di Astra Zeneca o Pfizer, l’importante è vaccinare, vaccinare e vaccinare. Come dicono a Milano, “puttòst che nagòt, l’è mèi puttòst”, (meglio poco che niente), ma forse una maggiore distribuzione territoriale, nella città di Milano, sarebbe servita a sveltire le vaccinazioni e raggiungere prima la “immunità”, e poiché penso che di vaccinazioni ne avremo bisogno anche per gli anni a venire, sarà bene far tesoro di questa esperienza, che in Lombardia, già con la vaccinazione antinfluenzale, era partita male e stava andando peggio con l’anti virus. Mi permetto questo promemoria per la Regione e anche per il Comune di Milano, che si è fatto partecipe della lotta alla pandemia con tutte le sue energie e per questo gliene saremo sempre grati. Perché “Milano non si ferma”, disse quello davanti al burrone.
Cielle
(martedì 13 aprile 2021)