Mi ha colpito una notizia. A Bisceglie, città natale del capogruppo del PD al Senato Francesco “Assistente civico volontario” Boccia, il candidato sostenuto dall’assistente non è arrivato al ballottaggio. Ma si sa “nemo propheta acceptus est in patria sua” . Tanto più se lo conosci bene, dicono i maligni. Il candidato sostenuto dal PD ha ottenuto il 24% dei voti e la lista PD l’8,8%: il che è tutto dire. Ma la vera notizia su cui dovrebbe riflettere anche l’assistente, è il numero delle liste.
Un candidato era sostenuto da 8 liste, un altro da 11 liste, un altro ancora da 14 liste, un altro da una lista: a Bisceglie 34 liste che hanno raccolto il 58% degli elettori aventi diritto.
Allora sono andato a vedere almeno i dati dei comuni capoluogo di provincia.
A Brescia c’erano 18 liste, che hanno raccolto il 53% degli elettori.
A Sondrio 12 liste con il 50% dei voti
A Treviso 14 liste, con il 49%
Ad Imperia 9 liste, con il 53%
A Vicenza, 15 liste con 50%
A Massa 20 liste con 56%
A Pisa 16 liste con il 49%
A Siena 23 liste, con 58%
Ad Ancona 18 liste, con il 51% dei voti
A terni 20 liste, con il 51%
A Teramo 15 liste, con il 63%
A Latina 9 liste con 54%
A Brindisi 14 liste con il 54%
In sostanza nei 13 comuni capoluogo abbiamo avuto una media di 16 liste con il 53% dei voti alle liste.
E allora sono andato a vedermi i dati delle elezioni comunali a Milano.
Nel 1990 (ultima senza l’elezione diretta del sindaco) ci sono state 14 liste votate dal 81% degli elettori: 990.997 voti su 1.229.279 elettori. C’erano nove gruppi consiliari.
Nel 2021, 28 liste per un totale di 449.563 voti, pari al 44% degli elettori: la metà degli elettori del 1990. Oggi ci sono dieci gruppi consiliari. Da quando c’è l’elezione diretta del Sindaco nelle sette elezioni si sono presentate in media 25 liste.
Alle regionali della Lombardia, nel 2023 si sono presentate 12 liste che hanno raccolto 2.881.164 voti, pari al 36% degli elettori. Con 11 gruppi in Consiglio Regionale
Nel 1990 (ultima prima del “governatore” votato dal popolo) 18 liste con per 6.247.978 voti, pari all’86% degli elettori: più di due volte i voti del 2023. Con 14 gruppi rappresentati in consiglio, che allora era un ente legislativo.
Alcune considerazioni.
Con l’avvento del maggioritario e la elezione diretta del Sindaco e del “Governatore” non si è semplificato il quadro politico: i gruppi consiliari sono rimasti quasi della stessa entità.
Il numero delle liste presentate è esploso, perché con il sistema maggioritario, ancora più della organizzazione del consenso, occorre affermare la presenza di gruppi, di componenti che diventano interlocutori nella distribuzione del potere associato alla vittoria: ogni lista vuole la sua parte, di assessori, di posti nelle aziende e negli enti pubblici. Poiché, detto terra terra, ogni voto marginale nel maggioritario può essere decisivo per la vittoria, ecco che si affollano le liste, che alla fine chiederanno di pagare il conto. La raccolta del consenso non avviene per nobili ideali, ma per calcoli di potere, di posti.
Del resto, con molte più liste che all’epoca del proporzionale ovvero della tremenda prima repubblica, la partecipazione dei cittadini è andata progressivamente diminuendo, fino ad essere attorno al 50% e in molti casi sotto il 50%, come nelle amministrative di Milano e nelle regionali della Lombardia. È un dato fisiologico, dicono, che ci accomuna all’Europa: ma, chiedo, qual è la soglia minima accettabile oltre la quale la democrazia rappresentativa o plebiscitaria (elezione diretta del sindaco e del “governatore”) lascia il campo a una “democratura”, alla dittatura della minoranza, in cui una élite super minoritaria prende decisioni per conto di tutti? E, cara grazia, se l’élite è liberale, poiché il progressivo svuotamento di funzioni e di contrappeso delle assemblee elettive lasciano spazio al cesarismo, al bonapartismo.
E il combinato disposto del plebiscito ad una persona – grazie anche alle tecniche di raccolta e di organizzazione del consenso (più o meno manipolato, con un aumento esponenziale della demagogia) – e la decadenza o il disfacimento o la disarticolazione di una organizzazione politica (istituzionalizzata e regolamentata come prevede la Costituzione) possono dare luogo a fenomeni di cesarismo, senza alcun controllo, né delle assemblee elettive rappresentative né dell’élite, più e meno grandi, di un partito, costituito e regolato da norme democratiche.
Abbiamo anche avuto un esempio di conflitto tra democrazia rappresentativa e plebiscito, con il fenomeno delle primarie del PD, in cui gli iscritti al partito, entità definita, sono surclassati dal voto di elettori dalla identità indefinita: il cesarismo in questo caso è temprato dalla presenza di cacicchi, e di capibastone delle correnti che sono i detentori del potere reale della organizzazione. E poi la formazione della élite dirigente non avviene attraverso un processo democratico dal basso, ma attraverso la mediazione di cacicchi e capibastone, dall’alto.
Al di là dei risultati dei voti validi, che assegnano seggi e cariche, a prescindere dal numero reale degli elettori e delle percentuali dei votanti, una qualche riflessione sul corto circuito delle democrazia a cui stiamo assistendo dovrebbe essere fatto.
Con tutte queste “innovazioni”, considerando vecchia una Costituzione e le sue conseguenti istituzioni con solo 75 anni di vita (una inezia nella storia di un Paese e di una democrazia), si è allargata la partecipazione democratica dei cittadini ? Vi è una maggiore presenza delle masse popolari nella vita istituzionale del Paese ?
Perché questa ultima era la prima preoccupazione dei costituenti, di tutti i partiti antifascisti; consapevoli che il fascismo aveva vinto anche perché lo Stato liberale non aveva fatto sentire alle grandi masse popolari cattoliche e socialiste lo Stato come parte essenziale della loro vita. “Piove, Governo ladro” era il motto di chi considerava lontana ed estranea la politica e le istituzioni e che considerava ininfluente la sua partecipazione alla politica nazionale. I Costituenti avevano pensato anche agli strumenti per concorrere alla formazione e a determinare con metodo democratico la politica nazionale. Ed è vero che i partiti ce l’hanno messa tutta per delegittimarsi, ma poi qualcuno (oddio, mandanti ed esecutori sono stati parecchi, alcuni anche per stupidità) ha capito che poteva dare il colpo di grazia ai partiti, per avere la seconda repubblica, personalistica, plebiscitaria e con lo spoil system, con i leaders carismatici.
Ma “carismatico” non è sinonimo di “democratico”
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 26 maggio 2023)