L’altro giorno, su “La Stampa” Mattia Feltri ha fatto un ritratto di uno dei leader del PD.
“Benevolo con prudenza”
“leri ho letto sul Fatto Quotidiano l’anticipazione del nuovo libro di Goffredo Bettini (se qualcuno
non sapesse chi sia, è uno che ama aggrottare la fronte e scrutare il futuro per dispensare consigli
che il Pd segue da almeno quindici anni, cioè da quando non vince più le elezioni).
Non è vero: non ho letto l’anticipazione. Ho letto le prime sei righe, dove dice molto
male di Matteo Renzi, con il quale, ammette, fu tuttavia “benevolo”, per quanto “con prudenza” e
“mantenendo una marcata autonomia”.
Sarei anche andato avanti, ma lette le prime sei righe sono venuto meno. E non so se
fu il delirio, ma sentivo la voce di Bettini…
“La sola proposta propulsiva, credibile, combattiva è Matteo Renzi” (aprile ‘13);
“Si vince innovando, Renzi è l’innovazione” (giugno ’13)
“Renzi premier? Lo voterei subito” (luglio ’13);
“Il giorno dopo che Renzi avrà vinto le primarie, cambierà la politica italiana” (luglio’13);
“Mettere Renzi alla gogna è autodistruttivo per il Pd” (luglio ’13);
“la premiership più capace è quella di Renzi” (luglio ’13);
“Ha ragione Renzi, il governo Letta non può durare” (luglio’13); “Renzi è la nostra e vera unica
risorsa per dare un governo democratico all’Italia”(luglio’13);
“Renzi è innovativo, dinamico, popolare. I giovani del Pd lo sostengano-“(settembre ’13);
“Renzi ha straordinariamente rimesso in moto la politica italiana e ridato una speranza al
Paese” (maggio *14);
“La resistenza a Renzi nel Pd è avventurosa e arriva da leaders del passato”(aprile’15)…
Benevolo, ma con prudenza e mantenendo una marcata autonomia…
Se servisse, negherebbero pure il nome della madre.”
Ne ha combinate di tutti i colori
Così scrive Feltri. Ma Bettini ha cominciato ben prima di quindici anni fa a fare danni. Goffredo Bettini è stato nella segreteria nazionale della federazione giovanile comunista con segretario D’Alema, poi segretario della federazione romana del PCI, poi segretario del PCI del Lazio Ha avuto come maestro Pietro Ingrao, è stato berlingueriano, dalemiano, occhettiano e poi veltroniano, ecc. Ha occupato tutti i posti possibili: consigliere comunale, assessore a Roma, consigliere regionale del Lazio, più volte parlamentare nazionale poi parlamentare europeo.
Rutelli gli affidò il cantiere dell’Auditorium di Roma e poi la gestione dello stesso; con Veltroni fondò la “Festa del Cinema di Roma” (se ne sentiva la mancanza, Venezia non bastava).
Il geniale trio radicalcattolico-ingraiano-cattocomunista inventa la staffetta Rutelli-Veltroni.
Prima Rutelli candidato leader contro Berlusconi ( che vince a mani basse) e Veltroni va a sostituirlo come sindaco di Roma (lasciando i Ds senza segretario, con un coordinatore, Pietro Folena, e i DS arrivano al minimo storico, con il 16,6% dei voti ). Poi Veltroni si dimette per fare il segretario del PD ( Bettini è il coordinatore delle primarie e poi coordinatore della segreteria veltroniana) e Rutelli si candida di nuovo a sindaco; risultato, vince Alemanno.
Il sindaco Marino
Bettini fa e disfa, a suo agio in quell’organismo monocellulare che è il “generone romano”: promuove la candidatura di Marino a Sindaco di Roma, e non lo difende – anzi – da quelli (capeggiati da Michela Di Biase, moglie di Franceschini, promossa oggi a deputata) che vanno a firmare dal notaio per cacciare Marino: risultato, elezioni anticipate, e vince Raggi.
Un particolare rilevante: Marino, su suggerimento di Bettini, portò Carlo Fuortes da amministratore delegato di “ Musica per Roma-Auditorium Parco della Musica” a Sovrintendente dell’Opera, dove, come primo atto, voleva licenziare tutti i musicisti e i coristi.
Quel Fuortes che oggi in bilico come amministratore delegato della Rai fa circolare la voce che è candidato alla Scala, dove peraltro c’è Dominique Meyer, che non ha manifestato nessuna intenzione di lasciare l’incarico. Ma il generone romano deve trovare un posto a Fuortes, visto il cambio di governo, che investirà anche la Rai.
A presidente di Musica per Roma adesso c’è il capo dell’Ufficio stampa della Rai, Claudia Mazzola.
Le primarie, inutili se non dannose
Per inciso, ricordo che Marino fu anche candidato a segretario del PD alle primarie del 2009, vinte da Bersani (53%) su Franceschini (34%, che allora creò la sua corrente AreaDem, tuttora allegramente in funzione) e su Marino (13%, sostenuto a Milano da Pierfrancesco Majorino). In quelle primarie, ad appena due anni dalle precedenti che incoronarono Veltroni, ci fu anche l’esclusione della candidatura di Beppe Grillo.
E a proposito di primarie: per il sindaco di Roma nel 2013, Marino si dimise da senatore e ottenne il 55% delle preferenze, imponendosi sul capodelegazione del PD all’Europarlamento David Sassoli (27%), già Ministro delle Comunicazioni del Governo Prodi II, e sul renziano Paolo Gentiloni (15%). E poi abbiamo visto come è finita.
Il sindaco Gualtieri
Bettini si è vantato della candidatura di Gualtieri a sindaco di Roma, e quando qualcuno ha detto che voleva interferire con le nomine del sindaco, se l’è presa e – sdegnato e anche un po’ amareggiato (che diamine, con tutto quello che fatto per Gualtieri!) – ha rassegnato le dimissioni dal consiglio di amministrazione dell’Istituto Luce-Cinecittà spa, dove era stato messo da Franceschini. A proposito, il 31 marzo 2022 ha scritto il Foglio: “è stato assunto come direttore del personale e degli affari legali, Maurizio Venafro, già capo di gabinetto di Nicola Zingaretti in regione Lazio e da sempre legatissimo a Goffredo Bettini (in passato, era lui a rispondere al telefono dell’ideologo del PD)”.
Nemico dei riformisti
Il prode Bettini ha sempre fieramente combattuto i “miglioristi”: per lui la parola “riformista” era sinonimo di tradimento del partito. E anche recentemente si è distinto; “Colpisce ad esempio l’argomentazione di Goffredo Bettini, secondo il quale non sarebbe “uno scandalo” se le “istanze più riformiste e liberali” si accomodassero fuori dal Pd insieme a Renzi” come ha scritto Andrea Romano.
Ne ha fatte di tutti i colori, consigliando male molti segretari del PD, che lo hanno cercato anche nel suo habitat naturale preferito, dopo Roma, la Thailandia.
E poi, tutti insieme appassionatamente (novembre 2021) al 69° compleanno del mesticcione Bettini: Giuseppe Conte, Gianni Letta, Carlo Fuortes, Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Andrea Orlando, Peppe Provenzano; e i giornali, “meschini” ( li definisce Bettini) parlano di summit sul Quirinale e la Rai. E subito su Facebook Bettini profonde politica: ”Con Dario Franceschini, Andrea Orlando e Nicola Zingaretti in totale spirito repubblicano (sic! Ndr) abbiamo tentato, in parte riuscendoci, a salvare l’Italia con il governo Conte. E non a caso anche Conte è stato con noi in modo discreto, empatico, in piena amicizia. Siamo ora dentro una nuova storia che speriamo di saper onorare.”
Le ultime perle di saggezza le ha distribuite sostenendo a spada tratta il Conte II, contro il malvagio Renzi: Bettini voleva e vuole “mescolare gli elettorati di PD e 5S”, prefigurando una unità organica. Conte è il suo leader, il capo dei progressisti, e l’intesa strategica con le 5 stelle il suo obiettivo.
Un altro, per le scemenze che ha combinato e per le tante che ha detto, sarebbe già stato zittito da tempo e messo in un angolo. Invece, lui e Veltroni, ogni settimana, ci spiegano il mondo sulle pagine del “Corriere della Sera” e su altri giornali: che sia una cosa delle trattorie e dei salotti romani? Addirittura Veltroni ce lo troviamo in TV (Rai e Sky) a parlare anche di calcio.
Il “generone romano” e il ponentino
Oggi come allora, il grande pericolo che il PD corre è quello di essere romano-centrico, come lo sono state le formazioni precedenti, PDS, DS, ecc. : persino il Pci ha avuto un limite in questa “romanità”. E non parliamo di quando addirittura è preda del cosiddetto “generone romano”, un organismo monocellulare, che ingloba destra, sinistra, centro: è un’ameba mangia-cervello, un nemico subdolo che cresce nelle temperature miti favorite dal ponentino, che si sviluppa nei salotti e nelle terrazze romane (ricordate il film di Ettore Scola?) e che pervade politica, economia, affari, curia romana, istituzioni democratiche, cultura. enti e aziende pubbliche, livelli elevati dell’apparato dello Stato.
Una ameba che ingloba anche chi viene dal Nord. Il vento del Nord si trasforma in un vento lieve, delicato, una brezza marina che addolcisce le temperature e mitiga il clima: “quer venterello” che indolcisce, ammorbidisce, addomestica e intenerisce, induce al riposo, attutisce i problemi, smorza le tensioni. “Volemose bene, semo romani” disse il Papa ai parroci romani.
In quell’ambiente dei Palazzi romani, appaiono lontane le periferie, il disagio, la insicurezza sociale e fisica, le esigenze delle forze produttive, delle masse lavoratrici, dei piccoli, medi e medio-grandi imprenditori; gli immigrati irregolari non bivaccano in via Condotti e la stazione Termini è lontana. Come lontana appare l’Europa: l’importante è che non si scalfisca il centralismo statale, poiché esso è strumento e compagno di una gestione del Mezzogiorno clientelare e assistenziale, utile a mantenere il potere romano.
Da Roma, il Nord appare una entità lontana, fastidiosa, petulante, anche nelle sue richieste di decentramento, di autogoverno, di produttività, di efficienza, persino di uguaglianza di opportunità.
Insomma il Nord e Milano sono una periferia. L’importante è che non disturbino i giochi romani dei Palazzi.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(mercoledì 16 novembre 2022)
Caro Luigi, più leggo i tuoi articoli e più mi viene voglia di abbandonare l’Italia. Ormai è tardi. Ma mi resta la saggezza di tenermi lontano da Roma.
Un abbraccio e sempre grazie per quello che scrivi e per la tua indomita passione di uomo libero.
W l’Inter e W San Siro!
Massimo