È di questi giorni la notizia che l’Arma dei Carabinieri ha acquistato 250 auto dalla Toyota giapponese.
Che dice in proposito il vicepremier, quell’ineffabile personaggio che, in nome dello slogan “prima gli italiani”, ne sta combinando di ogni, e sempre di male in peggio?
Ma che vuol dire “prima gli italiani”? Per la fila all’ingresso degli stadi? Per il lavoro che non c’è o per quei mestieri che nessuno vuol fare? O per andare alla messa?
Provate ad andare in Francia, ma lo stesso vale per il Giappone o la Germania. Non c’è auto in dotazione alla pubblica amministrazione di quei paesi, che non sia di produzione nazionale.
Vedremo adesso cosa comprerà l’altro ineffabile ministro dello sviluppo, e anche lui vice premier, che ha deciso di acquistare qualche migliaio di auto blu, alla faccia della ossessiva battaglia di bandiera condotta per anni dai Cinque stelle, contro, appunto, le auto blu. Ma ormai ci hanno abituato a questi tradimenti, ideologici e pratici.
Ebbene, si sa che il settore automotive rappresenta ben oltre il 10% dell’intera industria manifatturiera, e ben oltre il 5.5 del PIL.
Come è noto, è un settore in grave crisi in questi ultimi anni, incidendo pesantemente sull’intera economia. Anzi, con le costruzioni, l’automotive, considerata l’intera filiera, compreso l’indotto, costituisce il più importante indicatore semiologico economico.
Le vendite sono in forte frenata, e, quello che è ancora peggio, l’industria italiana dell’automobile sta perdendo anche nel mercato interno, come dimostra la caduta delle immatricolazioni di auto italiane rispetto a quelle straniere.
E il signor “prima gli italiani” che fa? Fa la guerra, spietata e crudele, a qualche povero immigrato che fugge dalla fame e dalla guerra vera, perché, dice, minaccia i posti di lavoro degli italiani. E intanto decide di sostenere l’industria automobilistica giapponese, preferendola a quella italiana, che ha davvero problemi di occupazione, con qualche stabilimento chiuso e operai in cassa integrazione.
Lo sanno tutti, meno che lui.
Al di là dell’entità della commessa, è comunque un segnale davvero disperante, perché ci dà ancora una volta conferma della totale mancanza di sensibilità e consapevolezza sui problemi veri della realtà, da parte di chi ci governa.
In questo caso, non vale lo slogan tanto fortunato per i gonzi, che beatificano chi lo propugna.
L’errore che continuiamo a fare noi, non solo come intellettuali, ma come persone di semplice buonsenso che vorrebbero anche un po’ di onestà vera e di elementare coerenza, è quello di non riuscire a sopportare tutte le contraddizioni e gli imbrogli che ci propinano ogni giorno. Sono fatti così. Sono andati al governo così. E dobbiamo consumarceli così, finché non riusciamo a cacciarli.
Confermano solo ogni giorno, che quello che conta per loro, non è il bene delle persone, il destino del paese, ma solo il potere e tutto quello che serve a mantenerlo, usando ogni genere di artifizio verbale e di imbroglio pratico: autentici venditori di pentole che, per renderle più appetibili, talvolta aggiungono anche tegami e, addirittura, cuscini….come fa Pillon e le mille altre gabole che inventano ogni giorno, per distrarci dal problema vero e grande della crisi che incombe, e che solo il “premiernulla” non riesce a vedere, continuando a prenderci spudoratamente per i fondelli. Il giorno stesso che scrive, nel DEF, che reddito di cittadinanza e quota cento non daranno alcun contributo alla crescita, continua a ripetere come un mantra, da suonato, le fasulle previsioni dei mesi scorsi, affidando a questi due provvedimenti le prospettive di crescita del paese. Poveri noi! Ma che abbiamo fatto di male per meritarci costoro?.
È già, li abbiamo votati…dimenticavo…
Intanto “prima i giapponesi”…Arigatò.
Anonimus