Grigny
Pochi giorni fa in Francia il primo ministro con sei ministri (educazione nazionale, coesione territoriale, transizione ecologica, sport, cittadinanza, città), è andato a Grigny, un Comune con un sindaco del partito comunista francese (50% dei voti), a quaranta chilometri dal centro di Parigi, a sud dell’aeroporto di Orly, a tenere una riunione del “Comitato interministeriale della città” per definire la politica delle periferie e dei territori urbani fragili: ha dichiarato che sono subito disponibili 3,3 miliardi di euro destinati a finanziare una serie di azioni a favore degli abitanti di questi quartieri e territori. (Istruzione, sicurezza, occupazione e integrazione, sport, alloggio, salute ….). “Inoltre, 2 miliardi di euro verranno aggiunti ai 10 miliardi già previsti per il secondo nuovo programma nazionale di rinnovamento urbano (NPNRU).”
Si cerca anche di avviare il superamento del ghetto sociale: i poveri nei quartieri più poveri, senza una mescolanza di alloggi con ceti meno indigenti e fasce sociali intermedie.. “Dopo la crisi sanitaria, il numero di destinatari del reddito di solidarietà attiva (RSA) è aumentato del 20% in alcuni quartieri, mentre le richieste di aiuti alimentari sono aumentate del 50%.”
Così sono state individuate le “città educative” ovvero i grandi quartieri di edilizia sociale con oltre 5.000 abitanti, dove il degrado edilizio e urbanistico è anche degrado sociale e abbandono scolastico. Questi “centri educativi” servono a mobilitare, in un progetto integrato, tutti gli operatori della educazione scolastica ed extra scolastica e i genitori, le associazioni, i residenti, i servizi pubblici. “In tal modo si vuole dare un sostegno educativo ai bambini e ai ragazzi, dalla nascita alla integrazione professionale, prima, durante, intorno e dopo la scuola”.
Il recovery plan per le periferie
Sono andato a vedere cosa prevede il nostro “Piano nazionale di ripresa e resilienza #NextGenerationItalia” presentato al Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021, la versione “migliorata” dopo le critiche di Renzi alla precedente bozza del 7 dicembre.
Nel capitolo “Turismo Cultura 4.0”: vi è “Siti minori, aree rurali e periferie: risorse 2,4 miliardi” e “Programma luoghi identitari, Periferie, Parchi e giardini storici: risorse 400 milioni” (pag 67-68).
Nel capitolo “Inclusione e coesione” vi è “Rigenerazione urbana e housing sociale” risorse in essere (stanziate prima del 2021) 3,3 miliardi e nuove risorse 3 miliardi (pag. 138, ma si chiede all’Europa di darci anche i soldi già stanziati prima del 2021) e poi “Sport e periferie” 700 milioni più 180 milioni del bilancio 2021-2026 (pag 139). Sono frasi e discorsi, ma nessun programma, nessun progetto concreto sulle periferie.
Salicelle Afragola, 63.000 abitanti
Forse vi ricordate che, quando Salvini, vicepresidente del consiglio e ministro dell’interno, andò a fare un comizio ad Afragola, un uomo gli baciò la mano e venne poi intervistato dalle televisioni private e dalla Rai: quell’uomo era di Salicelle, un luogo di degrado edilizio, urbanistico e sociale. Provate a vedere su Internet un servizio fotografico che ben illustra la condizione disastrosa di quel quartiere. Appunto, nel febbraio 2019, ben prima della pandemia, sul “Migliorista” scrivevo un articolo dal titolo “Salicelle e le periferie”:
“È più che mai necessario un grande piano nazionale di investimenti per demolire edifici e quartieri, fatiscenti, degradati, brutti, e ricostruire, con criteri edilizi e urbanistici moderni, nuovi quartieri di edilizia economica e popolare. Un piano che dovrebbe riguardare in primo luogo le grandi aree metropolitane: Milano, Roma, Napoli. Ecco un modo per rilanciare l’economia, creare occupazione e reddito, e ridare dignità alle persone. Anche con la mobilitazione di risorse europee e con il concorso di grandi progettisti e urbanisti europei (il termine comprende anche gli italiani, per chi non abbia ancora capito il senso e il valore di “europeo”), si devono riqualificare e valorizzare le aree metropolitane periferiche, sotto il profilo residenziale, ambientale, trasportistico, infrastrutturale e culturale. Penso alla diffusione delle biblioteche cartacee e informatiche, anche per alfabetizzare la popolazione più anziana, iniziando dalle donne. Penso anche alla presenza di strutture commerciali da tenere aperte ovviamente anche la domenica. Penso a presìdi di poliziotti e vigili di quartiere. Occorre un programma e un progetto innovativo anche per l’assistenza alla popolazione anziana, (quanti ambulatori di geriatria ci sono?), che non deve essere abbandonata al suo destino o ghettizzata, separandola dal contesto di vita sociale dei quartieri e della città.”
Il disagio urbano
Qualche anno fa lessi queste parole di Renzo Piano: “Il disagio urbano è una malattia cronica della città, una sofferenza che in alcuni momenti si acuisce. Un male che è generato dal disagio sociale ma anche dal degrado e dalle bruttezze dei luoghi, dal disamoramento con cui le periferie sono state realizzate. Bisogna lavorare sulla dignità del luogo, è fondamentale. Un quartiere ben costruito è un gesto civico, una città ben costruita è un gesto di pace, di tolleranza.”
… “La città europea insegna a non creare quartieri solo per lo shopping o solo per gli affari ma a mescolare le diverse funzioni. – dice sempre Renzo Piano – Le periferie sono la città che è una grande invenzione, forse la più grande fatta dall’uomo. Ovvero il luogo dove si impara e pratica la convivenza, la tolleranza, la civiltà, lo scambio e la crescita.”
Milano e il “recovery plan”: una occasione mancata
Il “Recovery Plan” è veramente il manifesto del fallimento dei gruppi politici dirigenti del Paese, ma è anche la testimonianza del decadimento di Milano e della Lombardia. Sulla pochezza della giunta regionale lombarda credo non ci siano più dubbi. Ma la cosa più preoccupante è che il Comune di Milano non si sia attrezzato. per tempo, per presentare un progetto per Milano e, a mio parere, prioritariamente un dettagliato progetto e programma per le periferie. Perchè ci sono quartieri di degrado come San Siro, Lorentegggio, via Gola, per citare alcuni di cui parlano le cronache.
Il Comune aveva tutto il tempo, tra maggio e settembre, per preparare un progetto, non dico, su tutte le periferie, ma almeno su quelle situazioni più fragili, che richiedono un intervento urgente per dare un nuovo volto edilizio, urbanistico, servizi sanitari, formativi, culturali e sportivi con innovative soluzioni trasportistiche e di comunicazione. Invece abbiamo dovuto assistere alla stucchevole litania sulla ricandidatura o meno del sindaco uscente, come se fosse questo in piena pandemia un tema che assillava i cittadini milanesi.
Il sistema elettorale concede questa anomalia, per cui qualcuno si sente come il re, investito di un mandato divino, per cui pensa di tenere desta l’attenzione dei cittadini sul suo destino personale: abdica o non abdica? In realtà, il Sindaco avrebbe fatto bene , a maggio, e nei mesi estivi, a pensare a come affrontare la pandemia e la ripresa economica, sociale e culturale di Milano, non a ottobre. Gli stati generali di Conte e di Sala sono stati l’emblema della perdita di tempo. E del resto, pensare che siano gli investimenti immobiliari dei privati a definire il futuro di Milano mi pare denoti una scarsa visione del futuro.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte e buona fortuna”.
Luigi Corbani
(1. continua)
Cento per cento d’accordo.
I veri nemici della collettività sono i cosiddetti speculatori, i difensori di rendite. Ovvio che sarebbero necessarie amministrazioni forti e potenti in grado reggere il confronto e di difendere gli interessi generali e la qualità delle loro città