Qualche mese fa abbiamo avanzato una proposta e avviato una petizione per una proposta di riforma costituzionale del tutto diversa da quella del 4 dicembre 2016.
Come era prevedibile, in previsione delle prossime elezioni le 5S si sono gettate nella campagna per ridurre il numero dei parlamentari, al grido di “riduciamo le poltrone”. Il taglio del numero dei parlamentari è uno strumento di “distrazione di massa”, è una pura operazione demagogica che lascia inalterato il bicameralismo. Si lanciano operazioni ad effetto, ma si continua a confondere il costo della democrazia con il costo della politica: per esempio, gli “onesti” ministri hanno assunto centinaia di portaborse, con lautissimi stipendi, e questo che cos’è?
È nel Dna delle 5S ridurre gli spazi della democrazia rappresentativa per dare spazio a una democrazia diretta, con metodi centralistici e autoritari, dalla Casaleggio s.r.l. In questi mesi abbiamo visto espellere dal 5S chi dissentiva sui provvedimenti illiberali del governo, ma accettare, come se niente fosse, la mascalzonata di un senatore che cita la folle porcata dei “protocolli dei Savi di Sion”. Del resto, nelle regole del gruppo 5S si dice che il “deputato ha il vincolo di mandato” (ovviamente, quello della piattaforma Rousseau) e così si viola la Costituzione, con il beneplacito del Presidente della Camera.
Primo. Per ridurre i costi dei parlamentari, basta introdurre il principio che lo stipendio è quello indicato nell’ultima dichiarazione dei redditi, prima di entrare nelle istituzioni (Regione o Parlamento). Per chi ha dichiarato zero euro, si applica il reddito di cittadinanza. I rimborsi spese e le diarie non possono essere superiori a quelli riconosciuti ai dipendenti dello Stato.
Secondo. Il Parlamento oggi è ridotto a un puro organo di ratifica di decreti legge e di voti di fiducia, che annullano anche il lavoro delle commissioni. La dialettica tra maggioranza e opposizione, tipica di una democrazia rappresentativa, è totalmente azzerata. Anche per ristabilire un efficace contrappeso tra potere legislativo e potere esecutivo, occorre una rigorosa applicazione del principio di “necessità e urgenza” per i decreti legge, insieme con la garanzia della rapidità dell’esame dei disegni di legge del governo. In questo senso, basta una Camera sola.
Terzo. La produzione legislativa è eccessiva e come diceva Tacito, “Corruptissima repubblica, plurimae legis”; le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie, per cui l’esorbitante numero delle leggi va contro i principi di uno stato ben funzionante, contro la certezza del diritto, dicevano i saggi. Si pensi alle norme fiscali, un vero rompicapo per le aziende e i liberi professionisti. Inoltre, la produzione legislativa dello Stato centrale dovrebbe diminuire in presenza della funzione legislativa delle Regioni e del Parlamento europeo.
Quarto. Sempre di più la legislazione sovranazionale dovrebbe informare la vita dei cittadini europei. A dispetto dei sovranisti, abbiamo bisogno di una legislazione europea sul lavoro, sui salari europei, sulla circolazione dei capitali e delle merci, sul fisco, sul credito, sull’assistenza sociale e previdenziale, sulla lotta alle disuguaglianze territoriali e sociali, sulla sicurezza interna ed esterna, sulla politica estera, Uno dei principali obiettivi delle prossime elezioni dovrebbe essere quello di dare al Parlamento europeo la potestà legislativa. Quindi meno legislazione nazionale e più legislazione europea.
Quinto. Le regioni hanno uno spazio di legislazione specifico, che sempre più dovranno uniformare alle direttive e alle leggi europee. Piaccia o non piaccia, le Regioni ( anche con processi di aggregazione: la Lombardia ha più abitanti dell’Ungheria; l’Abruzzo e il Molise assieme sono un sesto della Lombardia) ) saranno chiamate ad essere sempre più simili alle regioni a statuto speciale: la “autonomia differenziata”, prevista dalla Costituzione, è indispensabile anche per un processo di forte responsabilità dei gruppi politici dirigenti locali. E’ ovvio che le regioni devono tornare ad essere organi legislativi, e non amministrativi, come purtroppo lo sono diventati in questi anni. Si deve tornare a una sana visione costituzionale per cui le funzioni amministrative fanno capo ai Comuni e alle Provincie (che esistono ancora, hanno abolito solo la elezione diretta dei consigli provinciali)
In un disegno organico, quindi alla presenza di tre livelli legislativi (europeo, nazionale e regionale) dovrebbe corrispondere l’assetto istituzionale. Per questo sosteniamo l’abolizione del Senato e la riduzione a 315 della Camera dei deputati.
Ed è una proposta che viene da lontano, dal 1987. Le Regioni si erano costituite nel 1970, e di lì a poco (18 giugno 1989) saremmo andati a un referendum di indirizzo con il quesito “Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?”
Per indire quel referendum, in concomitanza con le elezioni europee, venne fatta una legge costituzionale (3 aprile 1989 n° 2): votarono più di 37 milioni (81% degli aventi diritto) e il sì ebbe l’88% (29 milioni) e i no il 12%,( quasi 4 milioni).
A noi sembra più che mai attuale quell’indirizzo voluto dal popolo sovrano.
Luigi Corbani
Vedi anche :
https://www.ilmigliorista.eu/europa/meno-630/
https://www.ilmigliorista.eu/europa/abolire-il-senato-e-ridurre-i-deputati-a-315/
Link per firmare: http://chng.it/9HmKB2PTCX