Quali sono le ragioni per cui in Italia si continua a discutere da quasi sei mesi sull’opportunità di ricorrere al MES [1] che, per citare una frase della Merkel, “non è stato creato per restare inutilizzato”?
La prima, principale ragione che viene addotta, dai partiti di opposizione (non tutti) e dal M5S (oggi non tutto, pare), è che il Mes è stato istituito con un Trattato, e dunque se non si cambia quel Trattato permangono validi tutti i pesanti vincoli (le cd “condizionalità) che vi sono previsti. Il Mes diventerebbe cioè una specie di “Cavallo di Troia” per “commissariare” l’Italia, nel senso che il nostro Paese sarebbe costretto ad accettare tutte le pesanti condizionalità statuite dal Trattato istitutivo (del tipo di quelle sperimentate dalla Grecia, per intendersi).
La seconda ragione, più legata alla contingenza, è che nessun Paese della zona euro ha utilizzato la linea di credito del Mes, per cui l’Italia sarebbe l’unica a farlo e ciò le procurerebbe uno “stigma” negativo sui mercati internazionali.
Entrando subito nel merito, sulla seconda ragione osservo che: a) a suo tempo, come è risaputo, lo hanno utilizzato Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda e Cipro e (Grecia a parte, ma qui il discorso meriterebbe un approfondimento estraneo alle finalità di questa nota) non hanno patito, a causa del Mes, effetti catastrofici, anzi; b) questi paesi (in più la Francia) hanno spiegato che oggi non vi ricorreranno perché hanno opportunità di mercato più convenienti; c) sullo “stigma”, si potrebbero opporre valide argomentazioni perfettamente opposte a quelle adombrate in caso di ricorso al Mes.
Alla prima ragione è opportuno dedicare un maggiore approfondimento. Ricordando, innanzitutto, che con lettera del 7 maggio 2020 indirizzata al Presidente dell’Eurogruppo [2] e firmata da Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis, rispettivamente Presidente della Commissione Economica dell’UE e Vicepresidente esecutivo e Commissario per i Servizi finanziari, si sono precisate, sulla base di un robusto parere del Servizio legale, le linee interpretative del Trattato in caso di ricorso al MES come strumento di “Pandemic Crisis Support”. Per quanto riguarda la sorveglianza rafforzata, si escludono:
- le missioni ad hoc di Commissione, BCE (ed eventualmente FMI);
- le verifiche della BCE sulla capacità di vigilanza del sistema bancario;
- la raccomandazione allo Stato beneficiario di adottare misure correttive precauzionali o di predisporre un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico;
- la richiesta di presentare, d’intesa con la BCE e, se del caso, con l’FMI, un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico integrativo che comprenda obiettivi annuali di bilancio.
Inoltre, si precisa – cosa molto importante – che:
- la sorveglianza rafforzata cessa in anticipo se lo stato ha speso l’intero stanziamento concessogli per le finalità specifiche della linea di credito e la Commissione ha completato la sua verifica al riguardo;
- la sorveglianza post programma (che in via ordinaria viene esercitata finché un Paese non ha rimborsato almeno il 75% dell’assistenza finanziaria che ha ricevuto dal MES) non può portare in nessun caso a raccomandare allo Stato l’adozione di misure correttive.
Contestualmente alle linee di indirizzo della Commissione – circostanza temporale non casuale -, nel sito del MES sono stati pubblicati tutti i documenti sulla pandemic crisis line [3].
Le linee di indirizzo oggetto della lettera Gentiloni-Dombrovskis indirizzata al Presidente dell’Eurogruppo – alla quale ha lavorato, come ricordato più sopra, il Servizio legale a supporto del Consiglio e della Commissione – secondo alcuni commentatori sarebbero esposte:
- al rischio di Ricorso contro la Commissione perché in contrasto con la lettera del regolamento 472/2013 [4] o addirittura al rischio di impugnazione della comunicazione in quanto di natura decisoria;
- al rischio che tra un paio di anni la Commissione cambi orientamento e, a fronte di una generale ripresa dell’eurozona, l’Italia fosse l’unico paese ancora con instabilità finanziaria (…e politica).
Rispetto a questi dubbi, a parte la considerazione per cui una messa in discussione dell’operato della Commissione in presenza delle conseguenze epocali della pandemia assumerebbe un significato politico deflagrante per l’intero edificio comunitario, è bene ricordare che la via prescelta dalla Commissione, sulla base del parere del Servizio legale, ha dalla sua alcuni importanti precedenti, che contribuiscono a ritenere poco verosimile tale circostanza, anche se non fanno “giurisprudenza comunitaria”[5].
Per cominciare a tirare qualche conclusione, penso innanzitutto che la questione del Mes non possa ridursi a una mera questione giuridica, ma vada inquadrata nel contesto più complessivo delle decisioni che hanno segnato la direzione politica e istituzionale che l’UE ha adottato a seguito della pandemia (con la previsione degli strumenti molteplici messi in campo: SURE, BEI, MES, BCE, RF).
In questa prospettiva, credo si possa osservare quanto segue:
1) il timore che, per un paese grande come l’Italia che ha un debito pubblico oramai superiore ai 2500 miliardi di euro, l’UE utilizzi strumentalmente il MES (36 miliardi) per decidere la sorveglianza rafforzata è semplicemente ridicolo. Tale rischio, semmai, dovrebbe impensierire per la malaugurata eventualità delle difficoltà di rimborso che dovessero intervenire per i circa 121 miliardi di euro (dei 209 complessivi accordati con il Recovery Fund) che dovremo cominciare a restituire dal 2027 in avanti (per un periodo di trent’anni);
2) la decisione di fare a meno del MES (considerato il risibile, quando non negativo, tasso di interesse, con un risparmio di cinque miliardi di euro sul decennio di tempo massimo di rimborso) è semplicemente folle;
3) la spiegazione che queste risorse non servono perché ci sono quelle del RF è semplicemente sbagliata, perché le risorse del MES sarebbero disponibili subito, mentre quelle del RF (sempre che riusciamo a prenderle) servono ad altro, e arriveranno, a rate, a partire dalla seconda metà dell’anno prossimo (tranne che, forse, un dieci per cento di anticipo).
In aggiunta a tutte queste cose, alcune domande:
1) ma non abbiamo detto che la tragedia del Coronavirus è dipesa dalla desertificazione del tessuto intermedio tra cittadino e ospedale, con l’esigenza primaria di correre ai ripari con urgenza, anche al fine di fronteggiare una recrudescenza della pandemia?
2) e non lo abbiamo detto già sei mesi fa?
3) e nel frattempo cosa abbiamo fatto? Dobbiamo – Dio non voglia – forse aspettare nuove tragedie per riconvincerci che quel tessuto va ricostruito, come peraltro il Mes avrebbe consentito di cominciare a fare già dal mese di giugno?
4) e – sempre che Dio non voglia – chi sarebbero i responsabili morali e politici di una nuova, simile tragedia, se non quelli che hanno alluso e continuano genericamente ad alludere a “trappole e dintorni” messe apposta dall’Europa?
5) e ancora, considerato che quelle risorse hanno un vincolo di destinazione (per spese sanitarie dirette e indirette, comprese cioè quelle per la sicurezza nelle imprese, nelle scuole, ecc.), non si potrebbe (e dovrebbe) anche tener conto degli effetti indotti per il rilancio di attività economiche, suscettibili di risvolti occupazionali di cui abbiamo estremo bisogno?
Ecco, credo che dovremmo smetterla di (continuare a) parlare di tutto fuorché del merito delle questioni, chiedendoci cosa ha fatto questo o quel paese, cosa ha detto Tizio o Caio, che ne pensiamo del politico Mevio o Sempronio che si sono pronunciati in un senso o nell’altro.
Atteniamoci piuttosto al merito, avendo fiducia in quelli che hanno pensato al Mes come strumento per fronteggiare la tragedia del Covid sul terreno esclusivo e prioritario degli investimenti necessari a irrobustire il sistema sanitario.
Non penso che le questioni sottese al ricorso a quello strumento, così come rideclinato sul versante del Coronavirus, siano ignote o sottovalutate da gente come il Ministro dell’Economia, che peraltro è stato relatore al Parlamento europeo sul Mes quando è nato, e quindi sa di che parla, o come il Presidente della Commissione Economica dell’UE il quale ha scritto la lettera, su richiamata, alla Commissione europea, assistito da fior di funzionari dì Bruxelles e certamente in sintonia con i capi di stato più importanti dell’Eurozona.
Credo piuttosto che quelle risorse vadano utilizzate con urgenza e sapienza (mi risulta che al Ministero di competenza un piano di potenziamento del sistema sanitario sia stato elaborato da tempo, e attende solo … di essere finanziato).
Far passare il tempo in discussioni e discussioni, facendo trascorrere mesi preziosi, è riprovevole sotto molteplici aspetti. Anche perché, diciamo la verità, la decisione non dipende tanto dal merito delle cose di cui stiamo parlando (ho seguito in streaming tutte le audizioni organizzare alla Camera, con auditi prestigiosi, italiani e non, la quasi totalità dei quali si è pronunciata per il SI al Mes). Dipende piuttosto, e ancora una volta, da una posizione assunta dal M5S che fa fatica a cambiarla (più di quanto non abbia faticato a cambiare la regola sul limite al numero dei mandati o sul tema delle alleanze).
Nel caso del Mes – forse è bene tenerlo a mente – stiamo parlando della salute degli italiani, e dobbiamo solo augurarci che la pandemia non si ripresenti in modo aggressivo, con il nostro Paese costretto a contare nuove morti e a rimpiangere di non aver rafforzato nel tempo utile i suoi presidi sanitari grazie alla pochezza (per dirla in modo educatamente eufemistico) della sua classe politica che, non riuscendo ad essere classe dirigente, discute, discute, discute … peraltro approfondendo poco e decidendo niente.
Forse è tempo di dire, e cominciare a pensare come dire con maggiore efficacia, che non se ne può più.
Lino Duilio
(mercoledì 9 settembre 2020)
[1] Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è un Organismo intergovernativo con sede in Lussemburgo, nato per assistere gli Stati della zona euro che versano in condizioni di difficoltà finanziarie. Istituito con Trattato nel febbraio del 2012, è stato ratificato nel mese di luglio dello stesso anno dal Parlamento italiano.
In caso di intervento, sono previste delle rigide condizionalità le quali, detto in estrema sintesi, comportano l’impegno del Paese che se ne avvale a precisi interventi di aggiustamento macroeconomico (tagli, riforme strutturali, ecc.), al fine di ridimensionare deficit e debito, e dunque riportare a parametri accettabili la propria finanza pubblica.
Per affrontare le conseguenze del Covid 19, nell’aprile scorso è stata prevista per i Paesi della zona euro la possibilità di ricorrere (anche) al MES (Pandemic Crisis Support), Come unica condizione vincolante, è stata posta quella del vincolo di destinazione delle risorse, da impiegare esclusivamente per le spese sanitarie, dirette e indirette, derivanti dalla pandemia.
Per l’Italia, queste risorse sono quantificabili in circa 36 miliardi di euro (intorno al 2% del Pil 2019), da restituire a tasso fisso (leggermente negativo nel caso di restituzione in sette anni e dello 0,08% per i dieci anni, tempo massimo di restituzione). Il risparmio rispetto al finanziamento della stessa spesa alle condizioni di mercato è stimato in circa cinque miliardi di euro nei dieci anni.
[2] L’Eurogruppo è formato dai ministri delle finanze dei Paesi membri e si riunisce mensilmente per assicurare il coordinamento delle politiche economiche e promuovere la crescita economica dei Paesi medesimi.
[3] https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-and-fiscal-policy-coordination/eu-financial-assistance/loan-programmes/european-stability-mechanism-esm_en)
[4] Trattasi del Regolamento “sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria”.
[5] Ci riferiamo a: 1) il precedente dell’Introduzione dell’Unione bancaria (progetto ancora in larga parte incompiuto) che ha derogato al Trattato, il quale prevede la possibilità di accentrare la supervisione bancaria nella BCE solo per compiti specifici di Vigilanza prudenziale. La Vigilanza, invece, è stata trasferita in blocco solo per le banche “significant”. Fino ad oggi, pur essendosi trattato di una forzatura, a parte qualche critica avanzata in Germania, nessuno ha eccepito alcunché; 2) il precedente del Fiscal Compact, anch’esso introdotto con un’intesa intergovernativa, via che sarebbe certamente più inattaccabile anche nel caso del Mes (in questo caso, si opererebbe ai sensi dell’articolo 19 del trattato MES che prevede forme diverse da quelle stabilite dal Trattato (all’articolo 5, paragrafo 6, lettera i), sulla base di una decisione di “comune accordo” del Consiglio dei governatori del MES, adozione che richiede però l’unanimità dei membri partecipanti alla votazione – Sull’argomento, si veda anche MF del 26 agosto, “Risolto il caso Sure, è ora di smetterla di tentennare sul Mes, di Angelo De Mattia).