Ho letto in questi giorni “Storia e geopolitica della crisi ucraina Dalla Rus’ di Kiev a oggi”. Il saggio è scritto da Giorgio Cella dottore di ricerca in “Istituzioni e Politiche” alla Università Cattolica di Milano, dove è docente nel corso Storia e politiche: Russia ed Europa orientale. Tra i vari incarichi è stato osservatore dell’OCSE nelle elezioni in Ucraina del 2019.
Il libro, che è stato pubblicato nel settembre del 2021, contiene richiami continui a documenti originali e si rivela uno strumento prezioso per l’analisi dei complessi fenomeni che hanno condotto nei secoli all’odierno conflitto in Ucraina.
Quanto scritto da Giorgio Cella è di grande attualità in quanto pubblicato alla vigilia della aggressione di Putin ed è molto interessante anche sotto il profilo della storia antica dell’Ucraina con storie che dal medioevo ad oggi si sono propagate attraverso le vicende di diverse etnie che solo in parte nel 1922 e definitivamente nel 1991 si sono unificate in uno stato nazionale indipendente.
Dalla lettura del libro ho ricavato alcune mie considerazioni che riguardano la situazione bellica in corso. Sarebbe qui troppo lungo ripercorrere tutte le vicende storiche ma è interessante arrivare ai giorni nostri per comprendere meglio le motivazioni vere o false che stanno alla base dell’occupazione russa della Crimea nel 2014 e l’aggressione nel febbraio di quest’anno.
Dopo la disgregazione dell’URSS dopo i fatti del 1989, tra cui la caduta del muro di Berlino e il fallimento dei vari tentativi di mantenere uniti gli stati che erano appartenuti all’URSS stesso e che nel frattempo erano diventati stati indipendenti come Ucraina, Kazakistan e Bielorussia, si rese necessario un accordo su base mondiale tra le potenze nucleari per evitare che le testate nucleari che l’URSS aveva collocato nelle basi di quei territori fossero fuori controllo magari, cadendo nelle mani di gruppi terroristici.
Con un processo non certo breve si raggiunse un accordo chiamato “Memorandum di Budapest” firmato il 5 dicembre 1994 dalle grandi potenze nucleari USA, Russia, Gran Bretagna a cui si associarono Francia e Cina. Questo importante accordo contro la proliferazione nucleare prevedeva fra l’altro che gli stati indipendenti tra cui l’Ucraina avrebbero dovuto restituire le armi nucleari presenti nel loro territorio alla Federazione Russa, in quanto erede unica dell’URSS sia sul piano giuridico e politico che su quello di una più generale continuità storico-statuale russa.
Kazakistan e Bielorussia consegnarono senza problemi le armi alla Russia, l’Ucraina tergiversò per qualche tempo in quanto affermava che senza le armi nucleari non avrebbe potuto difendere in modo adeguato i suoi confini e la sua indipendenza, infine sotto la pressione della diplomazia internazionale il governo di Kiev cedette e consegnò le armi alla Federazione Russa, ottenendo però un accordo di “protezione” da parte di USA, Gran Bretagna, Federazione Russa, con Francia e Cina firmatari che consisteva nel fatto che queste potenze sarebbero intervenute nel garantire a Ucraina, Kazakistan e Bielorussia i confini e l’indipendenza anche in presenza di indebite pressioni militari ed economiche e in special modo contro l’uso delle armi nucleari verso stati non dotati di armi nucleari.
Ora tralasciando le problematiche di Kazakistan e Bielorussia, che nel frattempo sono diventati di fatto satelliti della Federazione Russa di Putin, rimane da considerare come la Federazione Russa abbia violato, prima in Crimea (2014) e Donblatz e poi ancora nel febbraio del 2022 con l’aggressione a tutta l’Ucraina, gli accordi del “Memorandum di Budapest” facendone carta straccia, senza tenere in minimo conto che l’annessione tramite l’uso della forza, la modifica dei confini usciti dai trattati internazionali di pace, così come l’occupazione manu militari hanno costituito una invalicabile linea rossa nelle relazioni internazionali, come del resto è recepito dalla Carta delle Nazioni Unite. Principi e patti sottoscritti dall’URSS e poi dalla Federazione Russa.
La diplomazia russa ha giustificato le violazioni gravi e ripetute agli accordi di cui sopra affermando che gli accordi di Budapest erano stati firmati con un governo ucraino diverso e che questo governo era stato abbattuto in seguito alla rivolta di piazza Majdan a Kiev.
Queste affermazioni sono due volte mendaci, in primis gli accordi internazionali si fanno tra Stati e non fra governi, semmai si chiedono di sospenderli e di ridiscuterne, cosa che la Federazione Russa non ha fatto. In secondo luogo l’elezione che ha portato all’attuale presidenza di Zelensky è avvenuta 4 anni dopo i fatti di piazza Majdan che portarono alla caduta del governo filorusso, alla richiesta di adesione alla UE e costarono un centinaio di morti su cui la polizia del governo filorusso sparò indiscriminatamente.
Rimangono delle considerazioni: i garanti degli accordi di Budapest hanno risposto con le sanzioni alla Federazione Russa, soccorsi umanitari e invio delle armi (non vendita delle stesse), evitando interventi diretti come la “no fly zone” per non innescare una guerra mondiale devastante.
La Nato e la UE non sono direttamente tra i garanti degli accordi di Budapest e pertanto la NATO interverrebbe militarmente solo in caso che fosse aggredito uno stato membro della stessa.
Naturalmente Zelensky ha tutti i diritti di chiedere aiuti e di lamentarsi se non sono sufficienti alla sua difesa ma la gradualità degli stessi deve tener conto dei pericoli globali.
Infine l’ultima obiezione della Federazione Russa e che riguarda soprattutto Crimea, Donblatz e zone russofone, se fosse vero che Putin è andato a liberare queste zone dal giogo di Kiev come afferma, queste popolazioni lo avrebbero dovuto accogliere come un liberatore, accogliendo i suoi carri armati con baci e fiori come accadde in Italia e in Francia all’arrivo degli Alleati. Invece le cose non sono andate così perché gli ucraini, anche quelli delle zone “russe”, si sono ribellati, hanno preso le armi e dopo un mese dall’intervento l’avanzata stenta e ai russi non resta che distruggere le città.
Carlo Visco Gilardi
(domenica 27 marzo 2022)
Grazie per le informazioni sul libro e particolarmente per la tua sintesi chiara sul problema che fa nascere la domanda “non dovrebbero/potrebbero fare di piu’ i garanti degli accordi di Budapest?”
Bravo. Aggiungo che non esistono zone ” russofone” perché il russo è parlato in tutta l’Ucraina. Per brevità dirò che l’Ucraina arrivava fino al Don eal Caucaso col. Kuba. E che la lingua ucraina era vietata già ai tempi dello Zar.