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Votare per cinque sì, ma comunque votare!

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Mancano pochi giorni ai referendum sulla giustizia, e sarebbe importante che si raggiungesse il quorum, ovvero che andasse a votare la maggioranza degli elettori. Sarebbe importante per la democrazia italiana: dare un impulso alla riforma della giustizia, che è uno dei principali gravi problemi del Paese.

In una intervista di Francesco Grignetti sulla Stampa del 26 maggio, Sabino Cassese, eminente giurista ed ex giudice della Corte Costituzionale, dice “Ritengo che sia un dovere di tutti i cittadini partecipare ai referendum ed esprimersi. Ritengo anche che bisognerà votare a favore di quei quesiti che affrontano problemi che non saranno risolti dalla riforma Cartabia.  Il referendum è uno strumento poco adatto alla riforma della giustizia, ma può diventare un mezzo di sollecitazione di un Parlamento che non riesce a decidere”.

Cassese denuncia una “continuità” tra alcune procure, una parte dell’informazione e pezzi della politica e sulla separazione assoluta delle funzioni tra inquirente e giudicante ripete che “la separazione non è risolutiva dei problemi della giustizia, ma  ha acquisito nella percezione pubblica e nel modo in cui viene considerata dal corpo della magistratura, un significato tale per cui può servire da stimolo per i magistrati assegnati alle funzioni requirenti e inquirenti al rispetto di quell’articolo della Costituzione che prescrive la riservatezza dell’accusa. Detto questo, ritengo che si tratta di due mestieri diversi e che sarà bene reclutare le persone chiamate a svolgerli con criteri diversi”

I tempi dei processi civili si sono allungati per numerosi motivi. “Innanzitutto, c’è una legislazione che non considera i tempi della giustizia e ignora che una giustizia in ritardo non è giusta. In secondo luogo, vi è un numero eccessivo di avvocati: l’Italia ha 20 milioni di abitanti in meno della Germania e 100 mila avvocati in più. In terzo luogo, vi è l’organizzazione rudimentale del processo, a cui si sta ponendo mano con il cosiddetto “ufficio del processo”. Infine c’è la completa disattenzione, da parte della magistratura dei tempi del processo.”

Cassese, che ha recentemente pubblicato un libro “Il governo dei giudici” (pagg. 97, € 12,00, Laterza) aggiunge che le tante disfunzioni sono dovute a tanti fattori, fra cui “l’antiquata distribuzione dei tribunali sul territorio fino alla irrazionale assegnazione dei magistrati ai tribunali, passando per la quasi completa assenza di attenzione per gli aspetti che riguardano i tempi e gli impatti delle decisioni sulla domanda di giustizia”.

Le riforme Cartabia del civile e del penale (e quello ammnistrativo? ndr) “non credo che risolveranno i problemi, anche se vanno nella direzione giusta. L’idea di fondo che la giustizia sia un organismo della cui organizzazione, della cui efficacia e delle cui performance ci si deve interessare, costituisce il punto d’avvio di ogni possibile riforma della giustizia. Purtroppo, tra i magistrati è diffusa una idea diversa della giustizia, atemporale, incapace di misurare sé stessa e i propri effetti, non correlata con la domanda sociale”

Prosegue Cassese: “Ho già detto prima dello sciopero dei magistrati che si trattava di un atto suicida. I risultati hanno confermato il giudizio. La motivazione ufficiale era: vogliamo essere sentiti. Di fatto, la motivazione era un’altra: vogliamo decidere noi!”

Sul quesito referendario che limita la carcerazione preventiva e sulla abrogazione della legge Severino nella parte che colpisce gli amministratori in presenza di sentenze non definitive, e sulla valutazione estesa agli avvocati e ai professori universitari nei giudizi di professionalità dei magistrati, Cassese ribadisce che “se il Parlamento non decide per tempo, sarà gioco forza rispondere positivamente ai quesiti referendari”

Anche sul quesito  attorno al Consiglio superiore della magistratura, Cassese ribadisce il suo “sì”: “Il CSM vedrà la soluzione dei suoi problemi quando la smetterà di ritenersi organo di autogoverno e comincerà davvero a svolgere le funzioni che ad esso assegna la Costituzione. Ben due volte, all’articolo 87 e all’articolo 104, la Costituzione dispone che il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura e l’articolo 105 definisce chiaramente i compiti del Consiglio: “Spettano al CSM, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti nei riguardi dei magistrati”. Solo queste sono le funzioni e vanno svolte secondo i criteri dettati dalla legge”

A mio parere – ripeto – sarebbe dunque un fatto democratico importante, che andasse a votare la maggioranza degli elettori. Temo invece che – anche per la scarsa informazione dei mezzi di comunicazione, incominciando da quello scandalo della Rai – avremo un’altra dimostrazione di disinteresse verso le istituzioni e le forme democratiche di partecipazione popolare.

È  ovviamente rispettabile la scelta consapevole  di non votare per far mancare il quorum, poiché non si condividono lo strumento referendario o i quesiti. Ma purtroppo da anni stiamo assistendo, persino in una città come Milano – che sempre è stata in prima fila nella difesa delle istituzioni democratiche – a una disaffezione nei confronti della politica e della democrazia partecipativa.

Si può gioire o piangere per i risultati elettorali, ma quando per il Comune, a Milano, vota solo un milanese su due, bisogna chiedersi davvero se la ricerca di una “democrazia plebiscitaria”, del “governismo”, non sia andata a discapito della partecipazione democratica e in definitiva della vita democratica. Spesso mi chiedo se in questi trent’anni abbiamo avuto una espansione della democrazia, della partecipazione dei cittadini alla formazione e alla determinazione della politica nazionale. Dal mio punto di vista, preferirei anche una maggioranza di “no” piuttosto che non venga raggiunto il quorum.

Spero di essere smentito ma temo che anche questa tornata referendaria confermerà una deriva di indifferenza, sintomo non positivo, anzi, una brutta malattia della democrazia italiana.

“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(domenica 5 giugno 2022)

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