La dura lettera di Conte a Salvini sul caso della Open Arms è qualcosa di più di una reprimenda: a me sembra la dichiarazione che oggi non ci sono i margini per ricucire, a detta di Conte, e che quindi lui si dimetterà e aprirà lui la crisi, prima o dopo l’intervento al Senato. L’invincibile, il duro Salvini, che sfondava tutti i sondaggi, ha sbattuto violentemente la faccia contro il muro: fra un po’, dirà che lui ha scherzato, che lui non vuole la crisi, che va bene anche un rimpasto. Come ha capito che lo sbocco della crisi non sarebbe state le elezioni anticipate, è andato in confusione. Il “comiziante continuo” ha mostrato la corda: la politica è cosa diversa dalla propaganda, non assimilabile tout-court ai social. Anche il provocatorio discorso al Senato era l’espressione del comiziante, non del politico: e infatti si è portato a casa i voti dei suoi, e delle truppe di riserva (Forza Italia e Fratelli d’Italia) e nulla più. Anzi, ha scavato un fossato tra Lega e le 5S, e tra la Lega e il Quirinale. Fuori tempo massimo, ha voluto cercare di recuperare con le 5S, formulando una proposta non percorribile: “Ridurre i parlamentari e andare subito al voto”. Di fatti, a tale imbroglio non può starci il Quirinale: modificare la Costituzione, e aspettare 5 anni perché tale modifica produca i suoi effetti ha un aspetto paradossale e inaccettabile. Il grande Capitano, descritto dagli organi di informazione come astuto, furbo, è talmente spaventato di andare all’opposizione da uscire anche con affermazioni ridicole, come quella che si può fare a meno del governo per sei mesi, fino a dopo il referendum costituzionale. In questo momento poi, la lettera di Conte, la decisione del Tar del Lazio, l’intervento del Ministero della Difesa, la mancata firma di Toninelli e Trenta al decreto di divieto di sbarco alla Open Arms e alla Vikings Ocean, la decisione della Procura di Agrigento di aprire una inchiesta per sequestro di persona, mettono seriamente in discussione la linea propagandistica dei “porti chiusi”.
Ora, a meno di una giravolta a “370 gradi”, il 20 agosto si dovrebbe sancire la fine del governo giallo nero. Con le consultazioni del Presidente della Repubblica, per la Lega si prospettano tempi duri. Uno scenario potrebbe essere quello di un governo che porti alle elezioni, ma senza i Ministri leghisti. L’altra ipotesi è quella di formare un governo che si impegni su alcune cose precise per il bene dell’Italia: anche in questo caso è più probabile una intesa che escluda la Lega e le truppe di riserva del centrodestra (Fratelli d’Italia e quel che rimane di Forza Italia). Lasciamo stare le formule: governo di legislatura, istituzionale, ecc. che sono solo politichese. L’aspetto decisivo è che le forze del centro sinistra e il PD in particolare trovino una intesa con le 5S sulle cose importanti per il futuro del Paese: una presenza nella Commissione europea adeguata a rilanciare il ruolo dell’Italia nella costruzione degli Stati Uniti d’Europa; il passaporto europeo, come atto significativo di un processo unitario europeo; una manovra di bilancio che scongiuri l’aumento dell’Iva e tenga i conti pubblici in ordine; l’aumento degli scaglioni di reddito fermi al 2006 ai fini irpef e misure per risolvere il cuneo fiscale, e rilanciare l’occupazione; la revisione del regolamento di Dublino, e l’organizzazione europea di flussi immigratori legali e controllati; la costituzione di forze per la sicurezza europea, interna ed esterna; lo sblocco delle opere pubbliche, in funzione ambientalista e per l’equilibrio idrogeologico del territorio; incentivi per il rinnovamento tecnologico e l’aumento della produttività; incentivi per l’occupazione femminile e servizi per la maternità, in modo di incrementare la popolazione attiva; la riforma della giustizia con la separazione delle carriere e definizione dei processi brevi, delle intercettazioni telefoniche, e della carcerazione preventiva; riorganizzare il reddito di cittadinanza distinguendo tra il sostegno per i poveri e le misure per investire sulla formazione scolastica e sul rapporto scuola-lavoro, sulle domande di professionalità e sulla offerta occupazionale; la concessione dell’autonomia differenziata sul modello dell’Emilia Romagna, senza alcuna sottrazione di risorse al sud; la riduzione dei parlamentari e il conseguente referendum confermativo. Con coraggio, bisogna perseguire il bene del Paese e qui sta la differenza tra un politicante e uno statista: il politicante guarda alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni; il politicante guarda agli interessi del proprio partito, lo statista agli interessi del proprio Paese. E la questione della composizione del governo non è la cosa principale allo stato attuale.
“”La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(venerdì 16 agosto 2019)