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La degenerazione urbana e l’extraterrestre (5)

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In questi giorni ho letto, con grande stupore,  l’intervista ad un extraterrestre, il quale, secondo “Repubblica” dice che “la politica deve disegnare  una regia e chiedere ai fondi immobiliari di orientarsi non più solo secondo le regole del mercato, ma anche secondo quelle dello sviluppo sociale della città” L’extraterrestre sta “facendo  il punto sulle priorità che dovrebbero guidare i grandi progetti di riqualificazione. Dall’ex area Falck Sesto San Giovanni, dove sta andando in scena una sfida tra i colossi del settore, al dismesso Farini sul quale Ferrovie è a caccia di sviluppatori.”

Naturalmente “Repubblica” non chiede a costui dove era negli anni precedenti e che cosa faceva: costui non è un extraterrestre capitato per caso a Milano, è stato in Giunta per dieci anni,  è stato anche assessore all’Urbanistica. Costui  interviene oggi dopo che ha contribuito a far scappare i buoi (compresi gli scali ferroviari, Farini in primis), dopo che, con continuità con le  precedenti Giunte di centrodestra, ha dato mano libera al capitalismo rapace dei fondi immobiliari.

Ho la netta convinzione che molti degli  interventi urbanistici, dalle giunte Albertini a quelle di Sala, siano stati gestiti in funzione  di un capitalismo ossessivamente predatorio,  alla ricerca dell’utile immediato, di un capitalismo finanziario e immobiliare, indifferente alla realtà locale e al contesto che  circonda le loro operazioni.

E oggi, come piovuto da un altro pianeta, l’assessore alla Casa ci dice una cosa che avrebbe dovuto fare lui e il suo partito da decenni. Partito  che invece si è arreso all’assalto dei fondi immobiliari, finanziari, assicurativi e bancari, senza fare politica e senza combattere le disuguaglianze.   Ancora recentemente lui e buona parte del suo partito hanno assecondato progetti di speculazione edilizia sulle aree pubbliche di San Siro, bollando quelli che si sono opposti,  come la vecchia sinistra trinariciuta.

 Le disuguaglianze sono diminuite o sono aumentate ?

In questi trent’anni di governo del territorio cittadino le disuguaglianze sono aumentate e i costi sono stati scaricati sui cittadini, giovani anziani, lavoratori dipendenti e ceto medio. Di più, quella gestione urbanistica ha allontanato da Milano,   i ceti meno abbienti, e gli stessi ceti medi, mentre in nome di una città “green” si cementificava a dismisura (e cosa che continuerà con l’operazione degli scali ferroviari, realizzata dalle giunte di “sinistra”) e si fa pagare l’inquinamento con le aree B e C a coloro che vengono in città a lavorare e  produrre ricchezza o si producono piste ciclabili (improbabili) a scapito dei pendolari, senza aumentare la rete di trasporto pubblico urbano. Ricordo che è considerata urbana la dimensione di una area raggiungibile con il trasporto pubblico nel giro di un’ora.

E naturalmente, al Sindaco non interessa la dimensione politica, sociale, economica e culturale dell’area metropolitana, né sembra interessare al PD, forse in relazione al fatto che ha perso la gestione amministrativa della maggior parte dei comuni metropolitani. Ma anche quest’ultimo fatto politico  per cui il centrodestra amministra la stragrande maggioranza dell’area metropolitana milanese, sembra non interessi al PD milanese e metropolitano, che si culla nell’illusione di aver in pugno Milano. Non si rendono conto che è finita la fase del “modello Milano”, tanto sbandierato, quanto fasullo. Un modello, che dietro il luccichio dei grattacieli, dietro il fumo del nuovismo a tutti i costi, dietro le lucciole del moderno omologato alla globalizzazione, ha tentato di nascondere un decadimento della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, ha demolito la cultura del Comune al servizio dei cittadini e ha impoverito il patrimonio pubblico, conseguito in tanti anni prima del fascismo e dopo il fascismo con la ricostruzione del dopoguerra.

Grossi problemi in vista

Una economia cittadina e metropolitana  che si sviluppa attraverso la produzione di disuguaglianze quasi inevitabilmente genererà grossi problemi.

Per la stessa economia di mercato, le disuguaglianze sono irrilevanti fino a quando  producono a livello globale più risultati negativi che positivi.

Per l’economia del libero mercato, senza regole,  è importante che il numero dei consumatori potenzialmente interessati ai prodotti resti abbastanza grande  E finché crescono i redditi reali ( in media) va tutto bene per la economia urbana.  Ma quando subentrano problemi di inflazione (10%), di aumento del costo dei mutui, e fenomeni di recessione, e il mercato è saturo di beni immobili, contenuti in strumenti finanziari, dietro l’angolo si profila la bolla immobiliare .

In un quadro di libero mercato, fiorente, e senza regole,  si assegna allo stato, assistenzialista,  o comunque all’intervento pubblico, anche comunale,  un certo numero di persone, povere o “disagiate”. Ma se non si pensa per tempo, alla edilizia economica e popolare, a prezzi contenuti per i redditi sotto la media, le disuguaglianze rischiano di esplodere, di creare ghetti di povertà e degradi, urbani e sociali, sempre maggiori.

In verità, in questi anni,  le disuguaglianze sociali e ambientali sono aumentate, e chi ne fa le spese è la gente meno abbiente, i giovani, gli anziani delle periferie e il ceto medio. Sarebbe troppo lungo qui analizzare le dimensioni di alcuni fenomeni che hanno investito in modo sperequativo i residenti, i pendolari, gli studenti e i “consumatori metropolitani”, quelli che con un anglicismo vengono chiamati “city users”.

Ora molti fenomeni urbanistici e ambientali vanno in una direzione che tende ad espellere residenti non sufficientemente abbienti, pendolari, lavoratori, e a conservare studenti e “consumatori metropolitani” (che magari comprano alloggio a caro prezzo a Milano, ma non ci vivono). Una città “mangificio” (bar, ristoranti, dovunque e comunque) e “spendificio” (centri commerciali, ovunque, sempre più grandi, in centro e nell’area metropolitana).

Ad un occhio superficiale, Milano appare come una città dallo skyline moderno (grattacieli omologati al resto del mondo), in realtà ha una urbanistica che ha smarrito la sua dimensione sociale, per entrare nella dimensione globalizzante dell’economia di libero mercato, indifferente alle condizioni sociali del cittadino, ma attenta alla natura e al portafoglio del consumatore. (Salvo poi chiedere il tetto al prezzo del gas e della energia). È la città dei fondi immobiliari, del Qatar, delle banche e delle assicurazioni.

Insomma, dobbiamo festeggiare la città per ricchi che questi programmi immobiliari ci presentano?

Dove sta una politica riformista a Milano? Nei servizi sociali, nei servizi pubblici di trasporto, nell’assistenza sociosanitaria, nell’edilizia residenziale? Nell’ambiente urbano delle periferie ?

Naturalmente non c’è alla base neanche una idea dello sviluppo culturale di Milano, che ha sempre avuto nel binomio cultura-economia, produzione intellettuale e manuale, il patrimonio genetico della nostra città e dell’area metropolitana. E giustamente Antonio Calbi in una intervista pregevole su Milano, ci ricorda “Eppure, l’anima più autentica e antica di questa città è quella dell’inclusione, del civismo diffuso, ma in questo senso i passi da fare sono ancora tanti”.

Salvatore Veca,  nel suo ultimo articolo, su “Città” scriveva:  “La nuova Milano deve sorgere da un rinnovato contratto sociale con la natura. Il contratto sociale deve definire i principi di giustizia ambientale, che a loro volta coincidono con i principi di giustizia sociale…Un’ultima annotazione per i lavori in corso della città possibile: sono convinto che Milano potrebbe, grazie al patto tra il verde e il blu, avviare l’esperimento sociale di uno sviluppo economico incentrato sulla economia circolare, sull’economia verde , sull’economia civile, e soprattutto su un capitalismo paziente e non ossessivamente predatorio sul breve e sul brevissimo termine, come quello che ci è familiare e che ha perso le sue risorse di legittimità sociale. Come è facile vedere, c’è molto da fare qui, dalle parti ambrosiane”.

 Ma purtroppo, come dice un mio amico, le idee, da decenni, a Milano vengono dopo il mattone.

“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(domenica 19 marzo 2023)

1 thought on “La degenerazione urbana e l’extraterrestre (5)”

  1. Ezio ha detto:
    Marzo 19, 2023 alle 9:07 pm

    Bravo Milano deve essere partecipata, non ‘occupata’ .

    Rispondi

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