Lo stato della informazione è davvero un problema, come lo stato della politica in Italia. Un politico-giornalista, che partecipa a tantissimi talkshow televisivi, dalle colonne di quello che una volta era il maggior organo di informazione italiana è riuscito a non parlare di Italia Viva e di Renzi e a dire che “ora i cittadini avranno una scelta abbastanza chiara tra un polo di destra-centro a trazione Meloni, uno di centro-e-sinistra (sic!) a trazione Letta-Calenda, e uno populista a guida Conte.”
A parte che la definizione di “centro e sinistra” l’ha preso in prestito dal segretario di +Europa, nonché brillante sottosegretario agli esteri dei governi Renzi, Gentiloni e Draghi, tutti quelli che seguono la politica capiscono che Bonino, Letta, Calenda si sono ritrovati d’accordo sull’ostracismo nei confronti di Italia Viva: la mattina di ieri infatti, prima dell’incontro “storico”, è iniziata con la affermazione netta della Bonino del no a Renzi, tanto per dare il segno della futura alleanza PD-Azione-+Europa. Per inciso, Renzi non aveva confermato Emma Bonino come Ministro degli esteri del governo Letta, e al suo posto aveva messo prima Federica Mogherini, e poi Paolo Gentiloni. Ma, non siate malelingue, la Bonino non ha alcun risentimento.
Ma due cose dovrebbero suscitare qualche riflessione. Non sto a dire che la nascita di un polo riformista sarebbe stata una cosa necessaria e utile per la politica italiana, al di là delle elezioni. Ma mi chiedo perché dovrei votare una coalizione in cui i capi (i front runner, sic!) dichiarano che nelle liste ci sono degli “indigeribili”?
Perché un elettore (non partitico o non politicizzato) dovrebbe votare delle liste di una coalizione, in cui i due capi (che si proclamano tali a pari merito, Enrico Letta e Carlo Calenda) dichiarano che ci sono degli “indigeribili” e quindi “nei collegi uninominali non saranno candidati i leader delle forze politiche che costituiranno l’alleanza, gli ex parlamentari del M5S (usciti nell’ultima legislatura), gli ex parlamentari di Forza Italia (usciti nell’ultima legislatura).”.
Non è che non verranno candidati, ci saranno nella coalizione. E ci saranno perché la legge elettorale è una legge che favorisce le coalizioni. Faccio un esempio: se nel proporzionale la lista Calenda/+Europa non prende il 3% dei voti, ma supera l’1% dei voti validi, i voti di questa lista saranno ripartiti (in proporzione) alle altre liste della coalizione e quindi potrebbe succedere che i voti di Calenda possano andare a vantaggio del PD, che candida nelle sue liste Bonelli, Fratoianni, Di Maio e altri “indigeribili”. Calenda mi sembra quel marito che sa che la moglie ha un amante, ma chiede alla moglie di non farglielo vedere.
Dopo di che, potete stendere un programma ( e già questa cosa che all’ultimo momento dei partiti si inventano un programma, la dice lunga sullo stato pessimo della politica e dei partiti) e far finta di essere una coalizione, ma questa coalizione ci sarà ancora a ottobre, quanto durerà?
Stiamo parlando di PD, Art.1 Movimento democratico e progressista, PSI, Demos democrazia solidale, Sinistra Italiana, Europa Verde-Verdi, Impegno civico (Tabacci e Di Maio), Azione/+Europa. Naturalmente il programma è “l’agenda Draghi” quella che alcuni di questi non hanno mai voluto né votato, con il paradosso molto sorprendente (e fino ad ieri inconcepibile e anche incredibile) che si esclude, anzi viene bandito, quello che ha voluto Draghi più di tutti (anche contro l’opinione di quasi tutti i componenti di questa coalizione).
A me non è mai stato simpatico Renzi, dal tempo e dal modo in cui è diventato sindaco di Firenze, e considero sbagliate, in qualche caso, pericolose, alcune sue posizioni e proposte( come quella del “sindaco d’Italia” che è troppo consanguinea e collaterale alla proposta presidenzialista della Meloni), tuttavia se si vuole fare una alleanza nel nome di Draghi (per l’oggi e per il domani), la scelta di non coalizzare Italia Viva sembra una ripicca per essere stati scavalcati dalla iniziativa politica che ha mandato a casa il Conte I e il Conte II. E questa scelta politica sbagliata sembra tanto dettata dal rancore vedovile per aver perso l’amato leader dei progressisti e per vedere vanificato l’illusorio e bislacco sogno del “campo largo”.
Ma c’è sempre qualcuno che è disposto a farti credere di essere più di ciò che sei. E allora sempre il nostro politico-giornalista scrive “L’accordo tra Letta e Calenda riequilibra in parte una gara elettorale già molto sbilanciata a favore del centrodestra. Se Pd e sinistra fossero andati al voto separati da centristi e liberali, nella gara dei collegi uninominali il rischio di un vero e proprio cappotto sarebbe stato elevato”.
Si vede che non ha letto il rapporto dell’Istituto Cattaneo, che oggi ha ribadito che “nel complesso, considerando le medie di tutti i sondaggi pubblicati in luglio, ai tre partiti di centrodestra (FdI, Lega, FI) viene attribuito circa il 46% delle intenzioni di voto sul piano nazionale, al complesso dei soggetti di “centrosinistra” [in qualche modo prossime al PD: Sinistra, Verdi, Azione (Calenda), Italia Viva (Renzi), Insieme per il Futuro (Di Maio)] viene accreditato circa il 36% delle intenzioni di voto (avevano preso il 30% alle europee), al M5S circa l’11% (aveva ottenuto il 17%)”.
E badate che in questi dati del centrosinistra vi è anche “Italia Viva” e a queste considerazioni l’Istituto Cattaneo faceva seguire la stima della distribuzione complessiva dei seggi per la Camera dei deputati in base alla distribuzione territoriale del voto registrata alle Europee 2019 e dei sondaggi sulle intenzioni di voto per i partiti del luglio 2022.
Nel proporzionale 96 seggi al centrosinistra, 28 alle 5 S, 121 al centrodestra, per un totale di 245 seggi. Nell’uninominale, 42 seggi al centrosinistra, 0 alle 5S, 103 al centrodestra e 2 ad altri per un totale di 147 seggi. All’estero, sarebbero 3 seggi al centrosinistra, 1 alle 5S, 4 al centro destra per un totale di 8 seggi. Quindi alla Camera sarebbero 141 seggi al centrosinistra (pari al 35,25% dei seggi), 29 alle 5S ( il 7,25% dei seggi), e 228 seggi al centrodestra (pari al 57% dei seggi) e 2 seggi (0,50%) ad altri per un tale quindi di 400 seggi (il 100% dei seggi della Camera.
Al Senato, nel proporzionale sarebbero 48 seggi al centrosinistra,13 alle 5 S, 61 al centrodestra, per un totale di 122 seggi. Nell’uninominale, 18 seggi al centrosinistra, 0 alle 5S, 54 al centrodestra e 2 ad altri per un totale di 74 seggi. All’estero, sarebbero 2 seggi al centrosinistra, 0 alle 5S, 2 al centro destra per un totale di 4 seggi. Quindi al Senato sarebbero 68 seggi al centrosinistra (pari al 34% dei seggi), 13 alle 5S ( il 6,5% dei seggi), e 117 seggi al centrodestra (pari al 58,5% dei seggi) e 2 seggi ad ltri (paroi al 1%) per un tale quindi di 200 seggi (il 100% dei seggi del Senato).
In definitiva, secondo questo studio, ci sarebbero 345 parlamentari del centrodestra (57,50% dei seggi), 209 parlamentati al centrosinistra (34,83% dei seggi), 42 alle 5S (7%) e 4 ad altri (0,67%) su un totale di 600 deputati e senatori.
E tutti questo dati – lo ripeto – comprendono tutto il centrosinistra, Italia Viva compresa.
Ma forse il vero obiettivo dell’accordo era un altro: la suddivisione dei candidati nei collegi uninominali attribuendo il 70% ai Democratici e Progressisti e il 30% ad Azione/+Europa. Gli ultimi sondaggi SWG danno il Pd al 23,7% e Azione/+Europa al 6,8% (la somma fa 30,5%) per cui il rapporto dovrebbe essere 78/22.
Ma si sa nel PD, sono generosi. Anche perché dalle scelte fatte, temo che il vero obiettivo del PD (non dichiarato, ovviamente) non sia quello di battere il centrodestra e di fare una coalizione di governo, ma di essere il primo partito davanti a Fratelli d’Italia. Che come dicono a Milano, piuttosto di niente, è meglio piuttosto.
E poi da qui al 25 settembre ci sono 53 giorni e speriamo che le sorprese positive non manchino.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(mercoledì 3 agosto 2022)