“Foolery, sir, does walk about the orb like the sun, it shines everywhere” ( La follia, signore, cammina intorno al globo come il sole, brilla ovunque), Shakespeare fa dire a Feste nella “Dodicesima notte”. Come dargli torto.
L’ultima idiozia, peraltro fantasiosa è quella che le migrazioni sono guidate per compiere una “sostituzione etnica” in Europa. Al cretino non passa per la testa che la gente fugge dalla guerra, dalla violenza armata, dal genocidio etnico, razziale, religioso, dal terrorismo. E in tutto il mondo le persone cercano di fuggire dalla fame, dalla sete e di trovare un lavoro per cercare di vivere meglio.
Quanti milioni di italiani sono andati in giro per il mondo per la fame che pativano a casa loro, in cerca di lavoro, per migliorare la propria condizione? Il 26 gennaio, ricorreva l’anniversario del primo insediamento europeo (1788) in Australia: oggi, quelli di ascendenza italiana sono il quarto gruppo etnico, dopo inglesi, irlandesi e scozzesi: quasi un milione.
Nei prossimi 30 anni, tutte le agenzie internazionali, l’Onu in testa, prevedono circa 200.000 migranti all’anno verso l’Europa dalla Africa subsahariana. E altri verranno da altri Paesi dell’Europa, dell’Asia e del Centro e Sud America.
Per i prossimi trent’anni, è evidente che il fenomeno della immigrazione ci sarà, piaccia o non piaccia, ed è, altresì, del tutto evidente che non si può accettare una immigrazione incontrollata.
Il Parlamento Europeo, a maggioranza di due terzi, aveva approvato la riforma del regolamento di Dublino sulla immigrazione, ma il Consiglio europeo dei ministri, condizionato dai Paesi meno sensibili ai diritti umani, amici dei giallo neri, ha bloccato tutto.
Ora, secondo me, nel Parlamento europeo, bisogna tornare alla carica, prima delle elezioni europee: occorre ritrovare una intesa tra i diversi gruppi politici, sinistra, socialisti, popolari, verdi e liberali, per riprendere e sviluppare i concetti della riforma parlamentare ( magari anche pubblicando una pagina con il testo dell’intesa su tutti i quotidiani e periodici europei).
Tutti coloro che sbarcano devono essere collocati nei vari Paesi europei e ai Paesi che non accettano questi “ricollocamenti” devono essere sospese le erogazioni dei fondi europei, a qualsiasi titolo loro destinati: Una lezione di civiltà per i Paesi di Visegrad, (Ungheria, Slovacchia, Cechia, Polonia) che non possono attingere a piene mani ai fondi europei, e non accettare quei principi di umanità, solidarietà e civiltà che sono alla base dell’Unione europea: sui diritti universali dell’uomo non ci può essere trattativa.
Uno dei punti centrali del prossimo confronto elettorale sull’Europa è dunque l’atteggiamento di fronte all’immigrazione. Per una politica e una strategia dell’immigrazione, occorre censire, nell’Unione Europea, il fabbisogno, le richieste di mano d’opera, più o meno qualificata, nei servizi alla persona, nella industria, nell’agricoltura, nel terziario, di cui avremo bisogno anno per anno. Inutile far finta che il problema non esista, quando poi si scoprono a Latina, come a Matera, come a Mantova, decine di schiavi, africani e rumeni, al servizio di padroni o caporali italiani, per raccogliere frutta e ortaggi per gli italiani. Nel prossimo futuro avremo bisogno di medici, infermieri, badanti, braccianti, muratori, spazzini, ecc..
Si proceda dunque in Africa, come in Asia, in Centro e Sud America, nelle locali ambasciate dei Paesi europei, con Commissioni della Unione Europea, a raccogliere le domande di immigrazione e dando i visti in base alle richieste di mano d’opera. Occorrono dei “centri dell’impiego”, sparsi nel mondo, nelle sedi diplomatiche europee, che organizzino una regolare e legale migrazione.
Infine, credo che i fondi europei debbano avere, in particolare in Africa, una destinazione precisa: l’acqua da una parte e dall’altra le donne (istruzione, assistenza sociale e sanitaria, il lavoro). È da lì che in primo luogo passa lo sviluppo dell’Africa, anche con un progressivo contenimento demografico. Con la consapevolezza che l’”aiuto a casa loro” non risolve il problema della migrazione nel breve termine, ma solo a medio e lungo termine.
Perché, anche non firmando il “Global compact for migration” – a proposito, mi sono perso qualcosa? non doveva discuterlo il Parlamento? – o chiudendo i porti, l’Italia non fermerà il boom demografico dell’Africa, i rifugiati politici e i migranti economici dei prossimi anni.
Se non ci si dà una strategia europea, il che vuol dire che l’Italia deve fare la sua parte, non solo non si affronta il problema delle migrazioni, ma l’Europa è destinata a declinare e perdere sempre più ruolo nel contesto internazionale.
Luigi Corbani
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