Com’è possibile che dopo dieci anni di politica monetaria espansiva l’Europa si trovi ancora a barcamenarsi con gli “zerovirgola” (in più o in meno) di crescita economica? e che i milamiliardi di Euro costantemente pompati dalla BCE non abbiano dispiegato espansione più solida e duratura e, in ultima analisi, maggior benessere diffuso? Perché la politica fiscale ha abdicato, affidandosi appieno alla politica monetaria.
Tanti guai di oggi (peraltro in gestazione anni addietro) esplodono con la crisi finanziario-bancaria del 2007-2009. Al panico creatosi sui mercati finanziari, le banche centrali delle principali economie (a partire da USA, area Euro, UK, Svizzera, Giappone) hanno reagito abbassando i tassi d’interesse e inondando i mercati di liquidità (discorso a parte, e articolato, la Cina). L’agenzia di rating europea Scope stima che l’aggregato di titoli governativi nei bilanci delle banche centrali di questi Paesi è aumentato di otto volte fra fine 2008 e fine 2018. Alla base dell’impostazione ultra-espansiva risiedeva anche la consapevolezza degli errori durante la crisi del 1929, allorquando le banche centrali (a partire dalla statunitense FED) adottarono politiche monetarie fortemente restrittive, che, col senno di poi, si ritiene abbiano molto contribuito a condurre il mondo intero nella successiva terribile Grande Depressione decennale.
In realtà, i Paesi dispongono di due ampi ambiti d’intervento: la politica industriale e la politica economica. Tralasciando il complesso dibattito attorno alla prima, la seconda consta di due direttrici: la politica monetaria e la politica fiscale; la prima è demandata alla banca centrale, la seconda al Governo. La teoria economica prevalente collega la crescita del PIL a (1) politiche monetarie espansive (in primis attraverso manovre sui tassi d’interesse a breve termine, in secundis grazie a operazioni di acquisto di obbligazioni (“Quantitative Easing”) e/o a (2) politiche fiscali espansive (riduzione della tassazione e/o aumento della spesa pubblica).
La politica monetaria. Circoscrivendo le riflessioni all’area Euro (19 Paesi), l’”era Draghi” è stata caratterizzata da politiche monetarie progressivamente ultra-espansive. Questo ha generato tre distorsioni non banali e non sopportabili a lungo, certamente messe in conto dalla BCE quale “minore dei mali”, se paragonate al baratro nel quale l’Europa stava realmente per precipitare a causa del deterioramento concatenato del merito di credito di banche e Stati: (1) rivalutazione di molte classi di attivi, a beneficio di chi codeste classi di attivi deteneva; (2) compressione (se non azzeramento) del premio per il rischio di credito; (3) preferenza per la liquidità. Trascuriamo qua il non secondario allargamento della “forbice sociale”. In realtà, sub (1) è un fatto che la massa di denaro creatasi con le politiche monetarie espansive da qualche parte dovesse riversarsi, alla disperata caccia al rendimento; sub (2) alla base dei meccanismi di allocazione delle risorse (tipicamente i mercati) risiede la correlazione fra rischio e rendimento: più un’attività è percepita rischiosa, più il debitore dovrà remunerare il creditore. Oggi spesso non è così, almeno sui mercati obbligazionari (bond). Forse uno dei pochi rischi di credito correttamente prezzato è il “rischio Italia”, cioè il rendimento che il nostro Paese deve offrire affinché le emissioni di proprio debito vengano regolarmente sottoscritte; sub (3) c’è poco da dire: perché debbo investire i miei danari in attività più o meno rischiose, se il rendimento che posso ragionevolmente attendermi è basso o addirittura negativo? Meglio tenere i danari sotto il materasso! Così ragionano gli investitori individuali, così potrebbero, almeno in parte, ragionare gli investitori istituzionali.
La politica fiscale. Su questo fronte vedo l’Unione Europea inceppata: da un lato i trattati e gli accordi sulla disciplina dei bilanci pubblici limitano le manovre espansive in deficit, dall’altro si auspica che i Paesi con conti in ordine espandano i propri nell’auspicio (speranza? certezza?) che effetti positivi promanino anche verso i Paesi con limitata o nulla flessibilità fiscale, via scambio di merci e servizi. Certamente il vischioso processo di costruzione della “casa europea” inizia a farsi sentire. Certamente i Paesi con elevato stock di debito pubblico (naturale pensare al nostro) non hanno sfruttato la lunga stagione di enormi “sconti” sulla spesa per interessi: un’occasione unica per ridimensionare lo stock di debito, visto che il rapporto debito/PIL è il primo parametro che non solo la UE (“i burocrati”) ma anche gli investitori vanno a monitorare scrupolosamente. In verità, non è solo l’Italia a ritrovarsi col bilancio pesantemente ingessato in spesa corrente, e dunque con limitatissimo margine di manovra per spese in conto capitale.
E così ci troviamo ad assistere con apprensione al secondo calo mensile consecutivo del PIL tedesco. Come se ne esce? Se i singoli Paesi continuano a dimostrare incapacità e miopia, che siano i nuovissimi Parlamento e Commissione Europei a dare una sterzata pesante e bonificare la palude economica e sociale: progetti pan-europei di ampio respiro e di lungo termine nelle infrastrutture, nell’istruzione, nella ricerca scientifica e nell’ambiente; piani colossali per la rigenerazione “green” degli edifici e delle città; accelerazione su tutti i diciassette obiettivi del Global Compact delle Nazioni Unite, così da divenire macro-area di riferimento per gli investimenti più attenti ai parametri ESG e per le localizzazioni produttive ad alto valore aggiunto; eliminazione degli arbitraggi fiscali fra Paesi; emissioni di debito a lungo e lunghissimo termine da parte della Banca Europea degli Investimenti. Non adagiamoci sulla promessa (speranza?) che la BCE sopperirà indefinitamente alle incapacità sul fronte fiscale pompando liquidità e riducendo i tassi d’interesse: il disperato passo successivo sarebbe trattarla come FED, Banca Centrale Turca, Banca d’Inghilterra e Banca del Giappone sono di questi tempi trattate dai propri capi di stato.
© Carlo Barbarisi
(lunedì 9 settembre 2019)