Confesso che Lei mi è simpatico: ha un’aria mite, un viso simpatico e bonario. Per dirla con un mio amico, ha la faccia di uno da cui comprerei l’auto usata, senza aver paura di essere truffato. Mi piace credere che Lei sia davvero una brava persona, con qualche limite, come tutti noi, del resto. Ed i suoi limiti sarebbero poca cosa se non fosse a capo di un partito. Oddio, parlare di partito nel caso del PD è una parola un po’ forte: da lontano, sembra più un insieme di gruppi in lotta tra loro per cariche interne ed esterne. Gruppi in cui prevale la fedeltà al capo e in cui si premia l’appartenenza al gruppo più che le competenze e le capacità dei singoli.
La formazione del governo ne è stato un esempio eclatante ed ora vedremo fino a che punto possono spingersi in occasione delle nomine alla guida degli enti pubblici (circa 500 enti fra i quali spiccano Eni, Enel, Terna e altri di rilevanza nazionale) con la fantomatica “commissione nomine” di cui farebbero parte Conte, Gualtieri, Fraccaro (per le 5S), D’Alema (per Leu, sic!), Renzi (per se stesso) e Franceschini (per se stesso e un pò di PD). E parlo di gruppi, perché parlare di correnti, significherebbe scomodare categorie come ideali, valori, progetti, programmi, di cui non si vede traccia. Trovo difficile vedere nelle interviste di Franceschini, di Bettini e di Orlando (il trio che comanda nel PD) un progetto politico valido per costruire il futuro del partito e del Paese.
Per la verità, ho provato un senso di solidarietà nei suoi confronti, caro Zingaretti, quando ha corso per la segreteria del PD: Lei si prendeva in carico l’eredità di un partito mai nato, una fusione fredda senza nessuna reazione a catena, nata da una visione che ha messo insieme gruppi di potere, senza alcuna discussione e nessun confronto ideale, culturale e politico. Lei ha preso in mano una cosa che ha portato in grembo disastri già annunciati, da tempi lontani, per approdare a un PD piazzato nei meandri dei palazzi romani, che ha perso contatto con la realtà del Paese e che non ha capito fenomeni nuovi che nascevano al di fuori dei palazzi, delle terrazze e dei salotti romani. Dal movimento 5 stelle alla Lega di Salvini siete stati spiazzati. In questo c’è un antico difetto della DC e del PCI, che vedevano sempre con ostilità o con freddezza, e sempre in ritardo, quello che si muoveva al di fuori di Piazza del Gesù e di Botteghe Oscure. Basti pensare alla diffidenza e alla contrarietà con cui venne accolto Craxi, che scompaginava il tradizionale dualismo DC-PCI.
Già a marzo in occasione delle primarie del PD avevo scritto: “Oggi come allora, il grande pericolo che il PD corre è quello di essere romano-centrico, come lo sono state le formazioni precedenti, PDS, DS, ecc. : persino il Pci ha avuto un limite in questa “romanità”. E non parliamo di quando addirittura è preda del cosiddetto “generone romano”, un organismo monocellulare, che ingloba destra, sinistra, centro: è un’ameba mangia-cervello, un nemico subdolo che cresce nelle temperature miti favorite dal ponentino, che si sviluppa nei salotti e nelle terrazze romane e che pervade politica, economia, affari, curia romana, istituzioni democratiche, cultura, enti e aziende pubbliche, livelli elevati dell’apparato dello Stato. In quell’ambiente mefitico, appaiono lontane le periferie, il disagio, la insicurezza sociale e fisica, le esigenze delle forze produttive, delle masse lavoratrici, dei piccoli, medi e medio-grandi imprenditori; gli immigrati irregolari non bivaccano in via Condotti e la stazione Termini è lontana. Come lontana appare l’Europa: l’importante è che non si scalfisca il centralismo statale, poiché esso è strumento e compagno di una gestione del Mezzogiorno clientelare e assistenziale, utile a mantenere il potere romano. Da Roma, il Nord appare una entità lontana, fastidiosa, petulante, anche nelle sue richieste di decentramento, di autogoverno, di produttività, di efficienza”.
Ebbene, caro segretario, ho visto con simpatia il suo impegno a rimettere in piedi una nave naufragata, con gravi perdite, non solo nel referendum del 2016 o nelle elezioni del 2018, ma subito dopo le elezioni europee del 2014. Così come ho seguito con attenzione il suo procedere alla costituzione di un governo di cui non era convinto e a fronteggiare due scissioni, o per meglio dire, una scissione e un quarto scarso: ha tenuto botta con pacatezza, ai colpi di un destino né cinico né baro.
L’assurda posizione del PD all’indomani delle politiche del 2018, che ha spalancato le porte al micidiale duo Di Maio-Salvini, e il suicidio di Salvini dovrebbero fare riflettere un po’. Una compagine (chiamarla partito è fuori luogo) che è preda di gruppi di potere non ha possibilità di svolgere la sua funzione: fare politica, esprimere interessi sociali e culturali, valori e idee. Dal mio punto di vista, apprezzo che Lei non abbia in mente un “partito personale”: ce ne sono già tanti. Il panorama offre un repertorio completo: leader che fanno un partito per sé; partiti che non hanno leader, ma padroni. Perché non mettere in agenda dei gruppi parlamentari (o agiscono in maniera indipendente dal PD?) la proposta di una legge sui partiti, che affronti i problemi di trasparenza, di democrazia e di finanziamento, alla luce delle norme europee esistenti? Le aggiungo che io ho votato contro l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti: quest’ultimo ritengo sia un segno di civiltà democratica e liberale insieme a quella del finanziamento pubblico dell’editoria, dei giornali. E trovo imbarazzante che il PD non si opponga con decisione a una misura punitiva che appare persino una ritorsione contro “Il Foglio”.
Mi permetto dirLe, con franchezza e con simpatia, che Lei configura una nuova realtà: non è un leader e non ha un partito. E non per colpa sua: ma Le pare possibile che il PD si accorga solo un mese prima delle elezioni, che l’Umbria era già tutta di centrodestra e che in Emilia-Romagna già metà regione è del centrodestra, compresa la rossa Ferrara di Franceschini ? Non si risolve il problema andando a fare le riunioni in periferia o a Bologna. Si risolve con una politica appropriata, che parta dalle questioni del lavoro, di quello che non c’è per prima cosa. Prioritario deve essere il lavoro femminile, l’aumento della popolazione attiva. È da tre lustri che la produttività del Paese è ferma, mentre in Europa, sia pure con fatica, va avanti. Noi siamo agli ultimi posti in tutte le classifiche europee e mondiali, tranne che per una cosa: la ricchezza privata. Ma noi abbiamo lo “stellone” che ci protegge, per questo gli italiani spendono 106 miliardi per il gioco d’azzardo (non parliamo di quello illegale !), più di quello che lo Stato spende per l’istruzione (66). È il caso di fare qualche riflessione.
Mi scusi, segretario, ma Lei non può lasciare che il “trio Lescano” (Franceschini-Bettini-Orlando) mostri un “governismo” degno della degenerazione della vecchia Democrazia Cristiana e dello stile da generone romano: non si po’ dare l’immagine di un governo di smandrappati che in 80 giorni sulla manovra di bilancio fa 15 dietrofront, per cui non si è capito più nulla. Anzi l’immagine è quella di un governo che mette delle tasse, ridicole per il loro gettito, “plastic tax” per compiacere Greta e “sugar tax” per imitare Michelle Obama: sono giuste in sé, ma dovevano scaturire dopo una discussione con il Paese.
Ma che senso ha togliere di mezzo 23 miliardi di Iva nel 2020 per trovarsi con le clausole di salvaguardia pari a 47,1 miliardi per il 2021 e 2022? Un ragionamento sull’entità delle imposte dirette (che vengono pagate da sempre meno persone che pagano sempre di più) e delle imposte indirette non sarebbe il caso di farlo? Con la manovra sull’Iva si tolgono (in media) 383 € all’anno a ogni italiano, ovvero 885 € a famiglia, sia a quelli che pagano l’Irpef e sia a quelli (30 milioni che non pagano l’Irpef). Con la stessa cifra si potevano togliere in media 750 € (il 13% della media Irpef pagata pro capite) a 30 milioni di contribuenti, quelli che pagano le imposte dirette: un segno concreto e consistente di equità.
Ma, caro Zingaretti, oltre all’immagine, c’è un problema di sostanza, di democrazia: i gruppi parlamentari del PD dovrebbero essere in prima fila nell’impedire il rito di esautoramento del Parlamento che si svolge con la triste sceneggiata del voto di fiducia sul maxi emendamento: 958 commi per 313 pagine che rinviano a 70 provvedimenti attuativi. E dentro ci sono citate leggi su leggi, che un cittadino comune, e persino un giurista, ha difficoltà a seguire: norme fatte male che rinviano ad altre norme fatte ancora peggio.
Dovrebbe far riflettere che stiamo gareggiando con i buoni del tesoro greci: paghiamo più interessi di quelli greci a dieci anni. Certo, noi abbiamo ottenuto dei risultati importanti, con la diminuzione dello spread: ma la credibilità del Cerbero a tre teste (Conte- Di Maio – Salvini) era talmente bassa che il Conte Bis è sembrato un governo di rinascita nazionale. E certo, i rapporti con l’Europa sono migliorati, con vantaggio per il nostro Paese: ma dove sono le proposte per una Unione Europea veramente tale, in particolare dopo la Brexit? Non è il caso di chiedere un sistema di tassazione europea, unico per le imprese e le attività finanziarie ? Non è il caso di avere un esercito comune? Non è il caso di avere una polizia comune contro la criminalità organizzata, che ormai ha dimensioni internazionali? Come si fa ad avere il mercato europeo unico del lavoro, se diritti, tutele, fiscalità, previdenza, assistenza sono diversi in ogni paese europeo? Non è il caso di avere una politica europea per l’emigrazione interna e l’immigrazione? Per carità, non sono per il tutto e subito, sono un migliorista: tutte cose da realizzare con gradualità, ma con un indirizzo preciso.
La prego, segretario: non cancelli le nostre speranze in un futuro migliore! Se, come fanno i suoi consiglieri governisti, Lei ci parla di un destino di unità strategica con le 5s e ci dice che Conte è “oggettivamente un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste”, significa che ci siamo sbagliati. Pensavamo che quel punto di riferimento fossero Lei e il PD. E trovo davvero imbarazzanti le giustificazioni di tale discorso per appoggiare la nascita di un “partito Conte”. I partiti del primo ministro non hanno mai fatto una bella figura: si ricordi del precedente Monti. Mi permetto invece di suggerire una qualche attenzione allo spazio politico e sociale che va da “Centro Democratico” a “Voce libera”, un’area che è destinata a crescere di fronte al disfacimento di Forza Italia e alla rincorsa a destra tra Lega Salvini e Fratelli d’Italia.
I sondaggi parlano di altri milioni di persone che non esprimono il desiderio di andare a votare. Un governo pasticcione, di cui fa parte il PD, che non approva nelle sedi deputate i provvedimenti, perché rimanda al “salvo intese”, non affascina nessuno, sta a dimostrare che è un governo di scappati di casa. Non Le dico di porre la condizione di rivedere i decreti sicurezza, il reddito di cittadinanza o la quota 100, anche se qualche modifica sarebbe necessaria per il sistema Paese.
Non è ammissibile che il PD accetti cose illiberali: come l’annullamento della prescrizione, in un Paese in cui la giustizia non funziona. Un partito democratico avrebbe mandato a casa il governo su questa questione, costi quel che costi: su una questione così non c’è mediazione possibile. E non si risolve il problema con la presentazione di una legge il 27 dicembre. Purtroppo, il PD non ha mai risolto il tema del rapporto tra giustizia e politica, e finché non sarà affrontato, sarete vittime del giustizialismo voi stessi. È ora, a mio parere che il PD affermi che una inchiesta giudiziaria non è una sentenza anticipata; che l’inefficienza della giustizia non deve ricadere sui cittadini, imputati ma innocenti fino a sentenza passata in giudicato; che è meglio un delinquente in libertà che un innocente in carcere. Le sembra normale che un governo adotti un “decreto legge” sulle intercettazioni telefoniche? Una materia delicatissima su cui il Parlamento dovrebbe esser libero di decidere, visto che stiamo parlando di diritti e libertà dei cittadini: dove sta la necessità e l’urgenza, per fare un decreto?
Non ho trovato traccia – colpa mia, forse – di un deciso cambio di passo sul tema del risanamento ambientale e idrogeologico del paese, da Sud a Nord, combattendo anche la piaga dell’abusivismo: ci vuole un piano di investimenti pubblici che spinga anche quelli privati per un ambiente sicuro e bello, garantito anche da una energia pulita.
E che dire infine di un governo impotente di fronte alla vicenda libica: adesso la Turchia manda le truppe al nostro confine. Ma Le pare possibile che un Paese situato al centro del Mediterraneo non abbia una politica estera per il “Mare Nostrum” e per l’Africa? E il problema non è di un ministro sbagliato al posto sbagliato nel momento sbagliato. La questione è che si doveva avere il coraggio e la tenacia di dire che al governo, tranne il nuovo “leader dei progressisti”, dovevano andare persone che non avevano mai ricoperto incarichi ministeriali. Ma questo si scontrava con chi si è installato a Palazzo Chigi anziché al suo ministero.
Ecco spero tanto che Lei dia un segno di svolta con l’anno nuovo: con un congresso vero, fatto di iscritti (pochi o tanti che siano) che discutono, che si confrontano su tesi politiche, su prospettive e strategie chiare: di un partito, strutturato, “non liquido”. Non mi interessa cosa pensano i suoi elettori, mi interessa sapere cosa pensa il PD: questo deve fare un partito, esprimere le sue posizioni e presentarle agli elettori. Al di là dei risultati elettorali in Emilia-Romagna e in Calabria, se non si crea un vero gruppo dirigente, con idee precise, su una politica riformista, il rischio è che Lei, e noi con Lei, non troveremo più neanche quell’involucro oggi chiamato PD.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi“ “Buona notte, e buona fortuna” E buon anno.
Luigi Corbani
(venerdì 27 dicembre 2019)
Caro Corbani prima di tutto Buon 2020 e poi un grazie per darci ” Il Migliorista “.
Sai anche tu che il tuo invito, se verra’ letto, non avra’ seguito . Non per quello che scrivi ( ragionevole , moderato , giusto per i piu’ ) ma perche’ troppo distante la tua storia ( insieme a quelle di altri lombardi ) da
quelli che oggi governano il PD.
Cari saluti.
Tutto sacrosanto Luigi, il problema è lo scarto tra la quantità e la dimensione dei problema e la statura del personaggio simpatico, gradevole, buono, ..bravo, tre volte bravo (troppo?), ma chiaramente inadeguato all’impresa…. faccia quindi l’ostetrico di un nuovo gruppo dirigente che mandi a casa tutto il vls a cominciare dal “trio lescano”. Speriamo che lo veda….
Caro Luigi, ricambio, come molto affetto, gli auguri.
Ho visto la tua lettera in ritardo (per tristi motivi famiiliari), ma penso di essere ancora in tempo per un commento, che può riassumersi in una sola parola: BRAVO! Hai detto – forse con qualche dettaglio di troppo – quello che, purtroppo, molti animati da amore per la democrazia e per il Paese pensano: il Pd si è imbarcato in una impresa che aveva senso solo come scelta d’emergenza. Cercare di mutarne significato e obiettivi (per impulso, penso, soprattutto del geniale “trio Lescano”) ha significato ignorare la legge di Gresham. Zingaretti sarà anche una brava persona, ma avere lacune del genere è molto grave per chi aspira a fare il leader di un partito. Vedo, con amarezza, oscuro il futuro del Pd
Caro Luigi, hai toccato un punto dolente. Il problema non è Zingaretti (peraltro mediocre come leader di partito), il problema è il PD e, vorrei aggiungere, la sbandierata cultura di una certa Sinistra che non ha voluto cambiare pressoché nulla e neppure guardare avanti, adagiandosi su un pavido day-by-day di democristiana memoria e preoccupandosi di accattivare gli elettori senza rivolgersi ai cittadini. Così, anche questa Sinistra si è adagiata sulla struttura di potere, premiando la mediocrità e non il merito, premiando l’apparato e non le idee nuove. Cona la conseguenza che l’attuale PD non sembra molto diverso da altri partiti, malgrado molti cittadini ne abbiano piene le scatole di questo modello politico.
Nulla ha insegnato agli egoriferiti, anni fa, il successo elettorale della Lega e poi quello del Movimento 5S. E ora ribadiscono di “essere di Sinistra” dimenticandosi di spiegare che cosa voglia dire ai giorni nostri e illudendosi di nuovo che una maglietta non può fare la differenza: apparire invece di essere.
Eppure la realtà italiana è sotto gli occhi tutti: endemica e tollerata evasione fiscale, altissimo tasso di corruzione, inefficienza degli apparati pubblici, bassissima produttività (addirittura ferma da un ventennio), mancanza di senso della responsabilità, basso tasso di istruzione…E così via.
E, a livello globale, il cambiamento climatico, nuovi venti di guerra e un incessante e preoccupante incremento demografico. Oltre al resto.
E i nostri mediocri “ego riferiti” che cosa propongono, che cosa fanno. Assolutamente nulla. Si limitano ad attendere che gli Italiani si accorgano che gli “altri” sono comunque peggio.
Che tristezza tutto ciò, e soprattutto che delusione.