Elisabetta Piccolotti e Michela De Biase se la sono presa di brutto (maschilisti, misogini, ecc. ) perché sono state presentate come le mogli di Nicola Fratoianni e di Dario Franceschini. A loro come ai loro partiti, non viene in mente che lo scandalo è la candidatura dei loro mariti ?
Infatti se il marito della Piccolotti stesse a casa, sarebbe conveniente anche per le istituzioni. In fondo Fratoianni ha fatto due legislature, la XVII (2013-2018) e la XVIII (2018-2022) e potrebbe essere utile per la sua esperienza al partito, per organizzarlo, per radicarlo nel territorio, visto che oggi appare più uno strumento per le candidature che per fare politica. Fra l’altro il Pd si toglierebbe dall’impiccio di ospitare nelle sue liste uno che si è opposto a quel gasdotto in Puglia che si chiama TAP, che tanto ci è utile in questo periodo, per avere gas dall’Azerbaijan, invece che dalla Russia.
È divertente vedere su Facebook il confronto dell’aprile 2017 tra Fratoianni (“Oggi alla Camera ho portato di fronte al Ministro Calenda tutte le ragioni dei cittadini e delle amministrazioni salentine contro TAP. Ho chiesto la sospensione dei lavori.”) e il Ministro Calenda. Per inciso, nel 2018 Fratoianni è stato eletto non in Puglia, ma in Piemonte; e nel 2022, il PD dove lo candida? In Toscana?
La candidatura della signora Michela De Biase sarebbe cosa sacrosanta, visto il suo curriculum di esperienze a Roma e nel consiglio comunale capitolino: è stata fra le protagoniste della lotta per far dimettere il Sindaco Marino, con il risultato invidiabile di aprire la strada alla Raggi.
De Biase è stata rieletta nel 2016 in Campidoglio e nel 2018 eletta anche in Regione Lazio, dove è segretaria dell’ufficio di Presidenza. Per due anni è stata sia in consiglio comunale che in consiglio regionale: cosa che evidentemente nel PDS e PD è consentita, anche se teoricamente l’impegno nel consiglio regionale è a tempo pieno, così segnalerebbero anche gli emolumenti corrisposti ai consiglieri regionali.
Dunque, la signora De Biase, moglie del Ministro Franceschini, ha tutte le carte in regole per stare in Parlamento. Non sarebbe cosa buona e giusta se ci stessero marito e moglie, per di più in una Camera di 400 deputati e in un Senato di 200 componenti. E anche, se uno andasse alla Camera e l’altro al Senato, la cosa non sarebbe, diciamo così, di buon gusto.
D’altra parte Franceschini potrebbe darsi da fare per riconquistare al PD la sua città natale, visto che nel suo collegio elettorale dell’Emilia Romagna è successa una cosa che neanche la mente più perversa poteva immaginare: il Sindaco di Ferrara è un leghista. Il mio primo capogruppo, a Bresso, Flavio Dolcetti diceva che nella sua città di origine, Ferrara, un piccione aveva il 50% di probabilità di colpire un comunista.
Quando, nel 1980, nel quartiere Alessandrino di Roma, nasceva Michela De Biase, Franceschini era eletto per la Democrazia Cristiana, nel consiglio comunale di Ferrara. Nel 1995 si candidava anche a sindaco, con i Cristiano sociali e la Federazione dei Verdi, ed è arrivato terzo, fuori dal ballottaggio, con il 19,95% dei voti: venne eletto il candidato sostenuto dal PD, Alleanza Democratica, Popolari, PSDI, Socialisti italiani e PRI.
Comunque sarebbe lungo il racconto delle formazioni politiche frequentate da Franceschini, dalla Democrazia Cristiana, poi al Ppi di cui è stato vicesegretario con Letta 1997-1999, poi alla Margherita, al PD di cui è stato vicesegretario 2007-2009 con Veltroni e poi segretario dopo le dimissioni di Veltroni da febbraio a novembre 2009.
Concorre poi alle primarie della segreteria del PD dell’ottobre 2009, e ottiene il 34% dei voti, ma viene sconfitto da Bersani, Ma da buon democristiano organizza la sua corrente “Area Dem” (tuttora alacremente operante per la distribuzione delle candidature dei fedelissimi) e Bersani, per garantire l’unità del PD, lo fa capogruppo alla Camera
A parte questo, con varie coalizioni (L’Ulivo 2001, l’Unione 2006, coalizione di centrosinistra 2008, Italia- bene comune 2013, coalizione di centrosinistra 2018) Franceschini è in Parlamento dal 2001, ha fatto cinque legislature (XIV-XV-XVI-XVII-XVIII), quasi ventidue anni.
Ma oltre a questo, è stato quasi nove anni e mezzo al governo: più di sette anni il capo della corrente “Area Dem” li ha trascorsi al Ministero dei Beni e delle Attività culturali. (e al Turismo). (vedi nota illustrativa a piè di pagina)
Vi risparmio un giudizio complessivo sulla sua attività. Non voglio ricordare qui le genialate del portale “Verybello” per l’Expo e di quel disastro economico e di audience di “It’s art”, la Netflix della cultura italiana, come l’ha chiamata l’esimio Ministro: costi di produzione per 7,7 milioni e ricavi per 140.000 euro, con una perdita totale di 7,5 milioni a carico del contribuente italiano.
Vorrei qui ricordare due cose. La legge che regola il settore della musica è la legge 800 detta “legge Corona” , fatta appunto dal Ministro Achille Corona, socialista, il 1 ottobre 1967. Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, Presidente del Consiglio Aldo Moro e firmatari Taviani, Pieraccini, Preti, Colombo, Bosco e il Guardasigilli Oronzo Reale.
Ogni volta che hanno messo mano a questa legge, come il trio Veltroni-Dini-Melandri, o in questi anni con decreti ministeriali a bizzeffe, hanno peggiorato la situazione (basta pensare alle Fondazioni liriche), ma l’impianto legislativo per fortuna è ancora un punto di riferimento.
Il sostegno alle attività di spettacolo è ancora regolato dalla legge 30 aprile 1985 n° 163, istitutiva del fondo unico dello spettacolo, fatta da Lelio Lagorio, socialista. Presidente della Repubblica Sandro Pertini, Presidente del Consiglio Bettino Craxi e Guardasigilli Mino Martinazzoli. In questi ultimi anni, hanno cercato in tutti i modi di demolire l’impianto della legge, cercando anche di stravolgerla, con decreti ministeriali ed elaborati algoritmi. Sarebbe bene che il prossimo Parlamento prenda in esame tutti i decreti vigenti e le somme extra FUS che vengono erogate, spesso con scarsi controlli degli organi parlamentari.
Intendo dire dunque, che è vero che al peggio non c’è mai limite, e forse il futuro ci riserva amare sorprese, ma certamente chi ha diretto per oltre sette anni il Ministero poteva e doveva fare meglio e di più, e lasciare un segno positivo per la cultura e lo spettacolo in Italia. A me, per esempio, fa impressione che nonostante la maggiore quantità di soldi di questi anni, non sia stata creata, sostenuta, lanciata una orchestra, una attività stabile e continuativa, che aumenti l’occupazione in un settore che vede centinaia di conservatori sfornare ogni anno qualche migliaio di musicisti diplomati, anche in zone dove non ci sono teatri musicali o orchestre operanti. L’Italia ha meno orchestre sinfoniche del Belgio o dell’Olanda, per citare alcuni Paesi dell’Unione europea più piccoli dell’Italia.
Certamente, ci ricordiamo di Corona e di Lagorio, non so se e come ci ricorderemo di Franceschini.
Per questo, sarebbe cosa buona e giusta, che nell’ambito di una riduzione dei parlamentari, chi ha già avuto tanti riconoscimenti, lasci il posto ai giovani e alle donne in particolare.
Ma sono quasi sicuro che Franceschini riapparirà di nuovo candidato e nominato, magari paracadutato dalla Emilia in Campania in un collegio sicuro. E vedremo come finirà con la signora De Biase. Prego in ogni caso di non fare paragoni con Togliatti e Jotti. Non è davvero il caso, per rispetto della storia e per decenza.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(domenica 14 agosto 2022)
Nota illustrativa
Franceschini ha iniziato nella XIII legislatura, come Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio (22 dicembre 1999 – 25 aprile 2000) con il governo D’Alema e ha proseguito con il governo Amato (26 aprile 2000 – 10 giugno 2001): 537 giorni con delega alle riforme istituzionali.
Poi nella XVII legislatura è stato Ministro per i Rapporti con il Parlamento e il Coordinamento dell’Attività di Governo (28 aprile 2013 – 21 febbraio 2014) con il governo Letta. 300 giorni.
Poi, quando il suo voto fu decisivo per sfiduciare Letta con la famosa risoluzione della Direzione PD a trazione Renzi,
divenne Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo (22 febbraio 2014 -12 dicembre 2016) ovviamente nel governo Renzi, e poi proseguì in tale incarico con il governo Gentiloni (13 dicembre 2016 – 31 maggio 2018): 1560 giorni.
Nella XVIII legislatura ha ripreso poi il Ministero (sempre con il suo fido scudiero Salvatore Nastasi, e qui ci sarebbe da aprire un lungo capitolo, ma per oggi lasciamo stare) con il Governo Conte II (5 settembre 2019 – 12 febbraio 2021) e poi dal 13 febbraio con il Governo Draghi, ma in quest’ultimo caso la delega al Turismo viene giustamente affidata ad un altro Ministro. In questa tornata con Conte e con Draghi, ad oggi sono 1074 giorni al governo.
Un post argomentato, ineccepibile.
Con un solo limite; non evidenzia come dovrebbe , quanta ARROGANZA partitocratica rivelano candidature così poco giustificate e così malamente e opacamente decise.
Caro Luigj, ritratti perfetti. Complimenti. Credo che ti potresti esercitare anche a proposito di molti altri… un caro saluto.
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Certo, hai ragione, ne potremmo raccontare tante!