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Una bella sfida

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Quella che sembrava una pura avventura elettorale sta trasformandosi in un partito politico. Non è una operazione semplice partire da una intesa elettorale tra Emma Bonino e Bruno Tabacci ed approdare alla sintesi unitaria di un partito, con una propria identità, culturale e progettuale. Già è un fatto rilevante che “+Europa” sia stata ammessa in una delle grandi famiglie politiche europee: l’Alleanza dei liberali e dei democratici per l’Europa, ALDE.  La formazione è diventata popolare per l’intervento del capogruppo Guy Verhofstadt in occasione del discorso del premier italiano al Parlamento europeo. Al di là del “burattino” su cui i media si sono soffermati, il discorso di Verhofstadt ha richiamato l’importanza del ruolo dell’Italia nella costruzione dell’Europa e l’apporto che l’Italia ha dato (citando Altiero Spinelli, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, Mario Draghi ed Emma Bonino) e deve dare allo sviluppo dell’Unione europea.  E di sicuro nel prossimo Parlamento europeo, che vedrà l’assenza dei rappresentanti del Regno Unito, sarà decisiva la presenza dell’area liberal democratica. E in questo senso le elezioni del 26 maggio per “+Europa” sono un appuntamento importante per il suo ruolo in Italia e in Europa come forza autenticamente europeista.

“Nomen omen” dicevano i latini e nel caso specifico nel suo nome vi sono il programma di attività, i valori, e i progetti. Certo, per la sua identità, può contare sull’apporto dei suoi leader naturali, ma il percorso di amalgama e di integrazione di esperienze politiche e culturali diverse non è semplice e richiede la capacità di superare diffidenze e differenze. Già superare la dimensione del pubblico gruppo, o dei congressi con duecento persone per passare a una dimensione dieci volte maggiore, pone come indifferibile la necessità di superare le logiche di una visione autoreferenziale, che finisce per esaurirsi nelle piccole, modeste schermaglie interne. In questo senso, il forte discorso di Emma Bonino alla prima assemblea nazionale (trasmessa in diretta da Radio Radicale, che, in generale, svolge un ruolo pubblico che non realizza la Rai)  è stato un forte richiamo ad abbandonare ciascuno le ridotte e le fortificazioni precedenti, per avventurarsi in un campo aperto, in cui – per dirla con Pietro Nenni – non c’è il puro più puro dell’altro. Mettere insieme una cultura dei diritti (come quelli del fine vita o dei carcerati) con una idea dei doveri che è insita in una forza che vuole dare il suo contributo al rilancio dell’idea europea è impresa difficile ma affascinante. propria di chi pensa che sognare l’impossibile crei il concreto possibile. Ecco quindi l’aspirazione di fondere le esperienze radicali, cattoliche, liberali, socialiste, repubblicane e riformiste in un unico soggetto, con una propria fisionomia, che non si pone come l’anima bella della sinistra. Coniugare idealismo di varia origine con il pragmatismo dell’azione politica sul campo: questo sembra essere lo sforzo che molti interventi all’assemblea nazionale di “+Europa” hanno posto. Ho sentito mettere in rilievo, come aspetti programmatici qualificanti, il tema dell’occupazione femminile, della parità salariale, della produttività, dell’esigenza di una politica europea per il Mediterraneo e per l’Africa. Così il problema demografico in Europa insieme ai risvolti del boom demografico in Africa sono stati oggetti di riflessioni non banali, E per la prima volta ho sentito un intervento sul Mezzogiorno, non lamentoso nei confronti del Nord, ma teso a rivendicare il riscatto del Sud attraverso la lotta al malgoverno, al clientelismo, alla criminalità e parte di una politica europea.

Di fronte all’emergere di tante suggestioni programmatiche, giustamente è servito il convinto richiamo di Tabacci a darsi delle priorità politiche, che aiutino a non disperdere le energie e raggiungere dei risultati, spendibili sul piano del consenso politico ed elettorale, nel contesto di una situazione economica, sociale, istituzionale e internazionale preoccupante.

A cento giorni dalle elezioni, si pone a +Europa il problema di organizzarsi nel territorio, con una presenza diffusa, che consenta anche un’azione elettorale ampia per superare lo sbarramento del 4% alle elezioni europee. Nel dibattito è emersa la disponibilità a realizzare alleanze elettorali coerenti con la propria fisionomia di forza europea, non accettando ammucchiate contraddittorie o egemonie altrui o subalternità a disegni interni ad altre forze politiche. Certo, occorre affrontare questo tema con il giusto equilibrio tra orgoglio autonomistico e consapevolezza delle proprie dimensioni, ma certamente il meccanismo elettorale consente di fare operazioni unitarie serie senza pasticci mistificanti.

È una bella scommessa, che, se non viene trattenuta da tensioni interne, rivolte a un passato, più e meno puro, che non c’è più per nessuno, ha lo spazio politico per riuscire nell’impresa, Fa bene sperare che sia una forza nazionale ed europea (molti giovani iscritti vivono in Europa) e che quindi possa preservarsi dal romano-centrismo dei partiti, perché il “generone romano” è il male della democrazia italiana, come la Curia romana lo è per il Papato.

Luigi Corbani

 

2 thoughts on “Una bella sfida”

  1. Gianni Formigoni ha detto:
    Febbraio 23, 2019 alle 2:42 pm

    Si, una bella sfida quella lanciata da +Europa; ma riuscirà a coprire il vuoto che nella realtà italiana si è creato nel rappresentare il centro moderato di destra e di sinistra? Oggi il paese è governato da due estremismi, di sinistra con i 5s e di destra con i leghisti, e la maggioranza moderata non è rappresentata. Non vedo per ora un leader e un “partito” capace di aggregare questa parte di Paese per una politica pro Europa. +Europa potrebbe essere la forza capace di aggregare queste forze moderate purché non sia solo una operazione elettorale per portare qualche personaggio al Parlamento europeo.

    Rispondi
  2. Paolo Costanzo ha detto:
    Marzo 2, 2019 alle 11:35 am

    Grazie Luigi, sei riuscito a descrivere con una sintesi quello che io credo e spero diventi +Europa, un partito, una nuova offerta politica di cui il Paese ha bisogno e la cui assenza costringerebbe tanti cittadini a votare per differenza o addirittura non votare. Credo ci sia molto da lavorare, ma credo anche che il percorso da intraprendere sia quello da te descritto. Ora dobbiamo riempire il contenitore di contenuti tenendo presente che i giovani, ma anche i meno giovani e le migliori risorse umane e professionali del Paese hanno il desiderio di riaccendersi con entusiasmo Negli ultimi decenni, la politica si è disinteressata delle istanze liberali degli individui cedendo alle identità plurali che sono divenute corporazioni e si sono trasformate in centri di potere che si frappongono fra Stato e cittadini. L’esito di tale scellerata scelta, in molti casi mascherata da politica liberale, ha determinato un’insopportabile burocratizzazione del Paese, l’incapacità di cogliere le sfide della modernizzazione, subendone gli effetti, il sacrificio del merito, a beneficio della relazione e dell’egualitarismo, e più in generale la soppressione dei diritti inviolabili dell’individuo. L’uguaglianza dei punti di partenza, il principio del minimo che è punto di partenza e non di arrivo, sono la necessaria premessa affinché l’affermazione delle migliori energie di intelletto e di organizzazione non rimanga soltanto una possibilità teorica, ma diventi reale e concreta. Crescita, sicurezza, coesione sociale e riduzione delle disuguaglianze presuppongono la cultura della verità, e non della notizia perché il cittadino deve agire informato, politiche di inclusione, perché l’incontro delle culture e delle conoscenze sono fonti di ricchezza, e allocazione efficiente delle risorse perché la ricchezza può essere redistribuita solo quando viene prodotta. In un Paese che investe nell’istruzione meno di quanto spende in interessi sul debito pubblico, in cui l’Europa è vista come l’Europa delle Patrie e non vi è la visione della Patria europea frutto di istanze federali, + Europa è l’unica organizzazione politica in grado di governare e vivere la democrazia come un progetto in costruzione in grado di correggersi.

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