Il titolo del libro è “Rabbia proteggimi”. Sottotitolo: “Dalla Val di Susa al Kurdistan. Storia di una condanna inspiegabile”. Edito da Rizzoli, non da una casa editrice clandestina.
Ne consiglio vivamente la lettura.
L’autrice è Maria Edgarda Marcucci, detta Eddi.
Da poco, raramente, ospite di talk show televisivi, come “In Onda” su la7.
L’ultima apparizione di qualche giorno fa, l’ha vista impegnata in una vivace discussione con il bretellato Federico Rampini, in costante promozione dei suoi libri, che difendeva il positivo ruolo internazionale di Recep Tayyip Erdogan in nome di una non meglio precisata (ma da lui affermata, come ovvia) realpolitik.
Mi aveva colpito la verve di questa ragazza di trentun anni e, incuriosito, mi sono procurato il suo libro (disponibile anche tramite Amazon).
Eddi Marcucci si definisce una rivoluzionaria.
Dal 2011 è attiva in diversi movimenti sociali (No TAV, per il diritto alla casa, per il diritto al lavoro, per la difesa di giovani sottoccupati o sottopagati, per i diritti civili – per esempio nel movimento Non Una di Meno -, etc.).
Tra il 2017 e il 2018 si è unità alle YPJ (tradotto: Unità di Protezione delle Donne), unità combattenti femminili fondate nel 2013 in Rojava (Kurdistan), protagoniste della sconfitta militare e territoriale dell’Isis. Agisce come brigata femminile della milizia di Protezione Popolare (YPG). È stata protagonista delle battaglie a Kobane, Aleppo e Raqqa.
YPJ e YPG sono l’ala armata di una coalizione politica curda che ha preso de facto il controllo di una buona parte della regione settentrionale della Siria a maggioranza curda, il Rojava, appunto, sottraendola all’ISIS.
Tali forze sono state coinvolte nella lotta contro l’esercito turco e le milizie armate dalla Turchia che hanno invaso l’area di Afrin. Nelle unità YPJ e YPG combattono numerosi cittadini di varie nazioni europee ed extraeuropee, tanto da venir definite “brigate internazionali”.
Il fumettista italiano Zerocalcare ha scritto la graphic novel “Kobane Calling” dove racconta le gesta delle soldatesse dell’YPJ e con la comandante in capo Nasrin Abdala nel corso della battaglia di Kobane.
Eddi Marcucci si definisce rivoluzionaria, internazionalista e combattente. Una combattente contro il terrorismo di matrice islamica responsabile di massacri e dominazione feroce in Medio Oriente ma anche di attentati sanguinosi in Europa.
Una combattente verso la quale italiani, europei, americani e tutti coloro i quali detestano, condannano e fronteggiano, in vari modi, il terrorismo dovrebbero essere grati.
Una combattente che militava nella YPJ, unità che agiva in collaborazione con le forze Nato, tra cui Italia, Gran Bretagna e USA che ne aveva il comando con la “Combined Joint Task Force – Operation Inherent Resolve”. Le forze Nato hanno usato YPG e YPJ come fanteria, limitandosi, loro, all’uso dell’aviazione e al supporto logistico.
Bene, rientrata in Italia nel 2019, Eddi Marcucci viene sottoposta per decisione del Tribunale di Torino a un provvedimento di restrizione della libertà – creato sotto il regime fascista – che consiste in un decreto di sorveglianza speciale della durata di ben due anni in quanto ritenuta dalla Polizia, come “socialmente pericolosa”.
Non un reato le è stato contestato, non la minaccia di commissione di un reato, non il sospetto che stesse progettando azioni criminali. Soltanto la constatazione di un comportamento ispirato da ideologia anticapitalistica, proprio di una dissidente antisistema. Ciò per aver partecipato a marce, sit in, manifestazioni di protesta senza che alcuna violenza le possa venir contestata in base agli atti processuali.
Il regime di sorveglianza speciale prevede che il soggetto non possa allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso alle Autorità di P.S.; non possa associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione e sicurezza; che viva onestamente e rispetti le leggi (!); non rincasi la sera dopo le ore 21.00 e non esca la mattina prima delle ore 07.00 senza comprovata necessità; non acceda agli esercizi pubblici o ai locali di pubblico intrattenimento tra le ore 18.00 e le ore 21.00; non detenga o porti armi (!) e non partecipi a pubbliche riunioni.
Condizioni già di sacrificio per un cittadino che conduca una vita “normale”, ma di enorme sacrificio per un cittadino impegnato politicamente.
Si tratta dell’interdizione totale all’esercizio dei diritti politici garantiti dalla nostra Costituzione.
Si tratta di una misura di prevenzione di derivazione fascista (art. 181 del Testo Unico delle leggi di P.S. N. 773/1931) ultimamente regolata dal D. Lgs 6.09.2011 n. 159, ma precedentemente recepita dall’ordinamento repubblicano dalla L. n° 1423/1956. Una misura oggetto di contestazione sia in Italia che in Europa per dubbi di legittimità costituzionale e di violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto viene applicata anche senza che vi sia alcuna prova di illeciti o reati.
Come nel caso di Eddi Marcucci.
Ripeto: non le è stato contestato alcun reato, ma solo il sospetto formulato dagli organi di Polizia che, data la sua precedente militanza politica, avendo poi conseguito esperienza militare in Kurdistan, lei possa in futuro (forse) rendersi pericolosa.
Non si persegue in questo caso un “foreign fighter” che ha militato con l’ISIS o altre organizzazioni terroristiche, ma, al contrario, una persona che ha combattuto contro i terroristi. Una persona che si batte da anni per la difesa e l’affermazione dei diritti dei cittadini più deboli. Una persona, certamente antisistema, ma assolutamente attiva con metodi non violenti.
Il sospetto che si tratti di una misura di criminalizzazione del dissenso tipico di uno Stato di Polizia è pienamente legittimo.
I nostri politici, di sinistra, naturalmente, pubblicamente commossi a rate e a comando dal dramma del popolo curdo, ma sostanzialmente indifferenti, e che oggi omaggiano Erdogan come statista portatore di pace, non nutrono un sia pur minimo senso di vergogna?
Sembra proprio di no.
Pepito Sbazzeguti
(sabato 9 luglio 2022)