A proposito della petizione per abolire il Senato e ridurre i deputati a 315, qualcuno mi ha detto: “ma, in definitiva, si tratta di firmare il “progetto Renzi”! Assolutamente no, rispondo: in primo luogo è diverso nei contenuti, e poi diventa, più che mai necessario, dal punto di vista istituzionale, proporre una semplificazione, basata su una reale distribuzione e differenziazione dei poteri e delle competenze tra Stato centrale, Regioni e Unione Europea. Proprio perché il nostro futuro non può essere un ritorno allo Stato sovrano, come vogliono i gialloneri e i loro compari in Europa, ma una Europa più unita con una sovranità e una legislazione comunitaria sui temi del lavoro (il reddito legale europeo, per esempio), delle pensioni, del fisco, ecc. In questo senso, credo che si debba essere più europeisti e più autonomisti, nel senso di valorizzare nel contempo la dimensione europea e quella regionale (anche con la creazione di macro regioni). A questo bisogna pensare, secondo me, per una riforma istituzionale che guardi al futuro, e non alle politiche contingenti: il prossimo Parlamento europeo deve essere un organo con potere legislativo, e su questo all’interno delle famiglie politiche europee, popolari, socialisti e liberali si trovano larghe adesioni. Nel progetto Renzi-Boschi, si manteneva in vita il Senato, non più eletto dal popolo, ma designato dai Consigli regionali: 100 senatori (215 in meno), di fatto scelti dai partiti, o per meglio dire dal gruppo di comando del singolo partito: basta vedere come sono state fatte le liste per le elezioni del 4 marzo 2018. Inoltre si mantenevano 630 deputati.
Nel nostro progetto si riducono i parlamentari di 630 unità.
Si intende ridurre il numero dei deputati a 315 (la metà di quelli previsti attualmente) e abolire del tutto il Senato (315 senatori in meno), senza invenzioni inutili, come quella del “Senato delle Regioni”. Per dirimere le questioni di competenze tra Regione e Regione e tra Regioni e Stato, basta una Camera sola e comunque vi è la Corte Costituzionale come ultima e suprema istanza per dirimere i conflitti dei poteri dello Stato. Le Regioni hanno le competenze nelle materie loro attribuite dalla carta costituzionale o dal processo, previsto dall’art 116 della Costituzione, di “autonomia differenziata” che è in corso di definizione tra alcune Regioni e il governo e che alla fine il Parlamento dovrà approvare con una legge.
Il percorso sarà difficoltoso per i contrasti tra M5S e Lega, e secondo me, anche per quelli tra le due anime della Lega che verranno allo scoperto e in piccola parte sono già emerse. La “Lega Nord” di Zaia, di Fontana e di Maroni, ha l’obiettivo, fondamentale per loro, dell’autonomia delle regioni del Nord; la “Lega Salvini premier” che, nella sua ansia nazional-populista di raccogliere voti al Sud e diventare forza maggioritaria nel centro destra, o forza dominante nell’alleanza giallo nera, dovrà temperare le esigenze nordiste per non perdere terreno nel sud, a favore delle 5S che vogliono tenere il Mezzogiorno bloccato nella logica dell’assistenzialismo statale contro il “Nord ricco ed egoista”. Nel frattempo, le 5S cercano di dare un altro colpo alla democrazia rappresentativa, con il referendum propositivo per andare alla democrazia diretta: diretta da chi? dalla Casaleggio s.r.l., come avviene adesso ?
Per tante ragioni, dunque, bisogna rilanciare una proposta istituzionale, che guardi al contesto europeo in cui dobbiamo muoverci sempre più nel prossimo futuro. Ed è anche per la mancanza di una visione strategica, a mio parere, che sono fallite tutte le ipotesi di riforma del 1983 ad oggi, tranne quella del 2001, che, pur con tanti difetti, ha dato una qualche risposta alle esigenze dei cittadini.
Luigi Corbani
Link per firmare: http://chng.it/9HmKB2PTCX
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