Certo che la situazione diventa davvero singolare e paradossale. Finalmente, c’era la possibilità, non dico di vincere, ma almeno di insidiare il primato del centro destra, attraverso un’ alleanza PD e Azione/Italia Viva, ed ecco che Calenda, invece di aprire un dialogo con il PD, butta addosso al PD la autocandidatura della Moratti, che nessuno, con un minimo di razionalità politica, potrebbe pensare che possa essere accettata dal PD.
Ma se volevano fare davvero una alleanza tra Terzo Polo, Moratti e PD, per battere il centrodestra, Calenda e Moratti non potevano chiedere degli incontri politici prima di lanciare la candidatura?
Una autocandidatura non è uguale a una candidatura
Posso capire l’ambizione della Signora Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, (72 anni), posso capire la sua ripicca contro il centrodestra, contro Berlusconi, Salvini e Meloni che non hanno mantenuto le promesse fatte, di farla diventare Presidente in cambio del suo soccorso alla Giunta di centrodestra del Pirellone.
Capisco anche che la Signora abbia le risorse per realizzare il suo egotismo da leader, che non ammette altra collocazione che quella di capo.
Capisco anche la campagna mediatica per cui si usano argomenti del tutto opposti: bisogna prendere la Moratti, per pescare nell’elettorato di centro o di destra, perché è poco di destra, oppure perché è ancora molto di destra; il servilismo di alcuni commentatori o intellettuali è una tradizione italica, peccato però che lei stessa dichiara, mentendo, di non essere mai stata di destra, ma da “sempre civica”.
Capisco anche che il PD è in preda a una confusione assoluta, sancita anche dalle uscite, fuori luogo, dei vari Zanda, Pinotto, che non sanno nulla di Milano e della Lombardia, ma parlano, perché si sentono portatori di un acume politico che gli elettori non hanno capito.
Capisco anche quelli che vogliono salire sul carro di quello che pensano sia il carro del vincitore, o della vincitrice.
Fino ad ieri c’erano quelli contrari ai partiti “personali”
Capisco anche che le posizioni di quelli che fino ad ieri erano contro la “personalizzazione” dei partiti e della politica e che oggi con grande coerenza sostengono l’atto personale e personalistico di una autocandidatura, che vorrebbe partiti e gruppi sottomessi alla sua decisione. Si noti che la Signora ha preparato il simbolo, la sua lista e il suo programma da tempo, preparandosi al no del centrodestra alle sue richieste.
Capisco anche quelli che parlano di “pregiudizi della sinistra” se un partito, il maggior partito di opposizione, manifesta una questione di dignità, che non può essere stravolta da personalismi e da ambizioni personali, per di più disgiunti da una politica palese e chiara di dissociazione dal centrodestra.
E capisco anche che, per dirla con Ovidio, “tempus edax rerum”, il tempo divora tutte le cose: e quindi possiamo benissimo dimenticare come la Moratti ha fatto il ministro dell’Istruzione, o il presidente della Rai o il sindaco di Milano.
Posso anche capire perché gli articolisti pro Moratti non esaminino la sua attività negli ultimi due anni, alla sanità in Lombardia. Ma qui sta il punto principale, a mio parere.
Che cosa ha fatto Letizia Moratti in questi due anni come assessore al Welfare della Giunta di centrodestra?
Fare peggio di Gallera era operazione impossibile per chiunque.
Ma Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti ha rilanciato la sanità pubblica ? Ha lanciato i presidi territoriali di prevenzione, cura e riabilitazione, una operazione che la vicenda del Covid ci ha indicato come prioritaria? Le liste di attesa per avere visite specialistiche si sono ridotte?
Potrei continuare nelle domande, ma la sintesi è questa: si è creata nell’azione di governo una intesa, o un rapporto di collaborazione tra il suo assessorato e il PD ? Ci sono state proficue aperture, non dico di accordo, ma almeno di avvicinamento sulle scelte politiche e di gestione della sanità e del welfare tra l’assessore Moratti e il PD? C’è stato un tentativo della Moratti di dialogare e trovare una sintesi tra la maggioranza e l’opposizione? C’è stato l’inizio di un futuro percorso comune, nell’interesse dei lombardi ?
Se la Lombardia è riuscita a risollevarsi lo dobbiamo alla campagna di vaccinazione di Figliuolo; ricordo anche che Bertolaso, prima di tutti quelli della Giunta Fontana-Moratti, denunciò l’inefficienza e l’inefficacia del sistema informatico della Regione Lombardia.
E confesso che non mi sono sembrate neanche lontanamente “socialdemocratiche” le uscite della Moratti per la distribuzione dei vaccini con il criterio del prodotto interno lordo delle diverse regioni: subordinare ai dati economici il diritto alla vita di tutti, la necessità di azzerare il numero delle vittime, e l’esigenza di decongestionare gli ospedali, è sembrata a tanti, persino a quelli del centrodestra, una proposta fuori luogo e imbarazzante.
Personalismi e politica
Che cosa ha fatto dunque la Signora Brichetto Arnaboldi Moratti per pretendere che di punto in bianco il PD appoggi la sua scelta personale, non condivisa né discussa con il PD? Basta una dichiarazione dell’ultimo momento per esprimere un ravvedimento sulla politica sanitaria e sulla personale collocazione storica nel centrodestra ?
I “ravvedimenti operosi” dell’ultimo momento non sono tanto capiti dai cittadini, che infatti non hanno perdonato Di Maio, “rinsavito”, un giorno prima delle elezioni.
Per inciso, ma chi ha sostenuto nel Pd la scelta di Di Maio di uscire dalle 5stelle? E non si dica che i vertici del Pd e i “governisti” del Pd non ne sapevano nulla.
I sindaci del PD, meno uno
Comunque, bene hanno fatto i sindaci, espressione del PD, a dire che sono pronti a discutere con il Terzo Polo, una volta sgombrato il campo dalla autocandidatura della Moratti. Suona male che Sala non abbia firmato questa dichiarazione politica, e suonano anche peggio le motivazioni per cui non ha firmato non essendo iscritto al PD. E forse è vero quello che qualcuno ha detto l’altra sera in una conferenza, che Sala si appresta a fare l’endorsement per Letizia Moratti. E allora tanto vale, dice un mio amico, scaricare il direttore generale della Moratti e prendere ordini direttamente dal suo ex datore di lavoro.
Ma a parte il metodo, che conta anche in politica, siete proprio convinti che la autocandidatura Moratti serva a vincere in Lombardia? O non pensate che possa apparire agli elettori come una voltagabbana, che lascia il centrodestra perché non l’hanno accontentata?
La Moratti vince?
Siete sicuri che a Milano abbia lasciato un buon ricordo tale da consentirgli di vincere, almeno a Milano? Ricordo che prese 353.410 voti nel 2006 e nel 2011 ebbe 273.401 voti, perdendo rispetto a cinque anni prima 80.000 voti. Nel 2006 la Moratti ebbe 33.923 voti più del suo avversario, Bruno Ferrante; nel 2011 la Moratti prese 42.461 voti meno di Pisapia. Si consideri che la sinistra nel 2006 prese con Ferrante 319.487 voti e nel 2011 con Pisapia prese 315.862 voti. Tanto che è facile dire che nel 2011 non vinse la sinistra, ma perse il centrodestra a guida Moratti, nonostante la sua straordinaria simpatia e la assegnazione dell’Expo.
Ricordo anche che Albertini, nel 2013, quando si candidò per la Regione, prese a Milano città, 41.957 voti pari al 5,9% e in Regione 236.392 voti pari al 4,12%, con uno 0,06% in più della coalizione che lo sosteneva (Lombardia Civica Albertini Presidente e UDC) che fece il 4,06% dei voti validi, senza nessun eletto.
Tutto può succedere in politica, e nelle elezioni in cui l’elettorato è molto mobile e si sposta con facilità verso quelli che appaiono meno compromessi con il passato di governo o che danno una speranza di cambiare le cose,
Comunque, i dati delle ultime elezioni politiche impongono anche al centrodestra una qualche riflessione: perché un conto è difendere il candidato (di Salvini) dalle mire “espansionistiche” di una autocandidatura, e un’altra cosa è chiudere un quinquennio non certo brillante, non solo per la vicenda Covid.
Le elezioni regionali 2018
Per ricapitolare, nel 2018 Attilio Fontana ha vinto con il 49,75% dei voti validi (coalizione 51,26%), Giorgio Gori ha preso il 29,09% in Lombardia (coalizione 26,99%) e Dario Violi (5 S) ha preso il 17,37 (le 5S, il 17,81%).
Avevano votato il 73,10% degli elettori.
La Lega aveva preso il 29,65% dei voti (e alle politiche 2018 il 28%, scesa oggi al 13,26%), Forza Italia il 14,32% (13,88% alle politiche 2018, oggi al 7,87%) e Fratelli d’Italia il 3,64% (alle politiche 4,04%. esplosa oggi al 28,50%).
C’è da non credere che Fratelli d’Italia sia aumentata del 24% in cinque anni, segno che anche in Lombardia, sia pure all’interno della stessa coalizione, c’è una forte mobilità: scambio interno tra Forza Italia e Lega prima, cioè nel 2018, e adesso nel 2022 fra Lega e Fratelli d’Italia, con una riduzione progressiva di Forza Italia.
Alle politiche del 25 settembre, hanno votato il 70% degli elettori; il centrodestra ha preso il 51% dei voti validi (il 34% dell’elettorato), 2.560.790 voti: ovvero, 1,2 milioni di voti in più del centro sinistra e 2 milioni di voti in più di Azione/Italia Viva.
Infatti, il centrosinistra ha preso 1.352.145 voti pari al 27% dei voti validi (il 18% degli elettori) e Azione/Italia Viva hanno preso 522.377 voti pari al 10% dei voti validi (il 7% dell’elettorato).
Si aggiunga che le 5S hanno preso 378.885 voti pari al 7% dei voti validi e il 5% degli aventi diritto al voto.
Ora si consideri che la differenza tra il centrosinistra e Azione Italia Viva è di oltre ottocentomila mila voti
La Lombardia non è Milano
Gli elettori milanesi sono il 12,63% degli elettori lombardi e i voti validi milanesi sono, in generale, il 12% dei voti validi lombardi.
Alle politiche di settembre, alla Camera, il centrosinistra a Milano ha preso il 38% dei voti validi, e in Lombardia (compresa Milano) il 27%
Il centrodestra a Milano ha preso il 34% dei voti validi, in Lombardia il 51%.
Azione e Italia Viva hanno preso a Milano il 16% dei voti, il 10,3% in Lombardia.
E le 5Stelle hanno preso l’8% a Milano città, e il 7,5% in Lombardia.
Il PD insieme con Azione/Italia Viva ha quasi 700.000 voti in meno del centrodestra. Se mettiamo insieme il PD con Azione/Italia Viva e con le 5S, questa ipotetica (irrealistica e non auspicabile) coalizione ha oltre 300.00 voti in meno del centrodestra.
Pensando invece ad una colazione auspicabile, Calenda-Renzi con il Pd, costoro vincerebbero mantenendo i voti presi alle politiche di settembre, se il centrodestra perdesse 687.000 voti e scendesse al 37%. Se vanno separati, il Pd dovrebbe conquistare 522.000 voti in più per battere da solo il centrodestra, fermo al 37% e Calenda/Renzi/Moratti dovrebbero conquistare 1.352.000 voti in più del voto ad Azione/Italia Viva per battere il centrodestra sceso in questo scenario al 37%.
Ricordo poi due cose; in Lombardia vince al primo turno chi ha più voti del concorrente, e, se non ricordo male, con una percentuale sotto il 40% si conquistano il 52% dei seggi del Consiglio regionale. Perché una assemblea legislativa abbia questo meccanismo elettorale per me è un mistero, visto che le assemblee legislative dovrebbero essere per loro natura “rappresentative”. E mi sembra una follia la legge elettorale per le regionali, come peraltro quella per i grandi Comuni: un omaggio alla “democrazia plebiscitaria degli esecutivi di minoranza” a scapito della rappresentanza e dell’equilibrio dei poteri.
Un candidato autorevole per unire
Detto questo, mi sembra che la soluzione, unica possibile per tentare di battere il centrodestra, sia una coalizione PD/Italia Viva/Azione con una forte personalità unitaria.
Oggi la autocandidatura Moratti, con la campagna mediatica connessa, sembra rivolta a dividere il Pd, più che essere una candidatura contro il centrodestra. Con la Moratti, forse Calenda e Renzi pensano di gonfiare, di drogare il loro risultato delle politiche, ma non consolidano un percorso politico e dividono solo il fronte possibile contro il centrodestra in Lombardia. E il Pd rischia di racchiudersi su se stesso in una logica perdente, risultato di ambizioni personali e di carrierismi che nulla hanno a che fare con la politica. Maturano nel PD candidature che non hanno la forza di imporsi al di là della propria cerchia di consensi, e in qualche caso anche con il rischio di ridurre i consensi. Se per esempio ci fosse una candidatura troppo sbilanciata a sinistra, è ovvio che una parte dell’elettorato riformista del Pd sceglierebbe altre strade, fra cui l’astensione.
I problemi del Pd
Non sono mai stato iscritto al PDS, ai DS, al PD. Non è la sinistra, riformista, socialista democratica europea, che avrei voluto, fino dal 1989. E il PD ha fatto tanti errori a Milano, in Lombardia come a livello nazionale. Il PD non ha una linea politica e una strategia con cui gli altri devono confrontarsi ma è il Pd ad essere sballottato da tutte le parti, dopo la sbornia governista ( 8 anni di governo su 9 di legislatura). E il “congresso” come è impostato non aiuterà certo il PD ad uscire da una condizione di subalternità, anzi il rischio è quello di una esplosione.
Ma pensare che la crisi del Pd, evidente, si risolva con l’accettazione della candidatura della Moratti appartiene a una idea di fare politica che è proprio quella che ha portato il Pd a farsi del male. Il nome del candidato viene prima di qualsiasi scelta politica e programmatica. Le ambizioni e i calcoli personali, l’anteporre le esigenze di carriera individuale al disegno politico e alle scelte generali sono quelle che hanno portato anche ad inventare trucchi, trucchetti, per evitare i confronti politici reali.
Le primarie come soluzione “democratica e popolare” in realtà demagogica e giocata per grande parte sulle truppe cammellate, per dirimere questioni politiche irrisolte, o per dare investiture a questo o a quel personaggio.
Quanti segretari sono stati “benedetti” con le primarie e che fine hanno fatto? E perché in alcuni casi si fanno le primarie e in altri no, per esempio per deputati e senatori? In questo momento, per esempio, c’è un fiorire di nomi per la segreteria del PD, anche di non iscritti al PD, ma non si capisce come e quando si discuterà di politica, di valori, di ideali, di strategie, di programmi e di progetti. Un segretario nominato dalle primarie è stato sostituito in mezza giornata dopo che si era dimesso vergognandosi pubblicamente del partito che dirigeva. Cose dell’altro mondo. E adesso Zingaretti fa il deputato e il Presidente di Regione in uno stato di incompatibilità di legge: non sono le persone al servizio delle istituzioni, ma le istituzioni sono piegate ai disegni delle persone.
E i tanti “amici” del Pd, oggi spingono per il suicidio del PD, che peraltro in Lombardia e a Milano ha fatto di tutto per non contare nulla: nessuna iniziativa politica degna di questo nome. E anche quando le scelte del Sindaco di Milano apparivano chiaramente sbagliate e dannose per la città, il silenzio del PD è stato imbarazzante, perché sulla politica hanno prevalso i calcoli personali o le scelte romane.
“Il “verticismo” romano
Per favore basta con il verticismo, di cui è stata espressione la falsa candidatura di Cottarelli: che accetta il posto al Senato, ma non quello di correre per la Regione.
Verticismo di cui è espressione questa uscita di Calenda e di Renzi a sostegno della Moratti. Capisco l’euforia del risultato delle politiche, ma la scelta “verticistica”, senza alcuna consultazione aperta a iscritti e simpatizzanti della lista Azione Italia Viva, fa fare dei passi indietro ad un progetto politico, che assume oggi le sembianze di una “operazione di potere”.
Invece di consolidare un percorso politico liberale-riformista si compie una pura “operazione di potere”, sostenendo una persona che non ha mai dato, se non l’altro giorno, una dimostrazione di autonomia e di giudizio politico autonomo sulle vicende politiche nazionali e lombarde. Capisco se Letizia Moratti avesse appoggiato un mese fa le liste di Azione e Italia Viva, ma così, dichiarando di avere già il simbolo e la lista autonoma, mi sembra una mossa autopromozionale, con la copertura di chi crede di farsi spazio sulle macerie del PD.
Le scelte del PD
Capisco anche che invece dei ragionamenti politici, nel Pd scattino delle ambizioni e dei sentimenti personali che portano a rifiutare il pressing per la Moratti.
Pier Francesco Maran (42 anni) non è stato fatto deputato ed è già al terzo mandato da assessore, che, dalle elezioni municipali, non sta facendo. Ma pensare di premere sulle “primarie” per avere il consenso della base del PD e candidarsi a Presidente, è una soluzione per la persona, non per il partito. Diciamolo schietto: con la candidatura di Maran a Presidente della Regione, si libera un posto in Comune (Filippo Barberis 39 anni, scalpita e ambisce, ma Sala di solito sceglie i non consiglieri); Maran candidato Presidente non farebbe concorrenza e non ruberebbe le preferenze al consigliere regionale uscente e ricandidato Pietro Bussolati (40 anni), poiché Maran e Bussolati sono dello stesso circolo del Pd. E infine Maran candidato Presidente lascerebbe aperta la porta al rientro di Pierfrancesco Majorino (49 anni) dal Parlamento europeo come autocandidato a successore di Sala.
Una proposta
Ora in tutti questi scenari, si dimentica una cosa: chi sarebbe il candidato che potrebbe contribuire a battere il centrodestra, azzerando il nome della Moratti, e cercando una intesa tra PD e Terzo Polo? A me sembra che la vera carta da giocare sia quella di una personalità lombarda, affermatasi anche sul piano nazionale.
Se si ragionasse per il presente e per il futuro, sarebbe cosa buona e giusta puntare su un autorevole rappresentante del PD, che possa correre con qualche chance per la Presidenza e comunque, rimanendo in consiglio regionale della Lombardia, possa far crescere un gruppo dirigente all’altezza della complessità politica, sociale, economica, ambientale e culturale della Lombardia. Che detto in chiaro, mi sembra quello che manca attualmente. Troppe volte si sono collezionati candidati che una volta persa la partita, si sono dileguati e non hanno contribuito a fare crescere una opposizione con la cultura di governo di cui avrebbe bisogno il PD e la stessa Lombardia.
Per inciso, trovo autolesionista che in commissione cultura della Camera e del Senato non ci sia un rappresentante del PD della Lombardia, la regione con l’attività culturale più rilevante d’Italia.
Certo il rischio è quello di perdere, ma per il futuro del Pd in Lombardia, bisogna compiere una scelta coraggiosa, che magari è in contrasto con l’interesse personale e con le aspettative politiche degli interessati.
Oggi si deve chiedere a tutti di compiere atti di generosità al servizio del PD, del centrosinistra e del polo liberal democratico e dei cittadini lombardi che sperano in una sinistra di governo.
In Regione Lombardia, come in Comune a Milano, si può giocare un ruolo politico nazionale importantissimo. Ed uno dei problemi del PD è quello di non avere a Milano e in Lombardia una classe dirigente, autorevole perché autonoma e collegata profondamente con il territorio, non solo con i circoli, ma con la realtà lombarda. Troppo spesso deputati senatori, consiglieri regionali e comunali (con poche lodevolissime eccezioni) aspettano di essere interpellati, non sono loro che vanno ad interpellare, ad assumere di loro iniziativa una causa, un problema, un progetto, che nasce nel territorio.
Le liste hanno bisogno di persone radicate nel tessuto sociale, economico, culturale della regione: meno carrierismo e meno arrivismo, e più realtà lombarda. E una forza di sinistra, socialdemocratica, non può che proporre un programma che punti alla produzione di ricchezza, alla distribuzione della ricchezza, alle pari opportunità per tutti, superando le disuguaglianze che sono cresciute in questi anni, in una dimensione europea del ruolo economico, sociale, civile ambientale e culturale della Lombardia. È qui in Lombardia, senza schematismi, senza estremismi, ma con gradualità, che le forze liberali, socialiste, democratiche possono declinare l’economia verde e l’economia blu, la giustizia ambientale e la giustizia sociale.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(domenica 13 novembre 2022)