È davvero strano il caso del professor Alessandro Orsini, invitato da Bianca Berlinguer al suo talk come opinionista filo russo a gettone e poi non confermato dalla Rai dopo le proteste di alcuni parlamentari del Pd e di Italia Viva.
Un caso ancor più strano se lo si collega all’intemerata contro gli inesperti di geopolitica, che tuttavia pontificano in televisione, vergata sulla “Stampa” da Nathalie Tocci, che il Pd ha portato nel consiglio di amministrazione dell’Eni.
La Berlinguer ha seguito la regola di tutti i talk che ospitano regolarmente il portatore di un diverso parere, al nobile scopo di assicurare il pluralismo e al più concreto fine di fare audience per guadagnare spot a maggior gloria del padrone. Ma partiamo dalla Tocci, nuova star dei talk.
A parere della direttrice dello IAI (Istituto Affari Internazionali), fisici come Carlo Rovelli e/o storici come Luciano Canfora, entrambi assai titolati nel loro campo, non dovrebbero essere chiamati a esternare le loro opinioni sull’invasione dell’Ucraina. Il microfono dovrebbe essere riservato esclusivamente a chi si occupa professionalmente di geopolitica e campi affini.
Per combinazione i Rovelli e i Canfora non seguono il pensiero mainstream, duramente critico con il Cremlino. Intendiamoci, su questa tragica materia il pacifista Rovelli e il classicista Canfora sono eretici da contestare in radice, ancorché il primo appaia in sintonia con papa Francesco: da contestare nelle loro specifiche argomentazioni, non da silenziare.
Giustificare la censura attraverso una dichiarazione d’incompetenza, derivata in verità dai curricula più che dalla conoscenza delle persone, dimostra una fragilità di argomentazione sorprendente in una Tocci. Costei interviene nel consiglio dell’Eni e ne vota il bilancio senza aver fatto studi e/o aver avuto troppe esperienze professionali in finanza. E tuttavia si ritiene ed è ritenuta da chi l’ha nominata, il governo, preparata anche sulla finanza. Probabilmente, non a torto.
Ciò che proprio non funziona – e non funziona gravemente – è la sua pretesa di escludere i Gentili dal Tempio. I Gentili in quanto tali, senza appurare se non abbiano imparato anche loro un po’ di religione. Se avesse esortato ad abbattere il Tempio, la Tocci avrebbe preso una posizione non priva di un perché. I talk sono un mass media discutibile per definizione. Ma pretendere che solo i sacerdoti della geopolitica possano dire messa, e cioè avere diritto di parola nei talk e sui giornali, questo è un po’ troppo. Non foss’altro perché, talk o non talk, i non esperti, se intelligenti, mettono sul tavolo i problemi e le opinioni con cui si dovranno confrontare gli esperti e la classe politica, che di Gentili è piena.
La democrazia si distingue dall’aristocrazia perché prevede l’attribuzione del diritto di voto (e di parola) a tutti, e non solo ai migliori. E qui si arriva al povero Orsini.
La Tocci può dirci, in una delle sue tante uscite, se è d’accordo o meno sul silenziare Orsini, direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della Luiss? Nell’attesa, si spera non vana, di due parole a favore del diritto di tribuna dell’esperto dell’opposta sponda, è d’uopo notare come zittire Orsini sia una misura da tempo di guerra presa da un soggetto, la Rai, a totale controllo pubblico.
Orbene, se l’Italia fosse un Paese belligerante, la censura sarebbe comprensibile, e fors’anche doverosa. Certo, sulla guerra del Vietnam la stampa americana fece informazione scomoda, in contrasto con le scelte della Casa Bianca. Ma fu un’eccezione.
Resta il fatto è che l’Italia non ha dichiarato guerra a nessuno. Aiuta l’Ucraina aggredita, e fa bene: armi letali e sanzioni sempre più radicali. Ma nessun militare italiano ha gli stivali sul terreno. Di più, quasi un terzo dei parlamentari italiani ha disertato la seduta dedicata al discorso di Zelenskij. Un’assenza ignobile, senza dubbio. E tuttavia un’assenza che segnala quanto sia difficile costruire un consenso davvero universale alla politica del governo.
La domanda allora è: questo consenso va costruito attraverso il pubblico confronto delle opinioni e la maggior completezza possibile delle informazioni o attraverso un’informazione a senso unico e la censura di quanti la pensano diversamente da noi? Restiamo una democrazia o diventiamo una piccola Russia, sia pure a fin di bene?
Per una democrazia, la linea giusta è la prima. Ai mass media è assicurata la libertà di schierarsi o non schierarsi sulle posizioni più diverse.
Ma la Rai è – dice di essere – il Servizio Pubblico. Il suo editore è il Parlamento, istituzione plurale, non il Governo. In tempo di guerra, il Governo può pure mettere la sordina al Parlamento, dopo averne spiegate le ragioni ed essersene assunta la responsabilità di fronte al Parlamento medesimo. In tempo di guerra, il Governo può pure imporre alla televisione, pubblica e privata, di uniformarsi alla linea. Non deve, ma può. In tempo di pace, invece, sarebbe meglio che la Rai consentisse di ascoltare anche gli Orsini anziché militarizzare l’opinione pubblica schierata con maschia determinazione sul divano di casa.
P.S. Punto primo, Orsini è così ansiogeno e supponente da aiutare la maggioranza che avversa. Punto secondo, potremmo esserci allarmati per niente: è ben possibile che lo stop al sociologo deviante rientri nei mediocri giochi di potere da sempre in atto nel paesotto di Saxa Rubra.
Devil
(venerdì 25 marzo 2022)