Non c’è certo da compiacersi, di tutto quello che è venuto fuori dal CSM e dintorni, in questi giorni. Una “gigantesca questione morale” che investe la magistratura, l’ha definita il nuovo presidente dell’Associazione Magistrati. E non meno forte è stato il discorso di Mattarella l’altro giorno.
C’è tanta tristezza, invece, nel vedere che in questo sfigato paese, non si salva davvero nulla e nessuno.
È buona regola, nel giudicare quello che accade intorno a noi ed oltre, non generalizzare mai, estendendo ingiustamente alle persone perbene, con arbitrari giudizi sommari, la deprecazione giustamente rivolta ai farabutti.
È certo però che questa vicenda fa scendere i giudici, in questo caso tutti, dal piedistallo in cui si sentono generalmente collocati, quasi per destinazione divina, e, comunque, ben superiori a chicchessia. Padreterni che dispongono, con arbitrio e senza rischi di responsabilità personale, della vita delle persone. Un potere esercitato, spesso senza troppi scrupoli, almeno da alcuni. Quanti di noi possono testimoniare storie deplorevoli che hanno distrutto persone e famiglie, per, dire poi, dopo molti anni, che era tutta una montatura? Oppure esempi di malagiustizia, civile e penale. Ho avuto testimonianza su una persona che, al tempo di tangentopoli, ha addirittura dovuto accusarsi, e, per questo essere poi condannata, di reati mai commessi, perché minacciata, da un PM, senza scrupoli appunto, di metterlo in cella con un…”marocchino”, se non avesse “confessato”.
Ma infiniti, sono i casi archiviati, di calvari sofferti ingiustamente e conclusi, dopo molti anni, senza neppure le scuse. E senza la minima conseguenza, per chi ne era stato autore colpevole e che, magari, oggi ce lo troviamo ancora a pontificare sui valori della giustizia.
Ho conosciuto magistrati tronfi di questo loro potere. Come ne ho conosciuti di grande spessore umano e morale. Persone di qualità cioè, ma che troviamo ovunque, in tutte le categorie sociali, le professioni e le posizioni di responsabilità.
Il privilegio invece, dei magistrati, di essere, o sentirsi, comunque, le vestali della moralità pubblica da esibire talvolta con ostentazione sacerdotale, è oggi davvero caduto. E questo è il vero risultato della vicenda CSM.
Non voglio dire che siamo tutti uguali. Ma certo che non esistono “categorie” sociali o professionali, migliori di altre per definizione e principio. Così era, per loro, invece, fino ad oggi. Oggi non più.
Si torna a pensare che, ovunque, si trovano persone di qualità diverse: perbene e non. A cominciare dalla tanto vituperata politica, e da quei giacobini da strapazzo delle cinque stelle che, per anni, hanno tuonato, nelle piazze, a sostegno di quella cultura manichea, vantando una diversità inesistente, come hanno dimostrato con sorprendente rapidità.
Purtroppo anche i nuovi riformisti e “rottamatori” all’ingrosso, che dal potere della politica hanno preteso di proporsi, non solo come innovatori, ma anche come i puri boys scout di una missione salvifica della politica, hanno mostrato, e non solo oggi – anche se insieme alla stigmatizzazione delle loro colpe, hanno subito ingiuste strumentalizzazioni da gente non certo migliore – sono finiti nel tritacarne di comportamenti deplorevoli. Faccendieri, amanti degli oscuri corridoi bui del sottogoverno, trafficanti del bene pubblico del tutto carenti di cultura istituzionale, non si rendono conto che è indecente, la giustificazione del “si è fatto sempre cosi”.
Infatti proprio un paese così malato di una tabe grave e cronica, ha proprio bisogno di gente nuova di moralità autentica, vissuta con comportamenti eticamente ispirati. Insomma di riformisti veri, non fasulli.
Una carenza questa, che ha finito per produrre le derive, gravi e pericolose, che stiamo soffrendo.
Se però, come ha detto il Presidente Mattarella, la vicenda del CSM segna una svolta radicale nella storia della magistratura, per quanto riguarda la politica la svolta non si vede ancora. Anzi, tutt’altro. E se la magistratura è chiamata ad un’opera di autoriforma, che si accinge a fare, come speriamo, scoprendo anche la virtù dell’umiltà, per la politica è il paese intero che è chiamato, direttamente dalla sua gente e non dai salvatori di turno, ad una presa di coscienza dei rischi che sta passando.
E delle svolte di valore che è indispensabile agire, mandando a casa i barbari che così indegnamente ci governano.
Segnali non mancano, ma non bastano. Continuiamo, quindi, a soffiare nei mille focherelli del cambiamento, che la società mostra di aver acceso e di voler coltivare, fino a che non riusciremo a fare il grande falò.
Benito Boschetto
(venerdì 28 giugno 2019)