Una violazione delle norme parlamentari come quella del 22 dicembre in Senato è difficile da credere. Passi che nessuno della maggioranza si sia iscritto a parlare: è la dimostrazione palese della “democrazia diretta”, in cui i deputati e senatori sono chiamati ad essere dei semplici schiaccia-bottoni agli ordini del Capitano e del Capo Politico. Almeno non hanno detto tutte le castronerie che abbiamo sentito in questi mesi: “Questo lo dice Lei !”.
La cosa che trovo insultante sono le interruzioni, le volgarità e gli strepiti contro Emma Bonino, che si era permessa di dire che “il vostro è il più grave attacco nella storia della Repubblica alla democrazia rappresentativa e alla Costituzione”, frase a cui peraltro si era associato Giorgio Napolitano che frequenta le aule parlamentari dal 1953.. La Presidente del Senato ha dovuto richiamare alla educazione i senatori della maggioranza durante l’intervento del sen. Mario Monti. Tutto ciò è la evidente dimostrazione del fastidio per il dibattito e il confronto delle idee, della maleducazione e della tracotanza che sono il minimo comune denominatore dei due ex antagonisti, in campagna elettorale l’un l’altro oltraggiosi: al ragionamento, l’ignorante preferisce l’insulto, il “vaffan…”.
Pochi giorni prima il Presidente della Repubblica aveva richiamato al rispetto per la democrazia rappresentativa, espressione e interprete della sovranità popolare: narrare fabellam surdo asello, purtroppo.
Ora. È vero che nel passato, si è abusato dei voti di fiducia: nella scorsa legislatura 107 volte, quasi una legge su tre delle 354 pubblicate in Gazzetta Ufficiale è passata con almeno un voto di fiducia; in quella ancora precedente, governo Berlusconi IV e governo Monti, 97 volte.
Fra l’altro, trovo una anomalia che il voto su una mozione di sfiducia (art. 94 della Costituzione) non possa essere messo in discussione prima di tre giorni dalla presentazione, mentre per il voto di fiducia, su una legge o un provvedimento del governo, basti un giorno.
Così come si è abusato dei decreti legge, quelli che servono per evitare le lungaggini parlamentari e le divisioni delle fragili maggioranze su cui, di solito, si basano i governi del “maggioritario”: solo nell’ultima legislatura 95 (25 con l’esecutivo Letta, 54 con Renzi e 16 con Gentiloni). Sarebbe bello confrontare le legislature dal 1994 ad oggi, con quelle dal 13 luglio 1946 (De Gasperi II, primo governo della Repubblica) al 10 maggio1994 (Governo Ciampi), sui voti di fiducia e sui decreti legge, strumenti che, ove se ne abusi, umiliano la democrazia parlamentare.
Ma l’altra notte si è passati oltre: si è stracciata anche una minima parvenza di democrazia rappresentativa. E la cosa non sorprende, visto che le 5S sono a sovranità e mandato parlamentare limitato dalla Casaleggio srl: sono chiamati ad eseguire gli ordini. Stupisce che nessuno, anche della Lega, si ribelli ad essere trattato come uno zerbino: 270 pagine di emendamento – tra l’altro tre versioni diverse, nello stesso pomeriggio – da votare al buio e senza discussione: cosa che, man mano che si esamina il maxi-emendamento, porrà seri problemi ai senatori e deputati della Lega, nei loro collegi elettorali del Nord.
Anche nel passato, ci sono stati i maxi-emendamenti con fiducia – pratica sbagliata, secondo me – ma almeno riassumevano, le discussioni e gli emendamenti delle commissioni bilancio, dopo due o tre mesi di lavoro. Si è almeno rispettato l’art. 72 della Costituzione: “Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale… La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi”.
I garanti del processo costituzionale di formazione delle leggi sono i Presidenti delle Camere e il Presidente della Repubblica (art. 87. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo; art 73. Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dalla approvazione ) che può anche chiedere una nuova deliberazione (art. 74 Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere [art. 87 c.2] chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata). Non mi è mai piaciuto che si chiamasse in causa il Capo dello Stato per vicende legate allo scontro politico, ma qui la prima, la seconda e la terza carica dello Stato devono essere chiamati a far rispettare le norme della democrazia parlamentare su cui si basa la nostra Costituzione. In particolare il Presidente della Camera deve fare in modo che i deputati abbiano il tempo necessario per discutere un provvedimento del tutto nuovo e sconosciuto, strombazzato solo dalla “gazzetta ufficiale” della Rai. O forse anche Fico pensa che il dibattito parlamentare sia inutile, assecondando così il combinato disposto del Bauscia e della Casaleggio srl. ? Non succede nulla se si va in esercizio provvisorio per una settimana o quindici giorni, anzi per dirla, con uno che la sapeva lunga, si risparmia.
Luigi Corbani
24 dicembre 2018