Per mesi illustri giornalisti ci hanno tediato sulla scomparsa della opposizione e oggi se ne sentono e se ne leggono di belle. Quello che ci spiega che adesso il PD è uscito dal limbo dove era “da due anni a questa parte”: non si è accorto che c’è stato il governo Gentiloni, anche perché lui correva dietro a Renzi, qualche volta a fianco (faceva più notizia). C’è anche un’intervista a un genio, che dietro la manifestazione di Milano ha visto “che la storica macchina del Partito Comunista resiste”: sic !
Ora, ci sono due cose che mi colpiscono. La prima: il truce baùscia va a Roma a celebrare in piazza la sua presenza al governo, e la più grande manifestazione contro il razzismo (e contro di lui) si svolge a Milano, nella città che dovrebbe essere la roccaforte della Lega del Ministro dell’Interno. Ed è un fatto politicamente rilevante che Milano sia, nella sua tradizione democratica e antifascista, in prima fila nella lotta contro qualsiasi germe di razzismo.
La seconda cosa. Ci hanno rotto i “cabbasisi” (termine di origine araba), come Camilleri fa dire a Montalbano, o come diciamo al centro nord, gli “zebedei” (termine di origine ebraica), montando la panna con il voto sulla scalcagnata piattaforma Rousseau per decidere di salvare dal processo il loro alleato: appena 50.000 voti e per di più pilotati con domande “suggestive”. Vi ricordate anche, a maggio 2018, la consultazione dei due ladri di Pisa sul programma di governo ai gazebo (215.000 nel weekend della Lega) e sulla piattaforma Rousseau (44.796 votanti in totale delle 5 S), Per chi non lo sapesse, i ladri di Pisa erano quelli che andavano a rubare insieme durante la notte e poi litigavano fra loro tutto il giorno per dividere il bottino.
Ora, dopo le primarie 2019, si può ben dire che non c’è gara di partecipanti tra PD e gli altri: 8 volte più della Lega e 36 volte più delle 5S. Lo dico, visto che qualcuno si aggrappa ai numeri delle precedenti primarie, svoltesi in tutt’altro contesto politico e storico.
Non c’è razzismo, i dati non lo confermano, dice il truce baùscia, e dice una stupidaggine: non ci sono numeri da confrontare , ma il razzismo, come la xenofobia, il fascismo e il nazismo si devono stroncare sul nascere: anche il minimo segnale, e ce ne sono stati anche troppi, deve fare scattare l’allarme, perché quelle sono male bestie che crescono con una rapidità inverosimile e in men che non si dica ti ritrovi di fronte a un mostro. Certo chi sdogana frasi e atteggiamenti barbarici, che vanta nel suo curriculum insulti razzisti verso i “terroni”, tende a minimizzare fatti preoccupanti: ma questo non può farlo il Ministro dell’Interno, e bisogna ridirglielo in Parlamento, che non è il Ministro dell’Interno della Lega, è il Ministro dell’Interno dell’Italia. Come bisogna ricordare al comico che non è affatto meno preoccupante, se il razzismo fosse anche solo un fatto mediatico.
Le 5S, come la Lega, non possono stare tranquilli di fronte ai segnali di insofferenza nei loro confronti che si esprimono in tanti modi: dalle elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna, dalla manifestazione sindacale unitaria di piazza San Giovanni in Roma, dalla variopinta e pluralistica presenza antirazzista di Milano, alla partecipazione massiccia delle primarie del PD. E sono segnali che vengono dall’elettorato di entrambi, non solo da quello delle 5S.
Farebbe bene, d’altra parte, Zingaretti a non pensare che il voto delle primarie sia “del nostro popolo”: pensare che ci sia il ”nostro popolo” è un modo sbagliato di pensare agli elettori e alla complessità del Paese.
Molti italiani hanno partecipato alle primarie per dare un segnale di opposizione al governo; per dirla con Alessandro De Angelis, sul “Huffingtonpost”, hanno fatto un nuovo investimento sul PD, ma non hanno dato un assegno in bianco. Ed è vero che con questo voto si è archiviato il renzismo fiorentino, e mi auguro anche il veltronismo romano: senza abiurare il passato (anche quello precedente al 2014), bisogna far tesoro degli errori monocratici e politici del passato, senza abbracciare un nuovismo fasullo con qualche pessimo stratega veltroniano.
Un altro acuto analista politico, Federico Geremicca, sulla “Stampa” ha scritto che adesso si aspetta la politica di Zingaretti sulle disuguaglianze e sull’ambiente. Mi permetto di aggiungere, sulla immigrazione e sulla sicurezza, sulle quali il baùscia costruisce il consenso anche nel “nostro popolo” (lo uso per dire quanto errata sia questa definizione). E sarebbe importante – a mio parere – che il PD mettesse al centro del suo agire politico, l’occupazione femminile e la produttività, temi che richiamano fortemente la questione della formazione, del lavoro, del riconoscimento del merito e dell’impegno, della qualificazione professionale, della parità uomo-donna, dei servizi sociali.
Il comico non poteva che demonizzare una manifestazione antirazzista contro il suo alleato di merende, ma si è dimenticato, nella citazione di Shakespeare, che il poeta è indignato nel “vedere il merito viver mendicando”…e splendidi onori indegnamente conferiti” (Sonetto 66). E il governo giallo nero, ogni giorno, è lì a dimostrare quanto sia incapace, impreparato e dannoso per l’Italia.
Luigi Corbani
Già, tutto vero e ben detto. Però quando si viene alla questione del lavoro e del lavoro femminile, vero antidoto alla sopraffazione e alla violenza, vero strumento di civiltà dei rapporti anche familiari, si scopre che il tema preferito per le imminenti celebrazioni dell’8 marzo targate Pd è il femminiciduo e i suoi dintorni. Cioè si preferisce guardare la vittima e abbandonarsi al compatimento. Ovvero, come disse l’allora segretario Pd Maurizio Martina, le italiane hanno bisogno di tutela. Non so se è chiaro, ma è la cultura prevalente nel Pd che non appartiene al presente e tanto meno può costruire il futuro. La tutela, espressa nell’articolo 37 della Costituzione, nega la libertà e la responsabilità e per questo era cara alla Dc e tollerata dal PCI. Però circola tuttora come buona moneta. Indizio che il Pd porta sulle spalle una zavorra che gli impedirà di far fruttare quel tesoro che sono i votanti delle primarie o i manifestanti del 2 marzo