La cattura in Bolivia del latitante Cesare Battisti ha riaperto la caccia (mediatica) al comunista.
Confondendo deliberatamente le vicende di un terrorista omicida (per questa accusa condannato all’ergastolo), latitante da una quarantina d’anni, con le vicende del movimento operaio, delle organizzazioni che lo hanno legittimamente rappresentato, primo fra tutti il Partito Comunista Italiano, del travaglio e dell’evoluzione ideologica e politica che ha vissuto, si cerca in questi giorni da più parti di infamare una tradizione nobile che però pochi sento difendere e che, invece, merita di essere difesa non per orgoglio di parte, ma per rigore storico e rispetto delle verità. È giusto, sano e doveroso contrastare la retorica revisionista che in quest’epoca di diffusa smemoratezza invelenisce deliberatamente o pigramente per mero conformismo le coscienze, soprattutto nei più giovani che non possono avere memoria diretta di eventi ormai lontani.
L’occasione per farlo è data da due tragiche prossime ricorrenze sul destino di due uomini: Jan Palach il 19 gennaio e Guido Rossa 24 gennaio. Certo, casi molto diversi tra di loro, ma è bene ricordare le circostanze che le rendono esemplari.
Jan Palach, studente ventunenne, si immolò dandosi fuoco il 19 gennaio 1969 a Praga in piazza san Venceslao per protesta contro l’invasione sovietica del suo Paese avvenuta nell’agosto nell’anno precedente e che spense brutalmente la cosiddetta “Primavera di Praga”, tentativo di riforma democratica del regime comunista cecoslovacco gestito da Alexander Dubcek. Un gesto estremo per scuotere le coscienze dell’opinione pubblica mondiale su quanto stava avvenendo nel suo Paese.
Vari autorevoli commentatori in prossimità della ricorrenza mettono volentieri in evidenza la attribuita complicità o, almeno, le ambigue reticenze del Partito Comunista Italiano di allora con l’Unione Sovietica sull’aggressione alla Cecoslovacchia e la repressione conseguente.
È d’obbligo, invece, ricordare che il segretario del PCI, Luigi Longo, era in quei giorni in visita in Unione Sovietica e prese immediata posizione contro l’invasione. La mattina del 21 agosto 1968, infatti, egli apprese la notizia dell’intervento sovietico non dai suoi ospiti, ma via telefono da Botteghe Oscure e rientrò immediatamente in Italia dopo aver concordato la linea politica con i dirigenti del partito rimasti a Roma. Nei giorni successivi la direzione del PCI, presieduta dallo stesso Longo, condannò severamente ed esplicitamente l’intervento sovietico. Fu il primo, solenne atto di autonomia del PCI da Mosca. Solo 12 anni prima, in occasione della rivolta di Budapest, Togliatti aveva approvato l’invasione dei carri armati sovietici.
Luigi Longo aveva speso tutto il suo prestigio e quello del suo partito (il più forte partito comunista d’occidente) per sostenere la “Primavera di Praga”, che aveva il suo simbolo e il suo leader in Alexander Dubcek. Nel maggio di quello stesso 1968, Longo si era recato nella capitale cecoslovacca per portare la solidarietà dei comunisti italiani all’esperimento in corso. Il segretario del PCI considerava, infatti, quel laboratorio come l’estrema possibilità di autoriforma dei sistemi del socialismo reale, e sperava che il successo di Dubcek avrebbe schiuso la porta ad altri, analoghi, tentativi nel resto dell’Europa dell’Est, a cominciare dalla Polonia, dall’Ungheria e dalla stessa URSS.
Guido Rossa, operaio dell’Italsider di Genova, delegato sindacale della FIOM, iscritto al Partito Comunista Italiano, fu assassinato dalla Brigate Rosse il 24 gennaio 1979 dopo aver denunciato la presenza di terroristi brigatisti in fabbrica.
Sul ruolo determinante del PCI nella lotta al terrorismo “rosso” non ci sono e non ci possono essere dubbi. Ne sono prove evidenti sia la memoria di chi c’era, sia le prese di posizione documentali, sia l’esempio dei militanti del PCI che nei luoghi di lavoro e di residenza contrastarono quotidianamente la prassi e la propaganda terrorista. Anche a costo di sacrifici estremi. Anche a costo della vita, come fu per Guido Rossa.
La RSU di ILVA (ex Italsider, oggi ArcelorMittal Italia) e la Camera del Lavoro di Genova ogni anno ricordano il sacrificio di Guido Rossa con una cerimonia molto affollata in fabbrica con la partecipazione dei lavoratori, rappresentanti sindacali, autorità politiche e istituzionali della città di Genova e della Regione Liguria. Quest’anno alla cerimonia parteciperà anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Una decisione importante e molto significativa che afferma con decisione in quest’epoca fosca il valore della memoria e dell’esempio di persone come Guido Rossa, operaio, sindacalista, comunista.
Pepito Sbazzeguti
Vari commentatori di organi di stampa e di programmi TV si sono lasciati prendere da emulazione con il truce Salvini confondendo per pura propaganda il terrorismo rosso con Il PCI. Il PCI è stato il più intransigente oppositore al terrorismo rosso e nero e Guido Rossa ha pagato con la vita la netta opposizione del PCI al terrorismo. Nel paese soffia una cattiva aria di odio e rancore che cerca in tutti i modi di falsificare la storia passata e recente, quella che ha reso l’Italia la settimana potenza economica e che ha trasformato il paese uscito dalla seconda guerra mondiale come l’Italia, semi analfabeta ed economicamente arretrato. E visto che oggi questo paese è governato da Di Maio e Salvini, in molti dovrebbero chiedersi come mai siamo precipitati così in basso.
Se il Partito Comunista Italiano non si fosse schierato con totale fermezza contro il terrorismo degli anni ‘ 70, con ogni probabilità il nostro paese sarebbe stato trascinato in una guerra civile che il 99,9 % degli italiani rifiutava radicalmente.
E’ esistito in Italia, almeno dalla strage di Brescia del 1974 e per quasi dieci anni, un ” partito della guerra civile ” nel quale militavano con orientamenti diversi terroristi neri e rossi, accomunati nell’ intento di provocare con le stragi e gli omicidi l’imbarbarimento dello stato al quale speravano, con superbia e cinismo, che sarebbe seguito uno scontro armato generalizzato. Solo la fermissima opposizione del PCI e dei suoi dodici milioni di elettori ha coinvolto nella difesa delle istituzioni i settori democratici dello stato e la magistratura, e ha impedito che quel progetto si realizzasse. Questa realtà non può essere occultata, ormai è storia e come tale deve essere insegnata alle nuove generazioni che non l’hanno vissuta.
È verissimo purtroppo. Queste notizie non sono opinioni ma fanno parte della storia. Sono sotto gli occhi di tutti basta leggerle ma,la pigrizia intellettiva che pervade gran parte degli italiani porte ad assorbire le frasi pret a porter del (purtroppo)nostro ministro dell’interno