Martedì 14 maggio il Consiglio di presidenza del Senato aveva all’ordine del giorno la nomina del nuovo segretario generale al posto di Elisabetta Serafin che in quello stesso giorno passava alla presidenza della Saipem su indicazione della Cdp e dell’Eni.
Il candidato alla guida della tecnostruttura di palazzo Madama era uno dei due vicesegretari, Federico Toniato. Ma la fumata bianca non c’è stata. Al dunque, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha proposto di rinviare la nomina a giovedì 16, e cioè a domani, per consentire agli assenti di partecipare al voto. In realtà, assente era soltanto la vicepresidente Anna Rossomando, che aveva appena perso il padre.
Sarebbe forse stato più semplice far slittare il Consiglio di presidenza a giovedì o meglio ancora alla settimana prossima. Il Senato avrebbe potuto lavorare ugualmente, con un segretario a interim. Ma la ragione del rinvio è ben altra ed è stato proprio La Russa a rivelarla quando ha aggiunto che il mandato del nuovo segretario generale non sarà più fino alla pensione, ma avrà un termine. Quale? Lo deciderà una piccola commissione dell’Ufficio di presidenza nominata ad hoc.
Le preoccupazioni manifestate da Senator su “il Migliorista” hanno trovato una sponda nello stesso vertice del Senato. Del resto, il vicepresidente vicario Gian Marco Centinaio non nascondeva la sua preoccupazione che, a regolamento immutato, la scelta di un dirigente di 49 anni qual è Toniato avrebbe congelato per quasi vent’anni la carica di segretario generale.
Troppo. Specialmente in regime di spoil system. Meglio imitare la Camera dei deputati che già nel 2015 aveva posto un termine di 7 anni non rinnovabili alla carica di segretario generale.
D’altra parte, nel momento in cui la questione diventava di pubblico dominio, non avrebbe più funzionato come copertura discreta presso i pentastellati la promozione a vicesegretario del consigliere parlamentare Alessandro Goracci, già capo di gabinetto di Giuseppe Conte a palazzo Chigi.
A complicare ulteriormente il gioco c’è infine il regolamento del Senato che prevede tre vicesegretari generali in base alla consolidata tripartizione funzionale della tecnostruttura. Aggiungere un quarto segretario – per far contenti tutti i gruppi parlamentari, vien da pensare – richiede la modifica delle competenze sancite dal regolamento e un passaggio con il sindacato.
Si potrebbe eccepire che aumentare il numero dei vicesegretari, quando gli organici del Senato sono sempre più ridotti, non ha molto senso e fa pensare a una qualche forma di lottizzazione strisciante laddove la terzietà del ruolo non la dovrebbe consentire. Ma di questi tempi l’estensione della lottizzazione a ruoli da sempre super partes verrebbe considerata un peccato veniale. Amen.
Logica vorrebbe, tuttavia, che la nomina del nuovo segretario generale avvenga a valle delle necessarie modifiche del regolamento e contestualmente alla nomina dei quattro vicesegretari.
Senator
(mercoledì 15 maggio 2024)