Qualcuno ha scritto che i media sono una parte del problema italiano. Forse non è così, ma tuttavia vi è una narrazione delle vicende politiche che è inverosimile.
Si continua a parlare della crescita travolgente della Lega, una esplosione. Ma è davvero così o è solo nei sondaggi ?
Intanto i media, per correttezza di informazione, dovrebbero mettere in evidenza, nei sondaggi, quanta gente non si esprime o dice di non votare. Un sondaggio non è uguale al voto, e gli italiani poi tradizionalmente, in momenti di incertezza sociale e politica, non si esprimono in modo esplicito o sono davvero incerti fino all’ultimo.
Nei sondaggi, le percentuali dei partiti dovrebbero essere sul numero totale degli interpellati non solo sul computo di quelli che esprimono una preferenza di voto. Faccio un esempio: il 4 marzo 2018 hanno votato Lega 12 italiani su 100 (votanti totali pari al 71%); con la stessa percentuale di votanti, per fare il 34% ci dovrebbe essere 24 italiani su 100 che votano Lega (ovvero da 5,7 milioni a 11,2 milioni di voti). Se la percentuale dei votanti passa all’80%, la Lega per far il 34% deve avere 27 italiani su 100, che la votano (ovvero passare da 5,7 milioni a 12,7 con un incremento di 7 milioni di voti). In sostanza se ci fosse un incremento del 9% dei votanti, la Lega, per avere il 34% dei voti validi, dovrebbe fare il 122% in più del 2018, ovvero dovrebbe prendere mezzo milione di voti più di tutto il centrodestra del 2018. Un probabile impossibile. Ecco perché è fuorviante parlare di voti i senza fare riferimento al numero di coloro che sono interpellati e si esprimono, quando si presentano i sondaggi
Prendete le ultime elezioni italiane, regionali e comunali, che hanno una loro specificità che spesso si annulla nel fervore delle analisi politiche. Per inciso, d’altra parte, anche le elezioni europee vedono un comportamento dell’elettorato diverso da quello delle politiche, delle regionali e delle amministrative. Tuttavia, alle volte, è meglio vedere i dati elettorali che i sondaggi: almeno sono dati reali, non ipotetici. Ora, come voi sapete il Ministro dell’Interno, oltre a far lo show contro il 25 aprile, per dedicarsi proprio quel giorno alla lotta alla mafia, ha approfittato per fare la campagna elettorale (chi la paga?) in Sicilia dove si votava in numerosi Comuni. Comunque, nei cinque comuni siciliani dove si è presentata con il suo simbolo, la Lega è passata dal 6% delle elezioni politiche del 2018 al 9% delle comunali del 2019: un misero incremento del 3%. Tanto rumore per nulla si direbbe. Nei nove comuni in cui le 5S si sono presentate con il loro marchio hanno perso oltre il 32%, fermandosi al 11,92%. Nell’unico Comune dove il PD si è presentato a viso aperto, ha avuto un incremento del 4,14%: una rondine non fa primavera, ma è meglio di niente.
Da anni assistiamo ad un trasformismo politico diffuso, accentuato dai sistemi maggioritari locali, e un elettorato quanto mai variabile, in particolare al sud, sensibile alle promesse e al vento di “governo”: senza considerare il voto di scambio. In Sicilia poi si sono delineate anche nuove alleanze, inedite sul piano elettorale locale, regionale e nazionale, tra PD e Forza Italia,
Si conferma anche un’altra cosa: il selfie di Salvini a Bagheria (“Spettacolare !” “Bagno di folla per il Capitano”) non porta bene alla Lega (8,4, +2,65) e il Comune al primo turno passa dalle 5S al centrosinistra. Piazze piene, selfie tanti e urne vuote.
E lo confermano i dati delle sette regioni dove si è votato. E anche se i dati risentono dell’umore variabile dell’elettorato, i dati reali sono ben diversi dalla narrazione immaginifica dei media. La Lega nelle sette regioni in cui si è votato dopo il 4 marzo 2018 è arrivata solo al 20,65% con un incremento del 5,17%. Le 5 S sono scese al 12,76%, quasi il 22 % in meno. Insieme facevano il 50%, adesso sono al 33%. Si tenga conto che i voti validi delle regioni considerate sono il 10% del popolo votante in Italia: direi un bel sondaggio reale, non virtuale.
Ma anche sulle europee continua una mistificazione sul voto ai “sovranisti e alla “destra antieuropeista”: non basta il voto della Finlandia, della Slovacchia e della Spagna a dimostrare la pochezza della destra sovranista ? La Lega e le 5S in Europa non contano e non conteranno niente. Infatti, tutti i dati parlano di una area tra il 20 e il 25%, che non avrà nessuna incidenza sugli equilibri di governo delle istituzioni europee.
Il voto inutile è quello alla Lega e alle 5S che avranno un ruolo di pure testimonianza in Europa.
Ed è su questo che le forze politiche europeiste dovrebbero incalzare, e cercare di recuperare l’astensionismo, che rischia di essere il vero vincitore di queste elezioni europee. Il vero voto utile per l’Europa è il voto alle grandi famiglie europee, in particolare alle tre grandi famiglie storiche: popolari, socialisti, liberaldemocratici, che in Italia sono rappresentati da “+Europa”. Ed è davvero poca cosa dal punto di vista politico, la campagna di alcuni del PD di fare lo sgambetto a “+Europa” per non fargli prendere il quorum. Se “+Europa” non prende il quorum, il primo a rimetterci è il PD, dati alla mano, e il fronte europeista. Nel sistema proporzionale due liste, ben distinte nei valori e nelle ispirazioni, sono meglio di una lista sola, indistinta e confusa. Meglio due soggetti elettorali di una ammucchiata.
Luigi Corbani
Luigi non ricordavo che fosso un cosi bravo e convincente analista politico. Sono molto contento che sei tornato in attività così autorevolmente e lucido. Bravissimo un abbraccio da Giuliano