Quella che segue è la storia di un intrigo in stile veterodemocristiano che emana, come aggiungerebbero i benpensanti che non si sanno spiegare certe realtà, uno stantio odore di massoneria o di sagrestia.
Sussurrano dunque a Torino che lunedì 21 gennaio, in occasione della Giornata della Compagnia di San Paolo, il presidente Francesco Profumo annuncerà la sue dimissioni in anticipo sulla scadenza del mandato. Con l’automatica conseguenza di decadere dalla presidenza dell’Acri, la potente Associazione delle fondazioni di origine bancaria. L’Acri dovrebbe così anticipare a febbraio l’elezione del suo nuovo presidente anziché procedere alla fine della primavera come sempre è accaduto. Seguendo la prassi ordinaria, Profumo dovrebbe a suo tempo lasciare al successore il voto della Compagnia in sede Acri. Con le dimissioni anticipate, invece, potrebbe ancora votare per interposta persona. Fino al regolare rinnovo del Consiglio Generale della Compagnia, infatti, Profumo sarebbe surrogato dalla vicepresidente Rosanna Ventrella. La quale, già si sa, darebbe attuazione all’orientamento di Profumo, favorevole alla nomina del milanese Giovanni Azzone alla presidenza dell’Acri.
Giochi di potere lontani dalla realtà? Mica tanto. Le fondazioni bancarie – giova ricordarlo – esercitano un ruolo rilevante in generale nella società italiana attraverso la beneficenza, che soccorre un welfare pubblico sempre più povero, e in particolare nelle grandi banche, prima fra tutte Intesa Sanpaolo, attraverso le loro partecipazioni strategiche, ma anche, e proprio attraverso l’Acri, nella Cassa Depositi e Prestiti, il “nuovo Iri” i cui vertici sono anch’essi in scadenza.
Com’è noto, Azzone è appena asceso alla guida della Fondazione Cariplo per volontà di Giuseppe Guzzetti. Il sindaco di Milano e buona parte della constituency della fondazione avrebbero voluto Ferruccio Resta, soluzione vista bene anche dal ministro dell’Economia. Ma l’accordo informale sul candidato Resta era stato raggiunto senza il benestare preventivo di Guzzetti. Il sindaco Sala e tutti gli altri ritenevano l’ottantanovenne Guzzetti ormai fuori dai giochi, ma sbagliavano e così è arrivato Azzone, fedelissimo del Grande Vecchio che, grazie alla sua lunga esperienza nella sinistra democristiana, si era costruito nel tempo un network di relazioni così trasversale e ramificato da consentirgli di comandare per 22 anni in Cariplo e in Acri e di determinare poi il primo giro di successori.
Per completare il quadro, vanno tenuti presenti altri tre elementi, squadernati senza smentite dai giornali.
Primo elemento, il sostegno di Profumo alla candidatura Azzone in Acri deriverebbe da un patto tra la Compagnia torinese, la Fondazione di Cuneo e la Fondazione Cariplo in forza del quale le due fondazioni piemontesi avrebbero seguito le indicazioni di voto della consorella milanese nelle vicende dell’Acri. Le avrebbero seguite, si badi bene, anche a costo di rompere la solidarietà tra le fondazioni sabaude, che, sempre stando ai “si dice”, vorrebbero in Acri un altro piemontese, l’alessandrino Fabrizio Palenzona, neopresidente della Fondazione CRT e un tempo influente vicepresidente di Unicredit.
Secondo elemento, dimettendosi adesso, il torinese Profumo si renderebbe tecnicamente disponibile a succedere al torinese Gian Maria Gros-Pietro alla presidenza di Intesa Sanpaolo quando, nella primavera del 2025, verrà nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione della banca. Al contrario, se Profumo rispettasse la prassi consolidata, che vuole il rinnovo del Consiglio della Compagnia ai primi di maggio, il passaggio non sarebbe giuridicamente possibile in forza del Protocollo Acri-MEF che impone un“cooling period” (“un periodo di raffreddamento” ndr) di almeno 12 mesi tra l’uscita dal vertice di una fondazione e l’ingresso nel vertice della banca partecipata. Quel Protocollo – giova ricordare anche questo fatto – venne varato per evitare il ripetersi di esperienze pericolose come era stato, al di là di fattispecie penali dalle quali la persona è stata assolta, l’immediato passaggio dell’allora presidente Mussari dalla Fondazione Mps a banca Mps. Quel Giuseppe Mussari, che aveva presieduto anche l’Acri, sostenuto da Guzzetti, ma questa è solo una piccola coincidenza preterintenzionale.
Terzo elemento. Si legge sulla stampa che l’idea di una presidenza Profumo in Intesa Sanpaolo avrebbe l’appoggio decisivo della guzzettiana Cariplo, mentre il potentissimo amministratore delegato, Carlo Messina, si guarda bene dal manifestare opinioni in una materia, la composizione del Consiglio di Amministrazione, che non è né può diventare competenza del management.
Orbene, in base allo statuto della Compagnia di Sanpaolo e delle regole più elementari della buona governance, un quadro siffatto dovrebbe essere semplicemente non credibile. Ma poiché se ne parla e straparla in lungo e in largo, e la cosa infine riguarda la più importante banca del Paese, sarebbe forse il caso di accendere un faro sia da parte del MEF, deputato alla sorveglianza sulle fondazioni, sia da parte della Banca d’Italia e alla Bce, che esercitano la vigilanza sulle banche di rilevanza sistemica, e sia infine da parte degli stessi investitori istituzionali di solito sensibili alla buona governance.
Anzitutto, lo Statuto della Compagnia riserva un ruolo centrale al Presidente nella procedura di designazione e di nomina del nuovo Consiglio Generale, che è formato da 17 componenti in rappresentanza di 12 enti. Non a caso il presidente, organo di governo distinto dal Consiglio, resta in carica fino alla scadenza del Consiglio medesimo, che la prassi, dettata dal Regolamento, porta fatalmente ai primi di maggio.
Rileggere l’iter delle nomine aiuta a capire le manovre in corso: in corso almeno sui giornali. Secondo il comma 4 dell’articolo 8 dello Statuto, è infatti il Presidente a invitare gli enti a designare i candidati al nuovo Consiglio almeno 90 giorni prima della scadenza dell’organo di indirizzo. E gli enti devono provvedere entro 90 giorni, salvo una proroga di 15 giorni nel caso non riescano a esprimere i propri candidati. È ancora il Presidente a guidare l’istruttoria sui candidati per accertarne i requisiti etici e professionali, la qual cosa un po’ di tempo richiede, e poi a trasmettere al Segretario Generale i nomi del nuovo Presidente e del nuovo Vicepresidente entro 10 giorni dalla riunione di insediamento del nuovo Consiglio.
Dato questo iter, che cosa fa Profumo? Il presidente in carica della Compagnia stringe i tempi e il 4 dicembre 2023 invia agli enti l’invito formale a mandargli le designazioni entro il 4 marzo. Un anticipo largo abbastanza da rendere possibile sul filo di lana la sua candidatura al Consiglio di Amministrazione di Intesa Sanpaolo. Ma se qualche ente nicchiasse e sfruttasse i 15 giorni di proroga, il gioco si complicherebbe assai.
Perché? Perché l’assemblea di Intesa Sanpaolo si tiene a fine aprile e le liste per il Consiglio di Amministrazione vanno depositate almeno 25 giorni prima. Di qui le indiscrezioni sulle dimissioni anticipate di Profumo. L’anticipo dell’anticipo.
Comunque sia, il galateo istituzionale vorrebbe che Profumo, qualora davvero intendesse dimettersi dalla Compagnia entro gennaio, avvertisse per tempo non solo i suoi grandi elettori, quantomeno la Regione Piemonte e il Comune di Torino, che, sia detto tra parentesi, è parecchio indebitato con Intesa Sanpaolo, ma anche il Ministero dell’Economia e la Vigilanza della Banca d’Italia e della BCE. L’ha fatto? Lo farà? Non è dato sapere. Certo è che di fronte a tali soggetti il presidente dimissionario dovrebbe motivare in modo trasparente e convincente la sua scelta.
Lo scambio tra la presidenza della Compagnia, primo azionista di Intesa Sanpaolo, e quella della banca, riferito più volte da numerosi quotidiani, sarebbe una giustificazione difficile da ben argomentare in relazione alla buona governance.
Naturalmente, Profumo potrebbe smentire i giornali, quanto meno per il momento, per fare spazio ad altre ragioni. Tutte da scoprire. Nell’attesa, non sarebbe un gran male se i vigilati e/o i vigilanti spiegassero al grande pubblico la genesi, i contenuti e le finalità del patto di voto in sede Acri tra la Fondazione Cariplo e le consorelle piemontesi. Un patto che magari non avrà un’influenza diretta e immediata sulle quotazioni del titolo Intesa, ma che, se confermato, certamente l’avrebbe sulla governance della banca nella misura in cui un patto del genere peserebbe nel mercato delle poltrone dentro e fuori la Cà de Sass.
Debitamente informati, i soggetti vigilanti avrebbero modo di vagliare per tempo sotto il profilo delle competenze economico-finanziarie il cursus honorum di Profumo, già rettore del Politecnico di Torino, presidente del CNR, ministro nel governo Monti e docente di “Macchine e azionamenti elettrici”. Indubbiamente la presidenza di una fondazione così importante come la Compagnia di San Paolo fa curriculum, ma con la riserva sui tempi dell’eventuale passaggio dalla fondazione alla banca. Rispettare il Protocollo Acri-MEF per il rotto della cuffia può soddisfare il formalismo dei legulei, ma rispetta anche la sostanza, e cioè la prevenzione dei conflitti di interesse, che sta a cuore agli azionisti grandi e piccoli della maggior banca italiana e alle istituzioni vigilanti?
Naturalmente, tutto questo complicatissimo intrigo verrebbe destituito di ogni fondamento se Francesco Profumo continuasse nel suo silenzio e, con il rigore istituzionale che gli è stato fin qui riconosciuto da tutti, ottemperasse al suo mandato in Compagnia fino alla naturale scadenza.
Devil
(martedì 17 gennaio 2024)