Ha vinto il Conservative Party di Boris Johnson e ha perso il Labour Party di Jeremy Corbyn: non entro nel merito delle cause della vittoria e della sconfitta. Ma guardo i risultati e – se non erro e magari qualcuno, maggior conoscitore di me della politica inglese, può correggermi – mi sembra che le forze politiche a favore dell’Europa siano in maggioranza nei consensi del popolo britannico, ma in minoranza nei seggi, dato il sistema maggioritario. Ammesso che il Labour sia per il “No Brexit”, infatti, Labour, Scottish National Party, Liberal Democrats, Sinn Fein, Plaid Cymru, Social democrat and labour party, Green, Alliance, e The independent group for change fanno quasi 17 milioni di voti pari al 52% dei suffragi, ma collezionano solo 277 seggi su 650.
Hanno votato 32 milioni di britannici e con il meccanismo dei collegi hanno dato la maggioranza assoluta dei seggi a Boris Johnson. La distanza tra Conservative e Labour è di 11,5% di punti in termini di voti e di ben il 25% in termini di seggi. Ovvero i conservatori hanno preso il 44% dei voti e portano a casa il 56% dei seggi.
È il maggioritario, bellezza, mi direbbe qualcuno. È vero, ma mi domando se sia politicamente giusto avere un sistema che consente un tale divario tra consensi e seggi e che quindi consente su una materia così delicata, come la Brexit, di dare una maggioranza assoluta di seggi in assenza di una maggioranza assoluta di consensi.
Forse esagero, ma tuttavia credo che si addensino molti problemi sull’unità della Gran Bretagna. In Scozia, il partito nazionale scozzese, pro Europa, ha preso 48 seggi, i liberal democratici ne hanno presi 4 e i laburisti uno: ai conservatori sono andati solo tre seggi. Nel Nord Irlanda, sette seggi sono andati al Sinn Fein, uno all’Alliance, due ai Socialdemocratic e Labour Party: dieci seggi ai partiti europeisti su diciotto (gli altri otto sono andati agli Unionisti). In Galles ventidue seggi sono andati al Labour, quattro al Plaid Cymru e solo 14 al Conservative.
Si consideri poi che a Londra ci sono 49 seggi al Labour, 3 al Liberal Democrat e solo 21 ai conservatori.
Quindi si può dire che Johnson ha vinto in Inghilterra, ma con il buco enorme di Londra, mentre ha perso in Scozia, Irlanda del Nord e Galles.
I problemi politici ci sono dunque, anche se coperti dai voti di un sistema maggioritario in cui i voti “pesano”.
Infatti un seggio dei Conservatori vale trentottomila voti, mentre uno dei laburisti vale cinquantunomila voti. I Verdi sono i più penalizzati (ottocento sessantaseimila voti per avere solo un seggio): i liberaldemocratici hanno dovuto collezionare quasi tre milioni e settecentomila voti per fare undici seggi: un seggio ogni trecento quarantamila voti.
Alla apparenza, dunque, il voto è chiaro, limpido, indiscutibile: nella sostanza, credo che non sia così semplice governare, anche con la maggioranza assoluta dei voti, un processo come la Brexit.
Paolino Casamari
(venerdì 13 dicembre 2019)
Ottima riflessione sul limite democratico del maggioritario, che diventa dal punto di vista della rappresentatività una sopercheria della maggioranza.