Leonardo ha vissuto tre anni in Francia (1517-1519), mentre ha vissuto a Milano dal 1482 al 1500 e dal 1508 al 1513: quasi 23 anni. Per la storia, gli Sforza governarono il Ducato di Milano dal 1450 al 1499, poi ci fu la dominazione francese di Luigi XII dal 1499 al 1512; dal 1512 al 1515 tornarono gli Sforza ma sotto il controllo dei Cantoni svizzeri che avevano sconfitto i francesi; dal 1515 al 1521 tornarono i francesi con Francesco I di Valois, quello che ospitava Leonardo. Recentemente sono usciti due libri di Carlo Maria Lomartire, sugli Sforza e Il Moro, che si leggono con piacere.1. E vale la pena recuperare i cataloghi di due mostre straordinarie, fatte da Skira nel 2015: una sui Visconti e gli Sforza2 e l’altra su “Leonardo da Vinci 1452-1519: il disegno del mondo”3. Quest’ultima mostra era senza precedenti, per il numero di opere, tra dipinti, disegni e manoscritti, e per gli eccezionali prestiti provenienti da collezioni private e dai più prestigiosi musei e biblioteche del mondo come il Louvre, la National Gallery of Art di Washington, i Musei Vaticani, la Royal Collection di Windsor e la Pinacoteca Ambrosiana: c’erano, per citarne solo alcuni, trenta splendidi fogli del Codice Atlantico e trenta disegni dalle Collezioni Reali inglesi, la “Madonna Dreyfus”, la “Belle Ferronnière”, l’”Annunciazione” e il “San Giovanni Battista”.
In questi giorni si è aperta la mostra del Louvre, che ha già avuto 200.000 prenotazioni, e che ha avuto una qualche risonanza italiana per il prestito dell’”uomo vitruviano”. Detto questo sono convinto che Milano e l’Italia potevano fare molto di più per questo anniversario, per esempio, sviluppando i temi presentati dalle due mostre ricordate prima, sul ducato di Milano e sulla eredità di Leonardo a Milano. Sono convinto che Milano deve essere, oggi e domani, la “città di Leonardo”: come dicono i moderni, il “brand Milano” deve contenere esplicitamente il “brand Leonardo” e “il brand Verdi” (ma di questo parlerò un’altra volta).
Ben venga dunque la iniziativa del Museo Poldi Pezzoli, con la sua direttrice Annalisa Zanni, che organizza una mostra molto interessante su Leonardo e i suoi allievi, prendendo spunto dal ritorno a Milano della “Madonna Litta”, che era arrivata all’Ermitage nel 1865 dalla collezione del Conte Litta. I rapporti con la cultura italiana ed europea erano così intensi che davvero si può dire che la cultura e l’arte hanno superato tutti i confini geografici e politici degli stati, unendo l’Europa: la prima vera globalizzazione è avvenuta con la circolazione degli artisti e della loro arte per tutto il continente, da Lisbona a San Pietroburgo, da Londra a Roma. Come è noto, il “Palazzo d’Inverno” venne progettato da Francesco Bartolomeo Rastrelli, che, da Parigi dov’era nato nel 1700, si trasferì a San Pietroburgo con il padre scultore Bartolomeo Carlo (fiorentino), quest’ultimo chiamato da Pietro il Grande.
“Nel 1864 il conte Litta si rivolse per lettera all’Ermitage proponendo la vendita di 44 quadri della sua pinacoteca di famiglia. Rammentando una lontana parentela russa presente nella sua stirpe, egli espresse il desiderio che la sua collezione entrasse a far parte proprio dell’Ermitage”, che aveva uno nuovo direttore, Stepan Gedeonov, che aveva da poco sostituito Fyodor Antonovic Bruni, nato a Milano il 10 giugno 1799, figlio di un pittore, Antonio, originario di Mendrisio.
Gedeonov venne a Milano “scelse quattro quadri per un valore totale di 100.000 franchi: la Madonna di Leonardo, Apollo e Marsia , attribuito allora al Correggio, Venere e Amore di Lavinia Fontana, e la Madonna del Sassoferato”. Le note sono tratte dalla introduzione di Irina Artemieva, del catalogo della mostra “Da Leonardo a Tiepolo, collezioni italiane dell’Ermitage di Leningrado”, realizzato da Electa e stampato con impareggiabile qualità dalla Fantonigrafica. Mi ha ricordato Maria Grazia Curletti, allora direttore del settore cultura del Comune di Milano, che appunto la “Madonna Litta” venne a Milano, per la prima volta dopo il 1865, per quella mostra, frutto straordinario della collaborazione e del gemellaggio tra il Comune di Milano e quello di Leningrado. Ma a questa straordinarietà di rapporto tra le due città, si accompagnò per la prima volta una collaborazione tra l’assessorato alla cultura e i quattro principali musei milanesi, “musei pubblici e musei privati: insieme in una iniziativa culturale per la prima volta” come scrissero Mercedes Garberi, Alessandra Mottola Molfino, Pietro Rampi e Rosalba Tardito, a nome – rispettivamente – della Pinacoteca del Castello Sforzesco, del Museo Poldi Pezzoli, della Pinacoteca dell’Ambrosiana e della Pinacoteca di Brera. Con la collaborazione scientifica di Sandrina Bandera, Maria Teresa Florio, Pietro Marani e Cecilia Scatturin, riuscimmo in una impresa unica: mettere insieme istituzioni museali pubbliche e private, comunali e statali. Ma decisiva fu la struttura del Comune di Milano, persone estremamente valide, impegnate e decisamente orgogliose del loro lavoro pubblico, che seppero lavorare insieme a tutte le altre persone delle strutture private e pubbliche: si mise in pratica una integrazione pubblico-privato con un grande ed efficace lavoro di squadra.2
“ L’esposizione a Palazzo Reale di Milano del prezioso gruppo di opere di pittura italiana inviato dal Museo dell’Ermitage rappresenta dunque un omaggio reciproco tra due realtà museali, geograficamente lontane, ma idealmente molto vicine, nello loro storia e nel loro modo di costruirsi e di accumularsi: per collezioni per acquisizioni; una profonda affinità nella storia del gusto e della istituzione Museo in Europa…Il percorso appositamente studiato della mostra è dotato di appositi pannelli esplicativi (a cura di Sandrina Bandera) che ricollegano le opere esposte sia al tempo e al clima culturale dell’epoca, sia al momento collezionistico d’origine: un quadro estremamente interessante dal quale emergono gli orientamenti di Pietro I, Caterina II, e figure di spicco quali Crozat e Walpole ed altri illuminati raccoglitori.
Un altro strumento didattico informativo ( a cura di Sandrina Bandera e Cecilia Scatturin) propone un utile itinerario di collegamento tra le opere esposte. Tra gli strumenti di lettura storico-artistica creati in occasione della mostra, uno in particolare è destinato a durare e costituire anche in futuro un itinerario preferenziale per la storia dell’arte in Lombardia. Si tratta di una guida “intermuseale” relativa alle opere di Leonardo e dei leonardeschi presenti nei musei della Lombardia, a cura di Pietro Maran. La presenza della Madonna Litta a Palazzo Reale costituisce infatti lo spunto per un allargamento ulteriore della rassegna fino a considerare ciò che dell’opera di Leonardo e dei suoi seguaci ancora è custodito nei luoghi per i quali essi le avevano create, e basti pensare al Cenacolo, alla Sala delle Asse nel Castello Sforzesco o ai lavori di Leonardo per il Duomo di Milano. L’”itinerario leonardesco”, in continuità ideale con la mostra di Palazzo Reale, prosegue con la considerazione dei disegni di Leonardo all’Ambrosiana, al Castello, e a Brera: considerati insieme con il monumentale Codice Atlantico essi raggiungono la ragguardevole cifra di oltre milletrecentodieci fogli. Infine le numerose opere dei seguaci di Leonardo sparse tra i musei di Milano, Bergamo, Pavia e Brescia danno la misura, oltre che di una diffusione amplissima degli insegnamenti di Leonardo, di una enorme fortuna collezionistica a livello di raccolte private, fortunatamente in gran parte confluite, come nel caso dello stesso Ritratto di Musico, nelle collezioni pubbliche. Le attività legate a questa mostra e in particolare alla presenza della Madonna Litta si concluderanno in settembre con un convegno internazionale Il collezionismo dei leonardeschi a Milano e la Madonna Litta, dedicato, nella prima sezione, alla fortuna delle “invenzioni” vinciane (non solo quella della Madonna Litta con le sue copie, repliche, derivazioni; ma anche altre composizioni del periodo milanese di Leonardo) e, nella seconda sezione, alla presenza di Leonardo e dei leonardeschi nelle collezioni milanesi dal XVI al XIX secolo (molte delle quali ormai disperse o emigrate).”
Inaugurammo quella mostra straordinaria con il Sindaco Paolo Pillitteri e con Borís Borìsovich Piotróvsky, mitico direttore dell’Ermitage dal 1964 alla sua morte che avvenne poco dopo la chiusura della mostra nell’ottobre del 1990, sostituito da Vitali Suslov, che aveva collaborato alla mostra di Palazzo Reale.
Fu dunque quella mostra, al di là dei suoi contenuti, un primo, significativo esempio di quello che la collaborazione tra città europee e istituzioni pubbliche e private può produrre. Una strada che a mio parere si deve sviluppare con determinazione pensando anche a nuovi scenari museali e culturali.
Luigi Corbani
(sabato 26 ottobre 2019)
1 Carlo Maria Lomartire “Gli Sforza. Il racconto della dinastia che fece grande Milano” e “Il Moro, gli Sforza nella Milano di Leonardo”.
2 “Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza. Milano al centro dell’Europa” Skira editore.
3 “Leonardo da Vinci 1452-1519 Il disegno del mondo” Skira editore.
4 Per questa mostra non finirò mai di ringraziare: Maria Grazia Curletti, Rossana Ferro, Laura Basso, Giancarla Ischio, Luciana Negroni, Anna Catalano, Alice Concer, Laura Montalenti, Cristina Volpini Giorgio Matteucci, Giuseppe Bardelli, Pietro Sergio Mauri, Francesca Maschietto, Ernesto Rossi, Paola Manfredi (per le traduzioni), Silvia Palombi (per la promozione e ufficio stampa Electa), la G&R Associati (per la grafica).
L’allestimento della mostra fu dello studio Albini-Helg-Piva, “appositamente studiato che offre molte innovazioni nell’ambito museografico, garantendo ai dipinti la massima sicurezza e al pubblico una visione spaziata e fìunzionale”.
Sostanziale fu l’apporto economico del Gruppo Agusta, dell’AEM, delle Assicurazioni Generali e dell’Alitalia, con la collaborazione di Francesco Fusco, Alessandra Cattaneo, Angela Riccio, Roberto Vallini e Silvano Oldani.