Potevamo essere soddisfatti, nonostante i tanti problemi: al primo concerto1 avevano assistito più di 2.000 persone (1.133 al sabato di cui paganti 893; 910 alla domenica mattina, paganti 670). Era la nostra prima volta, con tutta la campagna (di altre organizzazioni musicali) contro la nascita de laVerdi; con i giorni e gli orari inusuali, non canonici, per i concerti di musica classica, il sabato sera e la domenica mattina; con la qualifica di “orchestra giovanile”, termine che assumeva il significato di acerba, di impreparata, di non professionale, da guardare con simpatia , ma non troppa.
D’altra parte a Milano c’erano le orchestre della Rai, della Scala, la Filarmonica della Scala, c’erano realtà consolidate come i Pomeriggi musicali, Serate musicali, la Società del Quartetto, la Società dei Concerti. Sempre per il complesso esterofilo che contraddistingue gli italiani i quali oscillano sempre nella convinzione che sono o i più bravi del mondo o i peggiori del mondo, si prendono per buoni i concerti delle orchestre giovanili “straniere”: i concerti delle formazioni provvisorie, stagionali, come quelli della European Union Youth Orcehstra (con la direzione di Claudio Abbado) o della Gustav Mahler Jugendorchester ( sempre di Abbado) o della Orchestra Giovanile italiana, nata dalla scuola di Fiesole. Mentre la Verdi, che aspirava a diventare una orchestra stabile, veniva vista con perplessità, anche perché il suo direttore non era una “star”.
Dunque il primo programma segnò anche un discreto introito: oltre 93 milioni di lire, a valore odierno, (oltre 48.000 euro): dopo aver pagato iva, imposta di spettacolo, e “diritti demaniali” rimaneva un incasso netto di 45.000 euro. Per inciso, era difficile far capire a chiunque, in particolare ai direttori stranieri, che in Italia si pagavano – in base a una legge fascista del 1941 abrogata solo con un decreto legge del 31 dicembre 1996 – i diritti anche sulla esecuzione di autori come Beethoven, Berlioz o Čaikovskij; erano “i diritti demaniali relativi alle rappresentazioni ed esecuzioni di opere di pubblico dominio”.
Il primo concerto soprattutto dimostrò che si poteva fare una orchestra, di valore. Su questo Delman aveva le sue idee e il suo programma, artistico e temporale, per fare una orchestra sinfonica di livello internazionale.
Delman non voleva nessun compenso per la sua attività. Solamente, quando non era impegnato con la Rai, gli dovevo offrire i pranzi alla “Trattoria Al Cantinone” in via Ragazzi del 99: qui c’era una saletta dove Volodia poteva stare tranquillo, con un cameriere che, prima di mangiare, provvedeva in bagno a spruzzare di alcool etilico denaturato le mani di Delman, il quale non doveva neanche toccare le maniglie delle porte. Per di più il cameriere era abituato ad aprire l’acqua minerale (solo, in bottiglia di vetro) davanti a Delman, che per ogni tappo a corona che veniva sollevato con un colpo solo dava la mancia al cameriere. Se costui non ce la faceva con un colpo solo, la bottiglia veniva rifiutata. Ed in ogni caso, dopo l’apertura, con la mano sinistra Volodia girava la bottiglia per far uscire l’acqua nel bicchiere in modo che venisse pulito tutto il collo interno della bottiglia, e a quel punto beveva a canna dalla bottiglia. Per di più, non usava le posate predisposte sul tavolo, Volodia era autorizzato ad aprire i cassetti delle posate e prendere direttamente quello che gli occorreva, di solito solo una forchetta, con cui mangiava la pasta, tagliava la carne e mangiava il gelato.
Non si poteva andare a mangiare in nessun altro ristorante: chi avrebbe mai preso un cliente come Delman? Non si portava le posate di plastica, come Jack Nicholson in “Qualcosa è cambiato”: quando uscì quel film (“As good as it gets, 1997, con Helen Hunt e con la regia di James L. Brooks) vi ritrovai in parte il ritratto di Delman.
Comunque, mentre riprendeva a provare per il secondo programma (la Quinta sinfonia di Mahler), Delman riprese a dirmi che bisognava fare il coro: una orchestra sinfonica senza coro non è una vera orchestra sinfonica. Ci vuole la voce, una orchestra degna di questo nome deve avere la sua voce, il suo coro. Senza coro, mi diceva, non possiamo fare dei programmi artistici adeguati.
Era la sua tesi che mi aveva presentato già negli anni precedenti e che io avevo stoppato con il classico “una cosa per volta”, ma dopo il successo artistico del primo concerto per lui era d’obbligo formare il coro: non si doveva attendere oltre. “Vado io in tutte le università e faccio le audizioni: facciamo un coro di giovani, non “professionisti” ma “amatori” che amano cantare insieme. Li preparo io”. Ovviamente, io tiravo per il lungo, dicendo che prima bisognava consolidare l’orchestra dal punto di vista economico: questo e la qualità delle esecuzioni erano l’obiettivo prioritario. Capivo Delman, che mi solleticava, dicendomi che bisognava fare la Nona di Beethoven e la Passione secondo Giovanni di Bach, che per lui erano le pagine più alte della musica. E poi pensava alle opere e ai brani con coro di Mendelssohn, di Čaikovskij, di Shostakovic, di Prokofiev.
Dopo il primo programma, avevo regalato a Volodia la copia fotostatica del manoscritto della Nona Sinfonia di Beethoven, conservato nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino, e stampato dall’Edition Peters di Francoforte: per Delman quel libro si poteva aprire solo “con il cuore e le mani pulite”.
Anni dopo, nel 1997, parlando con il Maestro Aldo Ceccato che era venuto alla Verdi a tenere dei concerti gratuiti, dissi che mi sarebbe piaciuto creare un coro sinfonico. Ceccato mi rispose che sarebbe andato alle Terme di Tabiano, sulle colline parmensi, e che avrebbe organizzato un incontro con Romano Gandolfi, che era “disoccupato”, a casa lì vicino a Medesano, 18 chilometri dalle Terme. E così avvenne.
Stanco di tutto, imploro la pace della morte,
stanco di vedere il merito nascere sempre mendico,
ed a festa parati i buoni a nulla,
e la più pura fede sciaguratamente tradita,
e svergognatamente gli alti onori male attribuiti,
e la casta virtù con brutalità prostituita,
ed in disgrazia iniqua l’integra rettitudine calpesta,
e fiaccata da colpi mancini l’energia,
e dall’autorità messo all’arte il bavaglio
e regola dettata all’estro da dottoreggiante pazzia,
e la semplice verità scambiata per semplicità,
e al male capitàno, subordinato il bene in servitù:
Stanco di tutto, vorrei andarmene vorrei da tutto
Se, morendo, il mio amore non dovessi lasciare solo.
(William Shakespeare, Sonetto, LXVI,
traduzione di Giuseppe Ungaretti, Oscar Mondadori 1967)
Luigi Corbani
(domenica 21 gennaio 2024)
Segue
1Il Maestro Simone Pedroni e sua moglie Elisa, con opera altamente meritoria, hanno creato un canale Youtube “The legacy of Vladimir Delman”: lì si può ascoltare la registrazione dal vivo con un Dat della “Serenata per archi” di Čaikovskij
(https://www.youtube.com/watch?v=CtW5Tb9Xiac)
e della “Sinfonia Fantastica” di Berlioz.
(https://www.youtube.com/watch?v=qa1cYWqgHUg)
Luigi i tuoi ricordi sono pietre preziose anche per chi non li ha mai avuti in tasca. Un regalo della Vita per chi li ha meritati
Magnifico ricordo, ma troppa nostalgia rischia di farmi male, dopo la giornata di ieri a ricordare Claudio nel decimo anniversario della morte!
Sarebbe meritorio e molto apprezzato che la storia della Verdi fosse scritta tutta, da quando la si è pensata a quando l’hai lasciata. È un pezzo importante della storia di Milano e bisogna stare attenti che poi altri possano scriverla deformandola.
Un pezzo di storia e di passione.
Grazie Luigi
So solo dire: che grande, infinita nostalgia! Per un tempo ancora ricco di ideali che riuscivano a realizzarsi, per le sfide che ci facevano provare un entusiasmo e una felicità mai dimenticati, per una purezza anche allora rara, eppure viva.
Grazie, Luigi.
Manuela Cantoni Camerini
Tempi eroici di una fantastica iniziativa che sembrava folle e che ha superato tutto! Grande Luigi!
Sono arrivata al La Verdo grazie una cena di I signori Lucchini per festeggiare 70 anni di Piero. Abbiamo cenato insieme nella stanza del figlio di Manuele chi è venuto da noi un estate a Washington,D.C.quando aveva 13 anni a 1978. Il punto è questa cena ha cambiata la mia vita.
Mi hai dato l’opptunità di avvincinarsi vicino un orchestra sinfonica. Grazie a te Luigi ero sulla CdA per 4 anni. Mi dispiace che tu sei andato via quasi subito quando sono arrivato
arrivata.Tu eri un grande visionario a sviluppare un orchestra con tutti giovani sotto 25 anni. 30 anni dopo tanti ancora
che fanno parte del orchestra.
Grazie Luigi per il tuo determinazione di nascere un nuovo orchestra!
Carol Ross
Come nascono le grandi imprese, come in fondo nasce il mito.
Grazie.
Mi hai commosso
Mi sono commosso
Gli ottimi ricordi vanno raccontati. In un libro. Dai pensaci