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Perché il Pd tace sul Piano Mattei

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Ha destato scalpore a sinistra l’apprezzamento per Giorgia Meloni manifestato da alcuni esponenti del PD. È uno scalpore di sconsolante banalità. L’apprezzamento di Letta, Bonaccini e compagnia si limita infatti al generico riconoscimento che il governo Meloni è stato finora meno peggio di quanto molti si aspettavano. E in effetti la politica economica e la politica estera della destra non stanno facendo i danni paventati dal PD – da tutto il PD – nella fallimentare campagna elettorale delle politiche. Basta confrontare lo spread tra i BTP decennali italiani e i corrispondenti Bund tedeschi. Chi già oggi tuona contro “Il governo peggiore della storia” sembra dimenticare dov’era lo spread con il governo Berlusconi nel 2011. Più che apprezzare o non apprezzare in modo general generico il PD dovrebbe stare ai fatti e su questi misurare le scelte di policy del governo.

Sotto questo profilo, il PD potrebbe perfino accogliere con soddisfazione l’iniziativa strategica del governo Meloni sui fronti crucialissimi dell’energia e della collaborazione Sud-Nord che viene intitolata a Enrico Mattei. Già, con il Piano Mattei la premier di destra dice “qualcosa di sinistra”. Perché non riconoscerlo? Perché non salutare Giorgia con un bel “benvenuta tra noi!”.

Mattei – giova ricordarlo soprattutto alla piddina “Repubblica” che l’aveva dipinto come criptofascista prendendo per buona una vecchia velina americana, palesemente infondata – è stato uno dei capi della Resistenza. Cattolico, ha promosso la corrente più di sinistra della Democrazia Cristiana, la corrente di Base guidata da un altro ex partigiano, Albertino Marcora. Mattei ha fondato un quotidiano di rottura, “Il Giorno”, con i Baldacci, i Pietra, i Bocca. La sua Eni ha sostenuto generosamente il Fronte Nazionale di Liberazione dell’Algeria contro il colonialismo francese difeso fino all’ultimo dai fascisti dell’OAS. E ha inaugurato la politica della condivisione dei profitti dell’oil & gas con i Paesi produttori nordafricani. Sul piano interno, Mattei ha usato i partiti come tanti taxi, pagava la corsa, e cioè la decisione politica che interessava all’Eni, e lì finiva. Ebbe tuttavia un’attenzione speciale per il Pci, anche attraverso i contratti con l’Unione Sovietica per le forniture di gas. Erano comunisti italiani i responsabili dell’Eni a Mosca. Mattei è stato un grande patriota che ha fornito l’energia per il boom economico del Belpaese e ha  costruito le fondamenta della sua indipendenza energetica. Non importa se venne combattuto da esponenti della cultura di destra come il pur grande Indro Montanelli che, contestando Mattei, non si accorgeva di tirare la volata ai proconsoli italiani delle Sette Sorelle. Ebbene, Giorgia Meloni si fa scudo dell’antifascista Mattei. E il PD? Il PD tace.

Se poi entrasse nel merito del Piano Mattei – che peraltro è ancora in larga parte da definire –  il PD dovrebbe riconoscere che l’idea di fare dell’Italia un hub energetico per l’Europa, alimentato con il gas del Nord Africa e del Caspio non russo, è anch’essa un’idea di sinistra. Era stata infatti proposta nei primi anni Duemila dall’Autorità per l’Energia e il Gas allora composta da Alessandro Ortis e Tullio Fanelli. L’Autorità suggeriva al governo di dotare l’Italia di nuovi rigassificatori e gasdotti così da avere un’offerta di gas molto abbondante, premessa di una vera concorrenza sul mercato interno e su quello europeo, anziché un’offerta strettamente limitata al consumo domestico, che era poi la base del monopolio dell’Eni. La quale Eni si è opposta a lungo alla costruzione di nuove infrastrutture proprio per evitare la comparsa di nuovi concorrenti. È stato solo con Descalzi – non a caso soprannominato Descalzi l’Africaine – che l’Eni ha scommesso sul corridoio Sud-Nord prima per attenuare e ora per superare il corridoio Est-Ovest dominato da Gazprom. Ed è stato con Descalzi – nominato e confermato dai governi di centro-sinistra – che l’Eni sostiene la necessità per il Paese di avere una ridondanza di infrastrutture per garantirsi la sicurezza energetica e allo stesso tempo la concorrenza. La sostiene d’intesa con la Snam tornata a fare il suo mestiere, dopo la parentesi Alverà e le fughe in avanti finanziarie sull’idrogeno. E il PD che fa? Tace.

Per non dare atto a Giorgia Meloni di fare “qualcosa di sinistra” il PD rinuncia a intestarsi la paternità di queste scelte. Ed è singolare che a tacere siano, fra gli altri, i due concorrenti alla segreteria del partito che, nella loro esperienza di governo dell’Emilia-Romagna, hanno sostenuto proprio le proposte dell’Eni, dal rigassificatore galleggiante a Ravenna allo stoccaggio della CO2 nei giacimenti di gas esausti dell’Adriatico. Capita quando il tatticismo esasperato di aspiranti leader senza pensiero politico credono di trovare nel radicalismo ambientalista (Letta contro il gas come fonte di transizione e ora la Schlein) la scorciatoia per ottenere il consenso degli elettori. Che, purtroppo per il PD, hanno già mangiato la foglia.

Devil

(giovedì 23 febbraio 2023)

1 thought on “Perché il Pd tace sul Piano Mattei”

  1. Antonio (Toni) Concina ha detto:
    Febbraio 26, 2023 alle 3:40 pm

    Era ora di ricordare la virtuosa visione di Alessandro Ortis!
    Sarebbe bene anche ricordare la coraggiosa visione di Felice Ippolito del nucleare, anche lui come Mattei combattuto vergognosamente per anni.

    Rispondi

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