Giapponesi che non hanno capito di aver perso la guerra
In un momento in cui si scompone il quadro politico, ho trovato da dilettanti allo sbaraglio la proposta dell’“intergruppo” tra Leu – M5S – PD. O per meglio dire, da giapponesi che non hanno ancora capito che la guerra è finita e che l’hanno persa. Nel momento in cui la destra si divide, il PD accetta di fare una operazione che di fatto palesa almeno tre conseguenze.
Primo: mostrare che il PD e i suoi compagni di viaggio sono minoritari tra i sostenitori del governo Draghi (vista la decomposizione delle 5S).
Secondo: difendere una esperienza di governo superata nei fatti e mostrare di conseguenza una certa tiepidezza nei confronti del governo Draghi, una mancanza di entusiasmo e di sostegno convinto e appassionato del nuovo governo ; tiepidezza che nasce per dirla con Machiavelli per paura degli avversari (Lega, in particolare) e per la incredulità (stupidità) degli uomini.
Terzo: manifestare la volontà di isolare le forze più centrali nello schieramento politico rappresentativo, “Azione” “+Europa” e in particolare i cattivoni di “Italia viva”.
La somma degli errori del PD è drammatica: la guida politica del PD (si chiami come volete, Bettini, Zingaretti, Orlando, Boccia, Provenzano, Franceschini) è stata talmente disastrosa che in un partito che non sia “spuma o schiuma” come questo, si sarebbero richieste le dimissioni dei gruppi dirigenti e un congresso immediato. Il sostegno fino all’estremo del Conte II, quando era evidente a tutti che non c’era speranza di tenerlo in vita , il sostegno ad operazioni di puro clientelismo e trasformismo, non erano comprensibili se non alla luce di un “doroteismo filogovernativo” tanto evidente quanto imbarazzante.
Non è un caso fortuito, uno sbaglio del momento, che il partito che predica bene e razzola male, non abbia una donna fra i ministri.
Il correntismo, malattia inguaribile del PD
Il PD ha messo gli esponenti delle tre correnti: e se capisco Guerini alla Difesa ben voluto dal Quirinale, mi riesce incomprensibile la riconferma di un Ministro come Franceschini, che è già stato al governo per otto anni (97 mesi) con D’Alema, Amato, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi: un’altro poverino per il quale “l’alleanza con le 5S è inesorabile se vogliamo tornare a governare” (5 dicembre 2020, non un secolo fa). Credo che l’unico che avesse bisogno di Orlando al governo, al Lavoro, era lui medesimo, un’altro che è stato cinque anni al governo (61 mesi) prima all’Ambiente con Letta, poi alla Giustizia con Renzi e Gentiloni.
Il correntismo è più forte delle esigenze di competenza, di capacità e delle questioni di genere. Per inciso, a mio parere, anche Draghi poteva ampliare di più la presenza femminile, e, con un pò più di coraggio, superare il “manuale Cencelli” del dosaggio tra parlamentari e non parlamentari, cioè dei posti riservati ai “partiti”. Insisto nel dire che i “tecnici” nel momento in cui hanno un incarico di governo sono dei “politici” a tutti gli effetti. Spiace che in questi equilibri non sia stata riconfermata all’Agricoltura Teresa Bellanova: anche con la sua dichiarazione di voto al Senato ha dimostrato di essere una politica di razza.
Un gruppo dirigente incapace
Ora, che quel gruppo di dirigenti del PD, che ha dovuto fare buon viso alla costituzione de governo Draghi, pensi ancora ad una alleanza con le 5S e Leu, dimostra quanto manchi di visione strategica e anche di capacità tattica e politica. Già il peso politico di Leu è marginale, ma anche se fosse ben più consistente, prosegue la visione “sinistrorsa” che tanti danni ha fatto al PCI: a sinistra del “partito” non vi deve essere nulla e con questo assunto, non tiene in considerazione e anzi demonizza quell’area riformista che sta nel centro sinistra su posizioni non estremiste.
Per di più, la volontà di stare con un movimento spappolato tra populisti vaffanculisti, puri e inutili, e governisti a cui è tanto piaciuta la marmellata del potere, rischia di allontanare un altro pezzo di elettorato dal PD: quell’elettorato che non vede nel M5S grillino un portatore di valori e ideali tonificanti e rigeneranti la politica della sinistra.
È persino commovente il tentativo di giustificare l’appoggio a Draghi con la “transizione ecologica” di un movimento (che sta perdendo molte stelle) contrario a tutte le infrastrutture (Tav, Tap, opere pubbliche), viziato di statalismo (vedi Autostrade, Alitalia, Ilva), di assistenzialismo (reddito di cittadinanza per tutti, senza creare lavoro), privo del senso dello stato di diritto ( il giustizialismo manettaro) e portatore di una confusa visione del ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo (tra la strada della sete cinese, Putin, Maduro, Trump e Biden).
Con Conte e Di Maio, l’Italia è sparita dalla Libia e si è disinteressata dei nostri approvvigionamenti energetici nel Mediterraneo, contestati dalla Turchia. E per l’Africa, tornata prepotentemente e drammaticamente attuale con l’uccisione, nel Congo, dell’ambasciatore italiano, del carabiniere e dell’autista, non si è mai delineata una politica seria. Ci si è trastullati (non solo la Lega) con la falsa e demagogica battuta dell’ “aiutiamoli a casa loro”. Sulla immigrazione i governi Conte I e II si sono mossi come il pendolo di Foucault, senza esercitare neanche una pressione sull’Europa per una politica di effettiva, legale e controllata, immigrazione.
Cielle
(martedì 23 febbraio 2021)