Nel cinquantesimo del primo allunaggio, si sono ricostruite quelle giornate nella memoria collettiva e in quella individuale. Nel 1969 sono successe molte cose che hanno cambiato l’Italia e il mondo: si aprì con la morte di Jan Palach, che a Praga si diede fuoco contro l’occupazione sovietica, e con l’insediamento di Richard Nixon alla Casa Bianca; si chiuse con la strage di Piazza Fontana, 17 morti e 88 feriti. La guerra nel Vietnam, la morte di Ho Chi Minh e l’ascesa al potere di Gheddafi e tanti altri eventi fecero da contrappunto al «That’s one small step for man, one giant leap for mankind.»
In cinquant’anni la popolazione è più che raddoppiata: da 3,6 a 7,7 miliardi. L’Italia è solo aumentata del 12% (da 53,5 a 60 milioni). In media, nel mondo, ogni donna faceva quasi 5 figli, oggi il tasso di fertilità si è dimezzato: 2,4 figli. La speranza di vita è aumentata del 24%, da 58,1 a 72 anni..
“Nell’anno del luglio lunare, l’Italia comincia ad apprezzare la velocità anche sui treni di lusso: il Settebello, elettrotreno rapido nonché orgoglio delle Ferrovie, raggiunge i 200 km all’ora e ai passeggeri viene dato un comfort in più, il poggiatesta sulle poltrone. L’Italia del 1969 ha 53 milioni di abitanti, quelli sotto i 35 anni sono il 53% della popolazione (contro il 34% di oggi), i bambini nati nell’anno sono 949 mila (contro i 439mila di oggi), gli stranieri residenti sono 121 mila (oggi sono oltre 5 milioni), i laureati 883mila (contro i 7 milioni 644mila di oggi), i matrimoni 384 mila (oggi 191mila), la speranza di vita dei maschi 69 anni, quella delle donne 74,9 anni, il debito pubblico è il 31% del pil, mentre gli omicidi sono 490 (contro i 368 di oggi). Un litro di latte costa 123 lire, un chilo di pane 172 lire, un chilo di carne 1.940 lire: il cibo sta già diventando un piacere, anche per i bambini.” (Valentina Desalvo su “Repubblica”)
In Europa ci sono oggi più foreste che all’inizio del Novecento. A Milano c’è meno inquinamento che nel 1950: è sparito lo smog che avvolgeva di una cappa grigia nera la città per l’uso del carbone, della legna e della nafta per il riscaldamento.
Viviamo quindi più a lungo e le disuguaglianze nel mondo si sono ridotte, ma certo non si è sconfitta la povertà e rimangono ancora zone sottosviluppate e squilibri. Ma quello che bisogna evitare è un catastrofismo impotente e non cogliere i progressi dell’umanità per vedere bene i problemi da affrontare. Nonostante gli ostacoli, più di cinque milioni di bambini all’anno possono sorridere e guardare al futuro: la mortalità infantile è passata da 104×1000 nel periodo 1965/1970 a 56×1000 nel periodo 2000-2005.
Negli ultimi 25 anni, oltre un miliardo di persone è uscito dalla povertà estrema e il tasso di povertà globale ora è più basso che mai: nel 1969 c’erano quasi 2 miliardi di persone sotto la soglia della povertà su 5 miliardi, oggi sono poco più di 700 milioni su 7 miliardi. Circa la metà dei paesi del mondo ora ha il tasso di povertà sotto il 3%, ma la Banca Mondiale afferma che il mondo è ancora lontano dallo scopo prestabilito, il quale prevedeva di avere, entro il 2030, meno del 3% della popolazione mondiale in estrema povertà.
Mentre il prodotto interno lordo mondiale pro capite è raddoppiato (2,12 volte rispetto al 1969), quello dei paesi più poveri si è incrementato di quasi quattro volte (grazie in particolare al boom dell’Asia e del Pacifico), mentre permane la debolezza dell’Africa subsahariana (solo un incremento del 1,3). Di fatto, i paesi più arretrati avevano un PIL pro capite pari al 26% di quello mondiale, nel 2019 era pari al 44%.
Pesano gli sviluppi sensazionali della Cina, dell’India, dell’Indonesia che sono entrati in maniera prepotente nel novero delle dieci maggiori economie mondiali; insieme al Giappone, fanno oltre 3 miliardi di abitanti, quasi la metà della popolazione mondiale. Tra le prime venti economie mondiali entrano altri paesi asiatici come la Corea del Sud, la Thailandia e l’Iran. Nel Pacifico, l’Australia, con appena 25 milioni di abitanti, si conferma tra i primi venti Paesi. Agli Usa e al Canada si affiancano Brasile e Messico. Il Pil della Russia è ormai vicino a quello della Germania e superiore a quello del Regno Unito. Nel Medio Oriente emerge la forza economica dell’Arabia Saudita. Nel Mediterraneo, dopo la Francia ci sono la Turchia, l’Italia e la Spagna.
I rapporti mondiali sono dunque cambiati e di fatto l’asse dello sviluppo è il Pacifico, che vede emergere anche nuovi Paesi, dalla Malaysia, al Vietnam, alle Filippine. E l’Asia (senza considerare la vasta dimensione geografica asiatica della Russia) è il continente di maggiore consistenza economica: di qui a vent’anni alcuni ipotizzano che l’India supererà il PIL degli Usa.
Di fronte a scenari del tutto diversi, dunque, appare miope e scellerata una politica di chiusura nazionalistica. Il futuro dell’Italia non può che essere nell’Europa, nella Unione Europea con un Parlamento con piena sovranità e con un governo europeo. Ogni ritardo in questa direzione non fa che aumentare la riduzione del peso degli attuali stati nazionali e delle loro economie nazionali. Solo una Europa unita può raccogliere la sfida mondiale che ci è davanti. E per l’Italia non c’è alcun futuro senza lo sviluppo di una politica di collaborazione tra Europa e stati del Mediterraneo, tra Europa e Medio Oriente, tra Unione Europea e Unione Africana (Ua). Si fa ancora più urgente una iniziativa continuativa verso l’Africa dopo l’avvio operativo dell’Accordo continentale africano di libero scambio (AfCFTA).
Ciò vale per anche per impostare una corretta politica, legale e controllata, dell’immigrazione e anche per formare una classe dirigente africana e medio- orientale, che veda l’Europa come un alleato sicuro e leale. Ed è bene ricordare che Milano era all’avanguardia in questo: con Finafrica e con le borse di studio della Cariplo, intitolate a Giordano Dell’Amore, oltre 3.000 studenti provenienti da paesi in via di sviluppo dapprima dell’Africa e dal Sud America, dall’Asia, dalla Cina e dai paesi dell’Europa orientale, hanno seguito corsi di carattere economico e bancario a Milano
Forse è il caso di sviluppare una sana tradizione, in modo intensivo, per il bene dell’Italia e dell’Africa. Frenare l’immigrazione illegale va bene, ma è una colpa grave non vedere che, senza una politica per l’Africa e l’immigrazione, saremo travolti da una pressione demografica ed economica insostenibile.
Così ieri è stata una splendida giornata in cui milioni di giovani e giovanissimi “sono scesi in piazza per manifestare contro altra gente che però era d’accordo coi manifestanti” ha scritto Mattia Feltri su “La Stampa” “Poi, forse, un giorno qualche adulto spiegherà ai ragazzi che d’accordo, tocca fare qualcosa tutti insieme, ma il progresso ha inquinato il mondo e ha anche raddoppiato l’aspettativa di vita e quasi annullato la mortalità infantile, e che grandi potenze come la Cina e l’India, non solo i malvagissimi Stati Uniti, non rinunciano al progresso ora che ci sono appena arrivate, nemmeno in parte. Insomma, è una questione maledettamente complicata, e non era ieri il giorno delle complicazioni.”
Yanez de Gomera
(sabato 28 settembre 2019)