Ci volevano i Sindaci per costruire una opposizione nel Paese al decreto sicurezza. Certo, il Pd ha fatto l’opposizione al decreto, anche con effetti scenografici: le “maschere bianche” indossate dai parlamentari. Per inciso, non credo che nelle aule parlamentari, come nei consigli comunali e regionali, sia cosa buona e giusta portare cartelli, maschere, giubbotti, ecc.: credo che per il senso, per il valore e il rispetto delle istituzioni in quelle aule ci debba essere solo il confronto verbale e politico basato sulle idee, non sugli atti più o meno folcloristici e propagandistici. Altre sono le sedi adatte per la propaganda.
Mi sembra francamente stucchevole che nel PD oggi si apra una discussione circa la necessità di applicare o meno una legge approvata alla fine di novembre dal Parlamento. Né credo che i Sindaci possano diventare un partito. Né Orlando né tantomeno De Magistris appartengono alla categoria dei miei eroi preferiti, ma un merito va loro dato: quello di avere sollevato con forza, agli occhi di tutta l’opinione pubblica, nel Paese, la questione della violazione dei diritti umani e delle norme costituzionali, espressa dai contenuti del cosiddetto “decreto sicurezza”; autorevoli giuristi hanno dichiarato che il decreto crea degli altri “irregolari” e nello stesso tempo, fa dell’immigrato irregolare la «minaccia» alla sicurezza. Ora che il “travestito” da poliziotto, da pompiere, ecc. alimenti questa campagna basata sulla paura dell’immigrato, sulla rabbia contro gli irregolari e sull’intolleranza verso gli stranieri, soprattutto africani, è risaputo e che questa campagna gli procuri dei consensi, in particolare al Sud, è registrato dai sondaggi. E che costui, più che il Ministro dell’Interno, faccia il capo della Lega nazional-popolare in perenne campagna elettorale è altrettanto risaputo. Quello che non mi torna, è l’atteggiamento del PD, che capisco è preda delle primarie. E qui vengo al punto. Può oggi un partito di opposizione pensare che quanto fa o dice nell’aula parlamentare sia sufficiente per far giungere le proprie posizioni ai cittadini? E che quello che diranno i telegiornali o i giornali radio (non parlo della Rai, “gazzetta ufficiale” del governo, come non lo era mai stata neanche ai tempi dello scontro ideologico quando si temevano i “cosacchi in Piazza San Pietro”) o i giornali siano sufficienti? O pensa con twitter e facebook di risolvere il problema di comunicazione? Forse sarebbe opportuna una qualche riflessione sui mille giorni a Palazzo Chigi, con i tanti tweet e post, incominciando dall’hashtag “#Enricostaisereno”. Ci si ricordi che non li hanno inventati il truce o l’imbelle questi modi di comunicazione politica. Forse bisogna anche pensare che, accanto ai nuovi strumenti, usati in maniera coordinata e non in ordine sparso – ogni deputato e senatore per conto suo, senza una vera e propria direzione della campagna di “propaganda” – bisogna tornare alla presenza capillare nel territorio, fatta di volantini, di incontri porta a porta, quartiere per quartiere, per raggiungere tutti,
Da settembre, quando è stato presentato il decreto sicurezza ad oggi, si potevano mobilitare circoli, sindaci, presidenti di regione, comuni, regioni, associazioni di volontariato, ecc. Capitolo a sé sarebbe quello del sindacato, che purtroppo non si è mosso neanche per la iniqua, vergognosa imposta sulle rimesse degli immigrati.
Paolino Casamari