Al termine di questo periodo di crisi, che non sarà breve né indolore, sono convinto che possiamo uscirne migliori; dobbiamo uscirne migliori; riusciremo a uscirne migliori.
Lo credo senza superficiale fideismo, senza abbandonarmi alle decisioni irrevocabili della storia, senza credere alle necessità filosofiche, senza facili entusiasmi, ma convinto che è la forza degli uomini a dover individuare le vie d’uscita.
Si tratta di vedere: come, con chi?
Sono altrettanto convinto (Papa Francesco) che non possiamo uscirne da soli, che non sarà l’invocato “uomo forte e illuminato” a indicare la strada, ma solo la collaborazione degli uomini e delle donne “migliori” (sì, lo so che abuso di questo termine, ma ci credo): i più esperti, i più saggi, coloro che hanno creduto in una politica per l’uomo e la donna, per i minori, per i più deboli ed emarginati. Ma insieme inflessibile contro chi devia per proprio tornaconto.
Quando, nel lontano ‘68 occupavamo la Facoltà di Medicina mi era apparso chiaro che l’insieme era molto più forte rispetto al singolo, magari intelligentissimo. E credo ancora che dalla collaborazione di persone, con formazione differente escano (hegelianamente) le idee sagge e costruttive.
Parlavo di “periodo di crisi”: la intendo, e deve essere intesa, con riferimento alla sua etimologia: laddove κρίυειν significa “dare un giudizio”.
Si può giudicare, e molti lo stanno facendo, le scelte scellerate in materia di rispetto della Terra (ecologia significa appunto interessarsi della propria ampia Casa, la Terra); si può parlare di mille argomenti che devono essere ristudiati e rivalutati, ma qui voglio vedere un aspetto fondamentale della vita umana: la politica.
Credo fortemente che essa sia l’interessarsi (in questo momento) solo ed esclusivamente alla πολις, non ad una astratta filosofia e nemmeno ad una ideologia e nemmeno ad operazioni per far prevalere una parte.
Si tratta in questo frangente di riunire, ad ogni livello, solo persone sagge e competenti, che concordino sui temi da affrontare indipendentemente dalle loro antiche idee e posizioni.
Finora le scelte in politica (e parlo per ogni livello, dal più semplice – non meno importante- dei Municipi, dei Consigli di Zona, dei Comuni, fino alle aule legislative regionali e nazionali) si sono fondate sulle appartenenze: qualche lustro addietro i partiti indicavano i propri aderenti più fidati o i simpatizzanti la cui fede ideologica era (abbastanza) certa; quindi operavano affinché le scelte popolari potessero liberamente (o con qualche piccola forzatura) individuarli ed eleggerli. Certo, qualche volta risultavano elette delle persone che trovavano stima e consenso solo tra il popolo e non tra i maggiorenti dei partiti, ma erano casi rari e fortunati.
Attualmente quasi nessuno viene eletto per proprie capacità: ogni partito indica dei nomi, sapendo in anticipo (parlo soprattutto per il parlamento) chi è destinato allo scranno e chi ne rimarrà (quasi certamente) fuori.
Certo, le sorprese alla Grillo possono accadere, ma non sono destinate a ripetersi. Almeno spero. E non hanno prodotto altro che una classe (con eccezioni, ma rare) di nuovi furbi, di persone pronte a fare affermazioni e a smentirle, quindi a smentire sé stessi, appena si profilava un tornaconto personale.
Come ripartire quindi: sarà inevitabile prepararsi ad un rinnovamento delle attuali Assemblee, ormai deprivate di valore e di Valori.
Devo pensare quindi a una fase (poi magari torneremo a dividerci per altri motivi) in cui vengano fissati dei valori forti, ad ogni livello: la difesa della vita, della sua dignità, la tutela dei minori, dei più deboli ed emarginati, l’uguaglianza tra uomini e donne, la tutela dei lavoratori. Ma che veda anche un ripensamento profondo sulla sanità, sull’economia, sullo strapotere (economicistico ma gretto) di banche, assicurazioni e poteri forti (mi scuso: Monti aveva dichiarato che lui non conosce “poteri forti”. E se non lo sa lui…). E qui non esaurisco i temi da ripensare.
Abbiamo visto i risultati di una politica, dettata da alcune componenti europee ma accettata supinamente e senza vere riflessioni, che ha imposto tagli dissennati alla Sanità pubblica. Svolti con entusiasmo da ministri di destra e di sinistra.
Chi scrive aveva indicato i pericoli insiti nello svilimento della Medicina sul Territorio per esaltare solo gli Ospedali, in luogo di indicare saggiamente (e con risvolti economici non indifferenti) dove si poteva fare economia nel territorio anche senza svilire il servizio; o forse addirittura migliorandolo. Si erano indicati i pericoli insiti nello “sfruttamento” di taglio capitalistico della sanità, nello sfruttamento dei lavoratori (medici e infermieri) costretti a privilegiare scelte ed indirizzi terapeutici redditizi, scotomizzando la persona, il paziente.
Si era parlato, anche in aule consiliari dell’asimmetria fra ospedali pubblici, che dovevano ridurre i posti letto, mentre i privati potevano (anche surrettiziamente) aumentarli.
Per questo credo che, pur tra mille difficoltà, non possiamo che affrontare una fase in cui ci siano dei confronti di idee, tesi e proposte, da cui possano uscire indirizzi e persone in grado di attuarli al di là di una lontana appartenenza.
Un progetto forte, quindi, se nasce senza aspirazioni personali, senza ideologie a sostenerlo, senza egoismi o visioni del particulare.
E sono convinto che su questa strada ci si potrebbe trovare in tanti.
Maurizio Bruni
(venerdì 10 aprile 2011)