Non è un caso che la FIM-CISL stia conquistando, elezione dopo elezione, la maggioranza negli organismi di rappresentanza sindacale delle principali aziende metalmeccaniche italiane (grandi, medie e piccole), ben distribuite su tutto il territorio nazionale.
Non è un caso perché il suo Segretario Generale, Marco Bentivogli, rappresenta, sia dal punto di vista dell’elaborazione teorica, che da quello della prassi, la punta più avanzata del sindacalismo italiano.
Notevole è la sua produzione teorica: un libro “Abbiamo rovinato l’Italia?”, ben tre manifesti di natura politica (il primo firmato con Carlo Calenda e pubblicato da il Sole 24 Ore il 12 gennaio 2018 dal titolo “Un piano industriale per l’Italia della competenze”, il secondo firmato con Leonardo Becchetti, Mauro Magatti e Alessandro Rosina pubblicato da l’Espresso il 16 dicembre 2018 dal titolo “Un forum civico per il post sovranismo” e il terzo di pochi giorni fa dal titolo “Riscossa urgente” pubblicato da il Foglio il 3 gennaio 20199 e firmato dagli stessi autori del precedente).
Notevole è anche la sua produzione mediatica: partecipazione a convegni (tanto da far sospettare un invidiabile dono di ubiquità), interviste e opinioni (ovunque: da il Sole 24 Ore al Corriere della Sera, dal Giornale di Brescia a Grazia), partecipazioni a trasmissioni radiofoniche e televisive, attivo uso dei social media.
I maligni (anche all’interno del sindacato) lo accusano di bulimia mediatica, magari allo scopo di passare alla politica. Di questo s’è parlato molto a sproposito nei mesi scorsi lasciando immaginare un suo impegno nel PD, magari in ticket con Marco Minniti. Molto a sproposito.
Chi lo conosce bene, però, sa che questa defatigante attività è finalizzata solo ed esclusivamente ad affermare con forza il ruolo del sindacato, il ruolo attuale e prospettico di un sindacato moderno attento alla realtà del mondo del lavoro dei nostri giorni, alla fisionomia della società che questo mondo da una parte, vincola e, da un’altra parte, rende possibile.
Si tratta di uno sforzo teorico necessario poiché il sindacato vive la crisi di rappresentanza che strazia tutti i corpi intermedi nella nostra società e deve, per recuperare la propria capacità di rappresentanza, definire una nuova identità e affermare un vero e proprio diritto di cittadinanza.
Ma non si tratta solo di uno sforzo teorico. Chi ha seguito con attenzione le più importanti vicende sindacali di questi ultimi mesi, prima fra tutte la vicenda ILVA (ma non solo questa), ha potuto constatare come la sua impostazione teorica si accompagni con la massima efficacia con la prassi negoziale, sempre rivolta alla soluzione dei problemi e non alla recita di un ruolo autoreferenziale, alla reiterazione di slogan frustri o all’esibizione muscolare a fini mediatici, ma inconcludente a fini pratici. Chi ha seguito la vicenda ILVA nelle stanze del MISE sa bene che la soluzione della vertenza si deve principalmente al pragmatismo di Bentivogli.
Nell’epoca del dialogo diretto, disintermediato, tra cittadini/elettori e chi detiene il potere politico, nell’epoca della semplificazione esasperata di forme e concetti di partecipazione democratica, anche il sindacato viene tentato dalla deriva populista. Anzi, forse il populismo politico ha avuto la strada facilitata proprio dal populismo sindacale espresso soprattutto in forma mediatica con una eccessiva presenza nei vari talk show televisivi. L’effetto (voluto o indesiderato) è quello di presentare il sindacalista massimalista come l’ospite estroso, magari anche pittoresco, nelle feste in casa della borghesia metropolitana.
Per questo Marco Bentivogli è l’unico antidoto a questa deriva e rappresenta oggi la sola speranza per la rivitalizzazione del ruolo del sindacato in Italia.
Ne scriviamo oggi perché è di oggi una sua intervista su La Stampa a proposito del rischio di effetto disoccupazione della manovra recentemente approvata dal Governo, con particolare riferimento all’introduzione di Quota 100 per il pensionamento.
Una presa di posizione attenta, motivata e opportuna.
Ben venga questa sua bulimia mediatica (se di questo vogliamo che si tratti)! Al confronto, l’anoressia mediatica dei suoi colleghi sindacalisti appare molesta, incomprensibile e letale per le sorti del sindacato e, il che è peggio, dei lavoratori.
Pepito Sbazzeguti
Bentivogli è sicuramente il migliore tra i dirigenti sindacali italiani: e, con la sua iniziativa “teorica e pratica”, sta trainando la Cisl. C’è da augurarsi che spinga anche le altre confederazioni a confrontarsi sul suo terreno: quello di un sindacato che promuove l’innovazione e difende i più deboli. In particolare la Cgil, dove sarebbe bello veder emergere i Colla e i Bonini. Il maggior sindacato italiano merita di meglio di Maurizio Landini.