Le vicende ai confini tra la Polonia e la Bielorussia fanno inorridire: 3.000-4.000 persone che diventano “oggetti” di una contesa politica, tra rappresaglia e costruzione di muri. E qualcuno pensa che l’Unione Europea debba finanziare la costruzione dei muri, per combattere la provocazione della Bielorussia. Che tristezza se penso anche che all’alba di oggi, dell’11 novembre del 1918, le forze alleate e la Germania firmarono un documento di armistizio nel vagone ferroviario di Ferdinand Foch, il comandante delle armate alleate, e sei ore dopo la prima guerra mondiale finì. Possibile che la storia politica dell’Europa non conti?
Ogni tanto poi mi vengono in mente le immagini dei 25.000 albanesi sbarcati a Brindisi in meno di ventiquattro ore, il 7 marzo 1991, trent’anni fa. Quanti sono i muri che si stanno costruendo o sono stati costruiti in Europa? Quanti campi profughi ci sono in Europa o ai confini dell’Europa?
Il villaggio di Kuznica (Polonia) non è il solo dell’Europa che vede situazioni drammatiche dei migranti: dalla Bosnia alla Grecia, dalla Turchia a Lampedusa, a Ceuta e Melilla (Spagna).
Si dice che Lukashenko sia un bandito, appoggiato dalla Russia di Putin: certamente vero, ma dall’altra parte non abbiamo degli eroi umanitari, dei difensori dei diritti dei popoli o dei cittadini. La Polonia non si è contraddistinta per aver accolto migranti o profughi anche quando l’Italia chiedeva la redistribuzione. Anzi i Paesi di Visegrad (Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria) o i Paesi Baltici non sono mai stati propensi a un qualsiasi tipo di discorso umanitario.
E non è che il regime di Lukashenko sia il solo regime autocratico o autoritario, e che da nessuna parte dell’Europa siano messi in galera gli oppositori. Erdogan non è proprio una vestale della democrazia, e quando Erdogan ha minacciato di lasciare andare, verso l’Europa, milioni di profughi siriani, subito la Unione europea si è affrettata a versare miliardi di euro (sei in totale, se non sbaglio) nelle casse della Turchia. “Il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha suggerito che l’UE dovrebbe fornire assistenza finanziaria alla Bielorussia per incoraggiarla a fermare l’ondata di migranti, confrontando la situazione con l’accordo di Bruxelles con la Turchia durante la crisi dei migranti del 2015.” ha scritto il Financial Times.
Ora, al di là delle polemiche e della situazione contingente del confine polacco, rimane il fatto che l’Europa si dimostra sempre impreparata di fronte agli sconvolgimenti politici, climatici, bellici dell’Africa, del Medio Oriente, del Mediterraneo, dell’Afghanistan. Anzi, l’Unione europea, quasi sorpresa, subisce le conseguenze di scelte disastrose, fatte dagli Stati Uniti o da qualche singolo Paese europeo, vedi la Siria, la Libia o lo stesso Afghanistan.
Sempre più si fa evidente che la Unione europea ha bisogno di una politica estera e di una politica di difesa (interna ed esterna) sovranazionale. Ed è ora di finirla di stupirci di fronte al dramma di milioni di persone e pensare sempre dopo, quando scoppia qualche situazione drammatica, alle esigenze umanitarie di persone abbandonate al freddo, all’inverno, alle malattie, alla pandemia. Sono 90 milioni nel mondo le persone che si spostano per sfuggire a una situazione di morte.
È l’ora che il Parlamento europeo proponga una politica europea dell’immigrazione, regolata, controllata e legale. (gennaio 2019 https://www.ilmigliorista.eu/europa/per-una-politica-europea-dellimmigrazione/).
E mentre si parla di immigrazione, e si affronta la questione del reddito di cittadinanza, si faccia una battaglia culturale contro la scemenza, che purtroppo tuttora circola, fra la povera gente in primo luogo: gli immigrati non rubano il lavoro agli italiani. E rileggo a questo proposito quanto scriveva su “Rinascita” (9 novembre 1979) Giorgio Amendola in un articolo sul caso Fiat :
“Il problema della disoccupazione non è stato affrontato nei suoi termini reali, che sono quelli di una disoccupazione concentrata in alcune zone del Sud e composta in prevalenza da giovani laureati e diplomati, una parte dei quali rifiuta occasioni di lavoro che non siano compatibili con aspirazioni che sono, in prevalenza, quelle di un impiego pubblico stabile e con prospettive di carriera e di pensione già in partenza assicurate.
Perciò si è cercato, ostinatamente, di negare l’esistenza in Italia di centinaia di migliaia di immigrati stranieri in gran parte non tutelati dalla legge perché clandestini. Ma il riconoscimento dell’esistenza di manodopera immigrata disponibile per tutti i lavori, anche se faticosi, avrebbe smentito le solite lamentele. Si è arrivati al punto di un regolare contratto di immigrazione per l’impiego di minatori polacchi altamente qualificati in Sardegna. Le prime centinaia di immigrati polacchi sono già arrivati. Questo fatto non annulla certamente il problema della disoccupazione in Sardegna, ma lo pone in un nuovo quadro, e sottolinea l’esigenza di una qualificazione professionale dei disoccupati. Per questo non approvo la proposta del compagno Trentin di formare una federazione sindacale dei disoccupati e dei precari. Sarebbe un bel calderone!
La disoccupazione in Italia deriva da diverse cause, è composta in modo diverso da regione a regione ed ha bisogno di obiettivi precisi, articolati, ben qualificati. E lo stesso si dica dei precari, che non possono essere riuniti, per la varietà delle loro situazioni e la diversità e contraddittorietà delle loro rivendicazioni, in una stessa inesistente categoria”.
Tre temi, dunque, il lavoro nero degli immigrati clandestini ( i nuovi schiavi), la disoccupazione e il precariato che dovrebbero essere il centro della attività, precisa e puntuale, di una forza politica riformista. E l’Europa non può che essere parte essenziale della soluzione di questi problemi.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi”. “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 11 novembre 2021)
Corby lucido come un lampo!!!